Il calcio sudamericano è qualcosa di davvero unico, come già abbiamo raccontato nel nostro precedente articolo dedicato alla Copa Libertadores e come hanno dimostrato i recenti fatti di cronaca, in particolare gli scontri tra tifoseria e polizia al Maracanã di Rio de Janeiro durante Brasile-Argentina valida per le qualificazioni ai Mondiali. Il calcio sudamericano è qualcosa di davvero unico anche grazie a personaggi come Marcelo “El Loco” Bielsa, attuale allenatore dell’Uruguay e che nelle qualificazioni ha battuto sia Argentina che Brasile. Tutti pazzi per El Loco e non è certo la prima volta. Il palmarès dell’allenatore argentino Marcelo Alberto Bielsa Caldera non è dei più trascendentali: tre campionati nazionali (1991, 1992 e 1998), le Olimpiadi con l’Argentina (2004) ed una Premiership, la seconda divisione inglese, con il Leeds (2020). Perché Bielsa è così venerato da tutti gli allenatori ed è diventato iconico per gli autentici appassionati di calcio? Pep Guardiola, considerato uno dei migliori allenatori nella storia del calcio, ha sempre raccontato come Bielsa sia stato un suo indiscusso maestro. “Ha lasciato un’eredità a tutti i suoi giocatori, un prima ed un dopo Bielsa in ognuno di loro – ha dichiarato Guardiola in un’intervista al quotidiano argentino Olè – Ha vinto Poco? Dategli il mio Barcellona e riparliamone”.
Di Bielsa si dice sia arrivato a visionare 50mila partite e di aver catalogato tutti i moduli e sistemi possibili applicabili da una squadra di calcio: non uno di più, non uno di meno. Durante le partite è spesso seduto su frigorifero portatile, così pare che talvolta fosse solito seguire gli allenamenti appollaiato su un albero. Per essere sempre informato prese in gestione un’edicola, in modo da poter leggere tutti i quotidiani e i periodici che lo interessassero. Dopo aver allenato la nazionale argentina preferì ritirarsi tre mesi in un convento isolandosi da tutto e da tutti: se ne andò dopo essersi reso conto che parlava e si rispondeva da solo. Tutto questo appartiene però all’aneddotica e al folkore, alle narrazioni sguaiate alla Lele Adani o a quelle decisamente più erudite di Federico Buffa. Serve altro per raccontare l’essenza di un personaggio come Bielsa.
Per Bielsa il calcio è scienza, religione, filosofia, qualcosa da vivere 24 ore al giorno, sette giorni su sette, qualcosa per il quale svegliarsi in piena notte e chiedere ai componenti della sua famiglia di andare in giardino per simulare uno schema che gli era appena venuto in mente. Il fatto di avere ispirato un’intera generazione di allenatori come Guardiola ma anche i vari Marcelo Gallardo, Mauricio Pochettino e Jorge Sampaoli è l’effetto, non la causa. Il suo celeberrimo modulo 3-3-3-1 è una sinfonia eseguita da una fisarmonica, una partita a scacchi giocata contro sé stessi, la ricerca di un sistema solare parallelo. Cura di ogni dettaglio, ma sempre in maniera romantica, mai asettica. “Dovremmo chiarire alla maggioranza delle persone che il successo è l’eccezione, che gli esseri umani soltanto a volte trionfano – una delle dichiarazioni più celebri - Il successo è deformante: rilassa, inganna, ci rende peggiori, ci aiuta ad innamorarci eccessivamente di noi stessi. Al contrario, l’insuccesso è formativo: ci rende stabili, ci avvicina alle nostre convinzioni, ci dona coerenza. Sia chiaro, comunque, che competiamo sempre per vincere”. C’è del metodo in questa follia, c’è del metodo nella follia de El Loco Bielsa.