Quante volte vi hanno raccontato di aziende che fanno lavorare persone già andate in pensione, magari a discapito di chi, invece, è in età da lavoro e rischia di restare senza (un lavoro)? Sì, meccanismi tipicamente italiani. E adesso rischiate di sentirlo dire una volta di più! Perchè Jorge Lorenzo è un pensionato, Andrea Dovizioso quello che potrebbe perdere il posto e la Ducati è italianissima. Sia inteso, Jorge Lorenzo è un grandissimo manico e qualcuno dovrebbe mettergli a disposizione una sella. Almeno per vedere se a tanta ostentazione di fiducia nei propri mezzi corrisponde la sostanza dei risultati. Ma quel qualcuno deve essere proprio Ducati? Il team ufficiale Ducati? Il rischio è alto, altissimo. E non vale la puntata. Basta guardare in casa dei più pragmatici giapponesi per rendersi conto che le scommesse devono avere sempre solide coperture. Quelli di Honda lo hanno fatto con Alex Marquez, probabilmente per non far venire strane voglie al più blasonato fratello Marc, ma poi si sono coperti mettendo le mani su Espargarò. In Yamaha, addirittura, hanno sì scommesso ancora su Valentino Rossi (che mediaticamente è un gigante rispetto a Jorge Lorenzo), ma mica lasciandolo in sella alla moto in livrea ufficiale. A Borgo Panigale, invece, sembra regnare la confusione. E questo non fa bene a nessuno.
Chico Lorenzo, il babbo di Jorge, che racconta delle trattative del figlio con i dirigenti della rossa e che si dice dispiaciuto di averlo visto mollare da perdente (augurandosi di vederlo tornare a vincere almeno una gara con Ducati) è solo la punta di una situazione che evoca più il calciomercato della Longobarda (ve li ricordate gli “abbiamo preso” de “L’allenatore nel pallone”?) che l’oggettiva fase di analisi delle prospettive di mercato di una azienda che vuole vincere con il suo reparto corse. Traspare confusione. Tanta. Troppa. Ma andiamo per ordine.
Ducati sembrava essere il team con meno problemi in chiave piloti: Andrea Dovizioso pronto al rinnovo e uno su cui puntare tra Danilo Petrucci, che non avrà portato nel sacco risultati eccelsi ma ha fatto il suo vincendo anche una gara, e Jack Miller, allevato in casa e pronto al grande salto. Prima ancora di prendere decisioni su questi tre nomi (rinnovo di Dovi, Petrucci che poi è andato e Miller che poi è arrivato), intorno alla casa di Borgo Panigale si sono aperte telenovelas che hanno avuto per protagonisti, nell’ordine, Jorge Martin, Johan Zarco e, addirittura, Andrea Iannone. Insomma, c’era una sella e una rosa di probabili che bastava per mettere su una squadra di calcetto. Logica avrebbe voluto uno sfoltimento della lista. Invece in Ducati sembrano essersi chiesti se non fosse il caso di raddoppiare le selle. Il tutto, chiaramente, dopo che Honda aveva già fatto firmare un quadriennale a Marc Marquez e Yamaha s’era assicurata per il 2021 le prestazioni di Quartararo, gli unici due, probabilmente, sui quali sarebbe effettivamente valsa la pena scommettere. La tanta vivacità degli altri team ha fatto trasparire, quasi, che Ducati dovesse prendere per forza qualcuno, muovere le acque come fanno quelle squadre di calcio che quando gli avversari si rinforzano vanno a prendere un qualche giocatore sconosciuto (spacciandolo per il fenomeno di domani) giusto per dire che hanno preso qualcuno anche loro. Ma il motociclismo e il calcio sono robe diverse un bel po’. Il tutto a meno di due settimane dal via, con un pilota (l’unico rimasto, di fatto) che sta cercando di rimettersi in forma in tempi record dopo l’infortunio in allenamento. E mentre parlano tutti. Compreso il babbo di Lorenzo, come se la casciara non bastasse. Con il risultato che qualunque tifoso Ducati, anche quelli che parteggiano per un pilota piuttosto che per un altro, per un ritorno piuttosto che per un ben servito, si ritrovano accomunati da un’unica domanda: ma in Ducati che cacchio stanno a fa’? La rossa, inutile negarlo, la tifiamo anche noi e, quindi, la domanda la giriamo a voi, perché davvero non sappiamo spiegarci tutta questa confusione nel momento che precede la partenza (del Mondiale) e che, quindi, avrebbe dovuto essere il momento della concentrazione massima.