A un'ora dall'inizio del suo primo match al Miami Open, Jakub Mensik era pronto a firmare il modulo di ritiro. Il ginocchio faceva troppo male, il dolore non gli dava tregua. Ma il destino, a volte, sa essere beffardo. O generoso. O tutte e due le cose. “Sono stato solo fortunato che l’arbitro stesse pranzando”, ha raccontato dopo la finale. Un dettaglio da niente che ha cambiato tutto. Perché da quel momento è partita una delle cavalcate più sorprendenti degli ultimi anni. Il diciannovenne ceco, n.54 del mondo, è diventato l’ultimo a impedire a Novak Djokovic di toccare quota 100 titoli Atp in singolare. Una cifra simbolica, storica, che il serbo rincorre da mesi, e che sembrava finalmente a portata di mano nella finale del Masters 1000 di Miami. Ma Mensik ha deciso che no, quel traguardo dovrà attendere. “Un ringraziamento speciale ad Alejandro, uno dei fisioterapisti dell’Atp. Un’ora prima del mio primo incontro stavo per ritirarmi perché il ginocchio mi faceva davvero male. Sono tornato per un ultimo trattamento e lui ha fatto un miracolo. Grazie a lui sono qui”. E “qui” significa al centro di uno dei più grandi tornei del mondo, con in mano un trofeo e il nome accostato, per numeri e imprese, a quelli dei grandi.

Il suo percorso ha qualcosa di irreale: ha iniziato battendo Roberto Bautista Agut al primo turno, poi ha eliminato Jack Draper, fresco vincitore di Indian Wells, e nel terzo turno ha piegato Roman Safiullin. Negli ottavi ha avuto un walkover grazie al ritiro del connazionale Tomas Machac, ma nei quarti ha eliminato Arthur Fils, e poi, nella semifinale che ha cambiato tutto, ha firmato il colpo più grosso contro Taylor Fritz. E infine, il colpo da prima pagina: la vittoria contro Novak Djokovic, che dalla finale olimpica vinta a Parigi contro Alcaraz non era più riuscito ad aggiungere un titolo alla sua collezione da record. Con Miami aveva un conto in sospeso, e sembrava l’occasione perfetta per chiudere il cerchio. Ma Mensik ha fatto saltare il banco. Non solo: il ceco è appena il secondo giocatore fuori dalla Top 50 a battere Djokovic in una finale. L’unico altro a riuscirci era stato Stan Wawrinka, più esperto e già collaudato. Mensik, invece, arriva da una generazione nuova, quella che guarda a Sinner e Alcaraz come modelli e non come idoli irraggiungibili. E ora anche lui ha scritto il suo capitolo. La domanda, adesso, è una sola: quanto è destinato a durare questo sogno? La risposta, come sempre, la daranno i prossimi tornei. Ma intanto, mentre Djokovic resta fermo a 99, Jakub Mensik si è già preso un pezzo di storia.

E ha vinto la partita più incredibile della sua vita proprio quando pensava di non poter nemmeno iniziare a giocarla. Per Nole, però, le grane non finiscono qui. Prima il problema all’occhio destro gonfio, che subito fonti di Sky Sports Tennis hanno minimizzato, confermando che non si trattava solo di un banale orzaiolo sulla palpebra. Poi il problema della villa in Spagna. Doveva essere il buen retiro perfetto, un rifugio dorato tra il mare e la Sierra Blanca, nel cuore della Marbella più esclusiva, dove Novak Djokovic aveva scelto di trasferirsi con la moglie Jelena e i figli Stefan e Tara dopo quindici anni passati a Monte Carlo. Ma la sua villa da 8,3 milioni di sterline, oggi, è al centro di un caso imbarazzante: lavori edilizi non autorizzati, sanzioni pecuniarie, un’ordinanza di demolizione parziale e un possibile effetto domino giudiziario.
Secondo quanto riportato da Marbella 24 Horas, il Comune avrebbe aperto un procedimento formale contro il 24 volte campione Slam per violazione delle norme urbanistiche andaluse. L’indagine, scattata mesi fa, avrebbe rivelato modifiche sostanziali all’abitazione in contrasto con il regolamento edilizio regionale. Nello specifico: alterazione dell’altezza massima consentita, superamento del numero di piani ammessi e riduzione della distanza minima dai confini. In parole semplici, Novak avrebbe trasformato la villa in modo radicale senza chiedere alcun permesso. Le autorità hanno reagito senza troppi riguardi per il blasone del proprietario. Prima una multa da 5.000 euro per mancata conformità ai vincoli entro il termine dei due mesi concessi. Poi, a febbraio, una seconda sanzione dello stesso importo, notificata dopo l’ulteriore inadempienza.
Fa comunque sorridere che qualcuno pensi di poter intimorire Djokovic con multe da 5.000 euro...

Ora, comunque, come riportano le fonti locali, si parla di un possibile ciclo di dodici multe consecutive in caso di persistente inottemperanza. Ma soprattutto: è già scattata l’ordinanza di demolizione per alcune aree completate, tra cui un parcheggio sotterraneo e un portico abusivo. E pensare che quella villa, costruita con ogni dettaglio pensato per il comfort assoluto, era diventata il cuore della nuova quotidianità di Djokovic. Situata nella prestigiosa Sierra Blanca, una delle zone residenziali più ambite di tutta l’Andalusia, la tenuta comprende nove camere da letto, otto bagni, una piscina coperta, una spa con sauna e hammam, una palestra full optional, sala giochi, cinema, salotti panoramici, sala tv. E, naturalmente, un campo da tennis privato, incorniciato da colonne bianche e palme tropicali, che lo stesso Djokovic aveva mostrato sui social durante il lockdown del 2020. Quella pandemia l’aveva vissuta proprio lì, in Andalusia, insieme a Jelena e ai figli. La casa, però, ora rischia di diventare un boomerang mediatico. Marbella, infatti, è da tempo sotto la lente delle autorità per il proliferare di costruzioni irregolari da parte di milionari internazionali. E stavolta non si tratta di un vicino qualunque.

La scelta di lasciare Montecarlo per Marbella è datata dicembre 2020. Al momento, né il tennista né il suo entourage hanno commentato ufficialmente il caso. Ma i media locali assicurano che l’amministrazione cittadina è decisa ad andare fino in fondo, anche per dare un segnale politico. “Nessuno è al di sopra della legge urbanistica”, avrebbe dichiarato in forma riservata una fonte del Comune. Intanto, Djokovic continua la sua stagione agonistica , con un occhio rivolto verso la sua amata Marbella. Dove il campo da tennis è perfetto, ma il garage sotterraneo potrebbe presto finire sotto le ruspe. E il sogno mediterraneo trasformarsi, se non in incubo, in una grana molto concreta.