Prende palla al limite dell’area, resiste al rientro di Rolando Mandragora, finta di tiro e si libera di suola, lasciando per terra Pietro Comuzzo; poi, di piatto, deposita la palla in porta alle spalle di David De Gea. I pochi frame del gol di Petar Sucic sono un mix di qualità, intelligenza e fisicità. L’Inter vince 3 a 0 contro la Fiorentina, penultima e con soli tre punti in classifica, una situazione veramente complicata. Stefano Pioli è già in discussione e se non dovesse arrivare una vittoria contro il Lecce potrebbe venire già esonerato. Per i nerazzurri invece arriva una vittoria convincente, senza prendere gol e, come sempre, con una fase offensiva che ha funzionato, soprattutto nel secondo tempo, quando il ritmo è aumentato notevolmente. Le altre due reti portano la firma di Hakan Calhanoglu, che dopo un’estate in cui sembrava ormai destinato a tornare in patria, si sta riprendendo il centrocampo dell’Inter: sono già 5 i suoi gol in questa Serie A. Petar Sucic per ora è più che altro un’alternativa, il titolare resta, anche a 38 anni, Henrikh Mkhitaryan. L’armeno però si è infortunato con il Napoli e resterà fuori per un po’. Nel male si può trovare del bene e Sucic avrà più occasioni per dimostrare il suo valore. Che vedendo gli spezzoni e le poche partite in cui ha giocato dall’inizio sembra decisamente elevato. L’esultanza sotto la curva Nord, tornata a tifare dopo settimane di sciopero, racconta la voglia e la determinazione di questo ragazzo di 22 anni. L’ennesimo giocatore croato della storia dell’Inter, considerato “l’erede” (le virgolette sono d’obbligo) di Marcelo Brozovic. Qualche caratteristica simile i due ce l’hanno ma Sucic forse può essere ancora più determinante nell’ultimo terzo di campo. Deve crescere, lo sa lui e lo sa Christian Chivu.
Petar Sucic è uno che cerca “la vita vera”, non quella dei social, che infatti non ha; il padre era un allevatore di mucche e lui, da ragazzo, lo aiutava nella fattoria. Vita vera, appunto. Avevamo intervistato il giornalista sportivo croato Tomislav Juranović per conoscere meglio Sucic. Juranović ci ha parlato degli inizi nel campionato bosniaco (Petar è nato in Bosnia, per poi diventare cittadino croato) e del ritorno, nel 2023, alla Dinamo Zagabria: “Nessuna attesa, nessun bussare educatamente alla porta. L’ha proprio sfondata, quella porta”. I tifosi lo adoravano, tanto da definire l’acquisto da parte dell’Inter (per 14 milioni più 2 di bonus) “il furto del secolo”. “Suo padre Branko e sua madre Marijana vivono ancora a Kandija, un piccolo villaggio in Bosnia”, ha detto ancora Juranović, “tutta la famiglia è estremamente unita e profondamente cristiana. Non amano le telecamere o il clamore, anzi. E dubito che questo possa cambiare”. Gli interisti di certo sperano che Sucic rimanga quello che è. Nel mondo dell’apparenza a tutti i costi, della vita spalmata sui social, Petar (che non ha nemmeno i tatuaggi) va in direzione contraria. Uno stile vecchia scuola, simile a quello di Luka Modric, ennesimo grande centrocampista croato della Serie A. “In Croazia la gente sussurra — o grida — che dopo l’Inter, la maglia che indosserà sarà quella del Real, del Barça, o forse del City”. Ad Appiano sperano che quel momento arrivi tra tanto tempo.