La possibile sospensione di Jannik Sinner scuote il mondo del tennis. A lanciare l’allarme è Gigi Salmon, giornalista di Sky Sports Tennis, che definisce l’udienza del 16-17 aprile davanti al Tas come “un momento cruciale per la storia del tennis 2025”. Tutto parte dallo scorso marzo, quando Sinner è risultato positivo a due test antidoping per la presenza di Clostebol, uno steroide anabolizzante vietato. Il numero uno al mondo ha sempre sostenuto che la contaminazione sia avvenuta in modo accidentale. L'International tennis integrity agency (Itia) ha accettato questa versione, esonerandolo da qualsiasi sanzione. Ma la Wada non ci sta e ha fatto ricorso. Il verdetto, quindi, potrebbe cambiare tutto. Se il Tas dovesse ribaltare la decisione dell’Itia, Sinner potrebbe essere sospeso per un minimo di un anno, come confermato dalla Ceo dell'Itia Karen Moorhouse che ha parlato a Tennis365. Ha spiegato che “se risulti positivo a una sostanza vietata, il punto di partenza per una sanzione è di quattro anni. Se riesci a dimostrare che l’assunzione non è stata intenzionale, la pena si riduce a due anni. Se invece riesci a dimostrare che non c’è stata colpa, allora non c’è alcuna sanzione”. Tuttavia, esiste un’ulteriore categoria: la “negligenza significativa”, che prevede un range di penalità che va da un semplice rimprovero fino a un massimo di due anni di squalifica. È proprio su questo punto che si gioca il ricorso della Wada.
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“Le regole sono le stesse per tutti. Ogni caso è unico e va valutato nei suoi dettagli. Non è corretto fare confronti leggendo solo i titoli, perché la parte fondamentale è sempre nei dettagli", sottolinea la Moorhouse. La Ceo ha fatto riferimento ai casi di Simona Halep e Iga Swiatek per spiegare meglio il quadro: “Nel caso di Halep, il tribunale del Tas ha stabilito che il suo integratore di collagene era contaminato. Di conseguenza, le è stata inflitta una squalifica di nove mesi. Per Swiatek, invece, il prodotto contaminato era un medicinale regolamentato, e questo ha giocato a suo favore: non era irragionevole per lei pensare che un farmaco contenesse esattamente gli ingredienti riportati sull’etichetta. Per questo, il livello di colpa che le è stato attribuito è stato il più basso possibile”. Ma per Sinner la situazione è diversa: “Qui non si parla di un prodotto contaminato”, avverte Moorhouse. “La crema utilizzata dal suo team non era alterata: conteneva esattamente ciò che era scritto sull’etichetta. Questa è la grande differenza rispetto ai casi di Halep e Swiatek. Non essendoci contaminazione, il range di sanzione possibile per Sinner parte da un minimo di un anno”. Quindi se il tribunale accogliesse il ricorso della Wada, la squalifica diventerebbe inevitabile, ma in caso di squalifica, Sinner potrebbe ricorrere in appello.
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