Domenica scorsa, al Roland Garros, non è andata in scena una semplice partita di tennis. Per chi era davanti alla tv, e soprattutto per chi, come Toni Nadal, il tennis lo respira da sempre, è stato uno di quei rari momenti in cui lo sport riesce a oltrepassare il gesto tecnico e trasformarsi in qualcosa di più: intrattenimento vero, imprevedibile e magnetico. “Ho smesso di fare tutto, ho chiuso il tablet, ho interrotto la mia partita a scacchi e ho guardato Alcaraz contro Shelton. Credo sia stata la miglior partita del torneo finora”, scrive lo zio di Rafa dalle colonne di El País. Per Nadal, quella tra Carlos e Ben non è stata solo una battaglia di talento. È stata la dimostrazione che il tennis può ancora offrire emozioni vere, con lunghi scambi, rovesci a una mano, palle corte, salvataggi impossibili, e soprattutto, dettaglio che non sfugge a chi il tennis lo allena e lo conosce, una varietà tattica che ha evitato la monotonia in cui spesso scivolano gli incontri odierni. “La partita è stata intensa, varia, ricca di colpi da applausi”, scrive. Ma ciò che lo ha colpito di più è stato il livello di concentrazione e solidità di Ben Shelton, un giocatore notoriamente esplosivo ma spesso incostante: “Ha mantenuto la sua capacità di colpire vincenti, ma ha ridotto drasticamente gli errori gratuiti. Se riuscirà a mantenere questo standard, potrà competere quasi alla pari con Carlos e con Sinner”.

E qui entra in scena l'altro protagonista silenzioso del discorso di Toni Nadal: Jannik Sinner. Perché se Alcaraz è stato brillante, e Shelton sorprendentemente lucido, è chiaro che all’orizzonte il confronto inevitabile è proprio con l’azzurro. Nadal lo scrive tra le righe, ma il messaggio è chiaro: il futuro del tennis passerà da lì, da quella rivalità. Se Shelton riuscirà a consolidarsi, potrà inserirsi in quel duopolio che oggi comincia a prendere forma. Ma per farlo serviranno costanza, equilibrio e una testa da campione. Quella che per ora, nel circuito, hanno davvero in pochi. Eppure, nonostante lo spettacolo e le emozioni, Toni Nadal lancia anche un allarme. “Se i leader del nostro sport non vogliono che partite come questa restino delle eccezioni, devono intervenire sul regolamento”. Il tennis, per lui, sta perdendo appeal. E la colpa non è dei campioni, ma dell’eccessiva velocità imposta dal gioco moderno, che aumenta gli errori e riduce il margine per la costruzione. “Troppi match sono pieni di errori ingiustificati, sbagliare al secondo o terzo colpo è ben diverso che farlo al nono”. La conseguenza? Partite spezzettate, pubblico distratto, e un rapporto tra qualità ed errori che non soddisfa più.

Poi il punto centrale: “Il tennis non ha la base tifosa del calcio o del basket, dove si seguono le squadre a prescindere dai protagonisti. Il nostro sport deve conquistare lo spettatore ogni volta. E se non riesce a farlo, lo perderà”. Toni Nadal non si nasconde. Anzi, rilancia: servono soluzioni. Anche se ammette di non avere “la responsabilità né lo spazio per analizzarle tutte”. Ma l’invito è chiaro: chi comanda il tennis mondiale deve mettere mano a un sistema che rischia di rendere eccezionali partite che, in un circuito sano e competitivo, dovrebbero invece essere la regola. Perché il tennis, conclude Nadal, può e deve essere molto più di un semplice scambio di colpi potenti. Può essere ciò che è stato domenica tra Alcaraz e Shelton: passione, tensione, intelligenza, bellezza. E se anche uno come Toni smette tutto per guardarla, forse è davvero il caso di ascoltarlo.