Sandro Donati, storico paladino della lotta al doping e allenatore di Alex Schwazer, interviene sulla vicenda che coinvolge Jannik Sinner. Le sue parole sono un attacco al sistema antidoping, definito "opaco e contraddittorio". Per Donati, il caso del numero uno al mondo potrebbe finalmente portare alla luce le falle di un meccanismo che penalizza spesso gli atleti senza tutelarne realmente i diritti. Sinner è ancora in attesa della sentenza definitiva sulla vicenda del Clostebol: positivo alla sostanza a marzo 2024, è stato assolto in un primo momento, ma la Wada ha presentato ricorso al Tas di Losanna, la cui sentenza si saprà il 14 e 15 aprile. Questa è una questione che non si è mai spenta, ma che si è riaccesa soprattutto dopo la vittoria dell’azzurro agli Australian Open e dopo le parole del tabloid tedesco contro il numero uno al mondo. Ed è anche di questo che Donati ha parlato sulle pagine del Corriere del Trentino: “Ho ascoltato l’intervista di Zverev. È stato corretto e fiducioso nei confronti di Sinner, senza mai avanzare dubbi. Ma la stampa tedesca? Ha messo in piedi illazioni di pessimo gusto. E poi sono gli stessi che non hanno mai discusso i pasticci del laboratorio di Colonia durante il caso Schwazer”.
E ha proseguito dicendo che “questo accanimento alla vigilia di una finale Slam è palese nel suo intento. Nessun altro, a livello di stampa internazionale, si è comportato così”. L’allenatore poi analizza nello specifico il caso del Clostebol: “La quantità riscontrata è irrilevante. Parliamo di un caso di negligenza legato all’uso di una pomata, non di doping vero e proprio. Eppure, lo trattano come un crimine. Ho saputo da un direttore di laboratorio che questa sostanza è talmente trasmissibile che basta una stretta di mano per risultare positivi. Nel caso di Sinner, è stato il massaggiatore, ma poteva essere chiunque. E cosa fanno in situazioni simili? Squalificano gli atleti. Questo è il livello”. La regolamentazione è un altro nodo centrale. “La Wada sa che il sistema non regge. Se archiviano il caso, rischiano ricorsi da parte di chi è stato penalizzato in passato. Se condannano Sinner, bloccano la carriera di un atleta con motivazioni assurde e finiscono travolti dai tribunali. È una situazione senza via d’uscita”, sottolinea Donati. E punta il dito contro la Wada: “Ne combinano una dietro l’altra. Jack Robertson, ex dirigente della Dea e capo ispettore Wada, si è dimesso denunciando che l’agenzia non combatte davvero il doping. Ha raccontato di segnalazioni girate direttamente ai governi coinvolti. Questo è il livello di trasparenza”.
Poi il fantasma del caso Schwazer: “Quello che è successo a lui è stato un delitto. Manipolare le provette è qualcosa di inaudito. Dovremmo introdurre una terza provetta per garantire i diritti degli atleti. Un organismo onesto non avrebbe nulla da temere. La normativa attuale è fatta per proteggere chi l’ha scritta, non gli atleti. Sinner è pulito, dentro e fuori dal campo. Quando dice che, se fosse stato colpevole, non avrebbe potuto vincere, è credibile. Le sue prestazioni sono regolari e ad altissimo livello. Questo caso è solo un altro esempio di un sistema che deve essere riformato radicalmente”.