John McEnroe non si nasconde mai. Nemmeno quando gli chiedono chi, oggi, vincerebbe un’ipotetica partita contro Rafael Nadal al suo massimo livello, sul Philippe Chatrier: “Sia Carlos Alcaraz che Jannik Sinner sarebbero favoriti. Anche contro il miglior Nadal. Anche al Roland Garros”. E proprio al Roland Garros, come riporta il Corriere della Sera, lo hanno visto pedalare in palestra accanto ad Alcaraz. È lì che Carlos gli ha detto: “Sai, dimostri quarant’anni”. Una battuta che l’ex numero uno del mondo e oggi opinionista per Eurosport, ha raccontato sorridendo: “Carlitos è straordinario, e anche Jannik è sempre gentile e rispettoso con un vecchio rottame come me. Invecchiare non mi piace, non so se si è capito”. Ma Cosa pensa un campione che ha vinto sette Slam in carriera dei due astri nascenti del nostro tennis? “Ho parlato con Cahill e mi ha detto che durante i tre mesi di stop la priorità era non far perdere a Jannik il focus. Ci sono riusciti. A Parigi è tornato lo stesso Sinner che avevamo lasciato a Melbourne, con la coppa in mano. Non ho visto alcuna differenza. C’era un dubbio sulla tenuta fisica, ma il clima fresco lo ha aiutato. Peccato solo per quei tre match point”.

Poi il paragone con Alcaraz: “Sinner ha un’aura, in campo. Una presenza. E la personalità non si costruisce, ci si nasce. Anche Alcaraz ce l’ha. Ecco perché le loro sfide sono così elettriche. Entrambi hanno qualcosa di unico. Carlos è il giovane più talentuoso che io abbia mai visto impugnare una racchetta. Ma Jannik non è lontano. Alcaraz è più luminoso, Sinner è più continuo. E una cosa che mi colpisce tantissimo è il suono della palla di Sinner: non ho mai sentito nulla di simile”. Sul piano della maturazione, McEnroe nota un passo avanti evidente nello spagnolo: “È sembrato più serio, più concentrato. Spero che non lo rovinino mai. È capace di mettersi nei guai e di tirarsene fuori con una facilità disarmante. È il regalo più bello che la generazione post Big Three potesse farci. È l’unico per cui, oggi, pagherei il biglietto”. Da ex chitarrista, il paragone musicale gli viene naturale. Si può scegliere oggi tra il numero 1 e il numero 2 al mondo? “È come scegliere tra i Beatles e i Rolling Stones. Io amavo i Led Zeppelin. Gli Stones erano imprevedibili, ma i Beatles a volte erano migliori. Parliamo di gruppi che hanno segnato la storia. Come Jannik e Carlos stanno segnando quella del tennis”.

Poi però “stronca” chi pensa che possano dominare troppo a lungo: “Nemmeno nei miei sogni più selvaggi avrei pensato che Federer, Nadal e Djokovic arrivassero a venti Slam. Ora sento dire che Jannik o Carlos possono arrivare a 25. Mi sembra folle. Però mai dire mai. Il tennis oggi è in mano ad atleti altissimi, fortissimi, completi. Se c’è qualcuno che può stupirci, sono quei due. Ma non mi piace dare numeri. Non è il mio stile”. Arriva inevitabile il tema Djokovic: “Con gli amici lo chiamo il LeBron del tennis. Per ragioni anagrafiche fatica di più a reggere il ritmo di Sinner e Alcaraz, ma resta un prodigio. È un uomo che la scienza dovrebbe studiare. Ha un’esperienza sconfinata, è il suo vero asset. Zverev contro di lui ha giocato troppo in difesa. Ma Sinner ha una potenza e una velocità di colpi che oggi non ha nessuno. Gli altri escono a pezzi dal confronto con quei due giovani. Djokovic no. Djokovic risorge sempre”.

Ma il giudizio su Zverev è piuttosto netto: “Non si è mai ripreso dalla lezione subita da Sinner in Australia. È un grande atleta, ma lì è stato travolto dal migliore dei migliori. Djokovic invece è ancora lì, a 38 anni, e continua a competere. Perché dovrebbe smettere? La sua longevità è fuori scala. E anche la sua motivazione. Come fa ad avere ancora voglia di battersi con questi giovinastri? Io non lo so. Ma lo fa”. Infine, la riflessione sul calendario: “Si gioca troppo. È una polemica che c’era anche ai miei tempi. Una volta l’Australian Open si giocava a Natale, e uno dei motivi per cui non andavo era quello. Oggi è peggio. Si vogliono Slam, tornei, eventi extra, Laver Cup, Davis, esibizioni, milioni. Ma il tennis è sempre più fisico. E intanto la stagione non finisce mai. Quando si riposano, questi ragazzi? Bisognerebbe spostare l’Australian Open, allungare davvero l’off season. Bene le tre settimane tra Parigi e Wimbledon, ma non basta. Tutti vogliono tutto, e così si rischia di rovinare i migliori”.