Commentare le partite di Jannik Sinner può sembrare semplice, perché la sua forza quasi robotica è dirompente. Il punto, però, e che annienta così tanto l'avversario da rendere difficile un qualcosa di diverso dalla sua apologia. Non molla, è lì su ogni palla come se fosse decisiva, come se fosse quella del match point e soprattutto sembra non essere mai davvero in difficoltà. E così è stato anche contro Bublik, battuto in tre set in nemmeno due ore conquistando la semifinale del Roland Garros. Il suo commento a caldo è un grande classico: “Ci eravamo già affrontati altre volte, ma contro avversari del genere non sai mai cosa aspettarti. Ho cercato di essere il più continuo possibile. Le condizioni erano particolari. Mi sono scaldato con il tetto chiuso e poi è uscito il sole. Lavoro molto sulla consistenza del gioco. In partite del genere è importante sbagliare poco. C'era poco ritmo e sono contento di essere in una semifinale Slam”. Cosa dice? Sa benissimo di essere devastante, ma certamente non può dirlo e non dimentica mai una menzione speciale nei confronti dell’avversario. Lo ha già umiliato in campo, rendergli onore con la stampa è il minimo sindacale. Ligio al suo dovere di tennista, ma soprattutto di sportivo, Sinner ci regala delle frasi che si sposerebbero perfettamente con Grazie, Graziella e… Frasi come questa insomma: “In partite del genere è importante sbagliare poco”.

Il punto è che noi abbiamo imparato ad amarlo anche per questo, per le sue “noiose” esternazioni, per la sua estrema professionalità, per la sua apparente invincibilità. E allora, anche se dopo gli internazionali di Roma il dibattito sul suo effettivo primato si è riacceso, è difficile pensare a qualcuno che possa batterlo davvero. Certo, anche Alcaraz ieri ha vinto con una facilità estrema, ma non dimentichiamo che il nostro numero uno al mondo sta giocando sulla superficie per lui forse meno adatta, sta giocando il suo primo Slam dopo tre mesi di stop e dopo aver fatto finale a Roma. Un rientro che forse nessuno pensava fosse così semplice. Diversi gli esperti, tra cui lo stesso Vagnozzi, il suo coach, che avevano invitato alla calma e alla prudenza. Il punto è che essere prudenti davanti a un giocatore apparentemente imbattibile diventa quanto mai complesso. Ora Zverev e Djokovic scenderanno in campo sapendo che in semifinale sarà proprio lui l'uomo da battere. Entrambi insidiosi, ma non dimentichiamo che l’altra semifinale vede prtagonista un altro azzurro, che è proprio Lorenzo Musetti. Ecco, così come per Roma, non ci resta che sognare una finale tutta azzurra. Per vedere come il nuovo volto del toscano, quello in fiducia, quello che ora è numero sette del mondo, può far tremare le corde di una racchetta che finora è stata praticamente tenuta in soffitta.