Sarà una coppa un po’ italiana, qualsiasi sarà l’esito finale. Troppo buoni e autoconsolatori? Forse. Ma è innegabile che la Champions League edizione 2024/25 sia più italiana di altre. Da una parte l’Inter – peraltro più italiana di quella che vinse lo storico Triplete con José Mourinho –, dall’altra un Paris Saint-Germain che fra i pali schiera quello che potrebbe essere – comunque vada – il prossimo Pallone d’oro: Gigio Donnarumma. Non solo: il turbo europeo, quest’anno, il PSG lo ha inserito da quando in mezzo al campo è arrivato il “napoletano” Khvicha Kvaratskhelia, pedina decisiva all’interno dello scacchiere spallettiano che due anni or sono sbalordì l’Italia e l’Europa con un football davvero galactico. E c’è anche Achraf Hakimi, difensore che nel 2020-21 ha conquistato lo Scudetto con l’Inter di Antonio Conte.

Vale forse la pena, però, puntare i riflettori su Donnarumma, malamente uscito di scena quando si trasferì abbandonò il Milan per il PSG e in un amen venne ribattezzato “Dollarumma”, come se fosse stato l’unico, in mezzo a orde di mercenari, a cambiare casacca anche (verrebbe da dire “soprattutto”) per via dell’ammontare del faraonico ingaggio offerto. Donnarumma a Parigi, per soldi, nel giugno 2021, in una squadra di figurine all-stars, odiata da quasi chiunque e addirittura poco amata dai medesimi tifosi parigini, viziati e impazienti. Perché negli ultimi anni andare a Parigi raramente ha evocato scelte romantiche, prettamente sportive. Più frequentemente, semmai, l’approdo francese è stato visto come la scelta di chi ingrassa il football dei plutocrati e dei plastic fans di ultima generazione, di quelli che hanno fretta di arrivare a ‘sta benedetta Superlega a cui presto – state tranquilli, se potete! – si arriverà. Donnarumma, però, il suo posto e i suoi applausi, a Parigi, se li è guadagnati.
Non iniziò benissimo l’avventura del portiere della nazionale italiana. Sotto la guida di Mauricio Pochettino fu subito rivalità con Keylor Navas. Pareva inoltre – e questo era più grave ancora – che lo spogliatoio non avesse una gran voglia di integrarlo. Poi Donnarumma è cresciuto. Nonostante le episodiche leggerezze, è esploso. Affidabile, decisivo. Fino ad oggi, giorno in cui mezza Francia gli affida un sogno mai realizzato prima.

Solo mezza Francia, dicevamo. O forse anche meno. Senza dubbio stasera tiferanno Inter i supporters del Marsiglia di De Zerbi. Una simpatia, quella tra nerazzurri e OM, che risale al lontano 26 maggio 1993, giorno in cui l’Olympique sconfisse 1 a 0 (capocciata letale di Boli al 43esimo) il Milan di Fabio Capello. Da quel momento, fra Marsiglia e Inter è stata simpatia. Una simpatia che non sorprende considerata l’antipatia del PSG, fino all’attuale gestione Luis Enrique una squadra solo (abbastanza) forte. Poca identità, poca storia, molto fumo e meno arrosto di quanto propagandisticamente promesso. C’è voluto uno spagnolo meticoloso e pragmatico, anche lui con un passato italiano – per quanto fugace, alla Roma – per dare una forma al progetto PSG. Che ora, dopo due anni di Luis Enrique è una squadra vera e non solo una collezione di superstar strapagate. Una considerazione che ci riporta all’inizio. Stasera – sperando che fuori dallo stadio vada tutto bene – in campo sarà battaglia. Tra un’Inter che per sollevare la coppa dalle grandi orecchie dovrà vincere un derby paradossale, quello contro Gianluigi Donnarumma: detestato da quei tifosi milanisti che quattro anni fa lo salutarono con rancore e oggi, gufi insonni e inquieti, si affidano a lui per evitare che i cugini salgano di nuovo sul tetto d’Europa.
