Sì, ok, Jannik Sinner ha vinto in due set contro Hanfmann al primo turno a Halle dopo aver perso ieri il doppio con Lorenzo Sonego. Ma no, non ha dominato, e soprattutto non ci ha regalato un tennis spettacolare, complice anche ovviamente il cambio di superficie. Eppure, la moda italiana (purtroppo) è tentare (quando conviene) di vedere solo il bello e non riflettere sulle carenze. Ma lo fanno senza sottolineare che, per quanto sia una tendenza dell’azzurro quella di partire con calma per poi mettere un booster incredibile, c’è qualcosa che da Roma manca. Manca la capacità di chiudere immediatamente partite che potrebbe giocare bendato. Manca anche nel suo sguardo quella certezza di essere ancora lui. E no, non lo diciamo solo dopo una partita di “rodaggio”. Lo diciamo perché Jannik, come lo stesso Paolo Bertolucci ha sottolineato, più che sulla preparazione fisica (non ha mai smesso di allenarsi), deve monitorare l’aspetto mentale.

Non possiamo non considerare quanto abbia inciso su di lui la doppia sconfitta contro Alcaraz, in un duello di cui tutti parlano, in una competizione che prima lui non sentiva in modo così forte. Perché fino a pochi mesi fa nessuno si chiedeva se Carlos potesse essere più forte di lui, anche se sappiamo che probabilmente sul cemento si sentirà più forte. E, nonostante i pareri discordanti, è la classifica a parlare, ma sappiamo quanto la volubilità dei risultati e la possibile perdita di fiducia possano incidere. Jannik ci stupisce sempre, soprattutto per la sua resilienza (parola spesso abusata ma che in questo caso risulta perfetta), ma non bisogna dare nulla per scontato. Ecco perché agli ottavi contro Bublik, appena battuto a Parigi, vorremmo vedere il nostro numero uno al mondo con la cazzimma che lo ha sempre contraddistinto, con la fame di chiuderla in fretta e con la voglia di rendere ogni fottuta palla un punto speciale. Quindi sì, sempre forza Sinner, ma non dimentichiamoci che elogiare il brutto non fa bene in primis a lui.