Lorenzo Musetti sfiora l’impresa a Montecarlo, sfiora la top ten, sfiora il colpo grosso contro Carlos Alcaraz e si ferma solo per un infortunio. Ma Andrea Scanzi, in un lungo commento pubblicato sul Fatto Quotidiano, non ha dubbi: Musetti, oggi numero 11 del mondo, è già da considerarsi tra i primi dieci del tennis mondiale. E poco importa se a dividerlo dal decimo posto ci sono solo 15 punti, o se dal nono (Medvedev) il distacco è sotto i cento: “L’approdo nei primi 10 è certo ed è solo questione di settimane”, scrive Scanzi. Il punto, semmai, sarà restarci. A Montecarlo, il carrarino ha mostrato una versione del suo tennis che ha fatto sognare. Nella finale con Alcaraz, vinta poi dallo spagnolo per 3-6, 6-1, 6-0, Musetti era partito dominando il primo set. Poi, la svolta. Un problema muscolare lo ha bloccato, “una sfortuna notevole e al tempo stesso uno strano contrappasso”, nota Scanzi, ricordando che per tutto il torneo l’azzurro aveva sempre vinto in rimonta, da autentico “combattente tignoso e pugnace”. Un profilo lontanissimo, quasi opposto, dalla sua fama di talento estroso ma incostante, più vicino all’esteta che al lottatore.

Contro Alcaraz, che pure era stato sua “vittima sacrificale” nella prima finale vinta da Musetti in carriera (Amburgo 2022), “è partito per una volta straordinariamente. E il destino, puntualmente sadico e ottuso, lo ha punito nella maniera più beffarda. Peccato”, osserva. L’editorialista del Fatto rigetta poi un paragone che definisce “una condanna imbecille”: quello con Jannik Sinner. “Un accostamento abbastanza ebete, sia perché il metro di paragone non può essere per forza un connazionale nato per dominare e non sbagliare mai (rispetto a Sinner oggi sono tutti inferiori), sia perché Musetti è un giocatore diversissimo”. Diverso, e in qualche modo anacronistico. “Rovescio a una mano, talento a quintali, colpi impensabili, sensibilità a tratti inaudita. Genio e sregolatezza”, lo definisce Scanzi, che lo colloca idealmente nei tempi di McEnroe o Edberg, piuttosto che nel tennis muscolare e ipertecnico di oggi. E proprio per questo, la sua “anacronistica bellezza” diventa spesso un limite agonistico. “Oggi vengono premiati più i bruti degli esteti”.

Musetti, sottolinea ancora il giornalista, ha margini ma anche punti deboli: “Il servizio, soprattutto la seconda, che non fa male quanto dovrebbe. E poi caratteriali, perché il ragazzo in campo è umbratile e fumantino”. Un nervosismo che si è spesso trasformato in bestemmie plateali, che Scanzi giustifica col sorriso e con l’origine: “Chi scrive è toscano e sa bene che questa tara è tanto genetica (dunque non curabile) quanto innocua (per quanto sgradevole)”. Ciononostante, qualcosa sta cambiando. Musetti appare oggi più solido, più maturo. Lo ha dimostrato a Montecarlo, come lo aveva fatto un anno fa, vincendo il bronzo alle Olimpiadi. E allora, meglio non insistere con “dualismi stolti” tra Sinner e Musetti. Meglio accorgersi che il tennis italiano oggi ha qualcosa che fino a pochi anni fa sembrava impossibile. “Avere due top ten nel tennis maschile era fino a pochi anni fa impensabile”, scrive Scanzi. E aggiunge: “L’Italia ha dieci top cento, e tra questi ce ne sono tre che valgono la top ten. Pazzesco”. Berrettini, se fisicamente integro, sarebbe uno di quei tre. E Musetti, oggi, non è più solo una promessa. È un giocatore fatto. Che continua a migliorarsi, che ha fatto pace con la sua ambizione, e che, in fondo, ha solo bisogno di tempo per scoprire quanto vale davvero.