La memoria di Gianluca Vialli è ancora forte e presente sia negli appassionati che nelle persone che lo hanno conosciuto. Ma la forza dell’ex calciatore, scomparso il 6 gennaio di un anno fa a causa di un tumore al pancreas, è stata diventare un simbolo dell’Italia, non solo nel calcio, ma di un’Italia sana, in grado di trasferire all’estero l’eccellenza del nostro Paese. La sua esperienza a Londra, nel Chelsea, dopo aver vinto tutto con Sampdoria e Juve, lo aveva trasformato in un uomo risolto, innamorato della moglie Cathryn e delle figlie Olivia e Sofia. Nel 2017 la diagnosi che ha fermato il tempo. Ma Gianluca non si è abbattuto e ha combattuto con dignità e gentilezza, tornando da dirigente al fianco di Roberto Mancini in Nazionale e vincere nel 2021 un Europeo al fianco del suo grande amico. Novella 2000 ha raccolto i ricordi di tre uomini che lo hanno conosciuto bene e lo hanno amato. Lapo Elkann, il suo inseparabile amico, Roberto Mancini, e Marino Bartoletti, che a Vialli ha dedicato il suo ultimo libro, La partita degli dei.
Lapo Elkann: “Portò meraviglia”
“Gianluca era un grande giocatore nel campo e fuori dal campo. Me lo ricordo alla Juve, ai tempi della Sampdoria e al Chelsea. Lo andavo a vedere giocare a Londra, ero studente in quel periodo, e ci vedevamo a cena e a pranzo a volte con la sua fidanzata dell’epoca. Era di una gentilezza e di una carineria unica. Mi ricordo della vittoria dell’Europeo alla quale ho assistito vicino a sua moglie. Una donna dolcissima e gentilissima. Le mie memorie di Gianluca sono fenomenali: portò momenti di gioia e di meraviglia per la Juventus e anche per l’Italia. Gianluca era un uomo buono di spirito, di animo ed era un grande essere umano. La sua mancanza si sente e spero che sua moglie e le figlie stiano bene e che si siano riprese dal dolore che hanno affrontato. Gianluca ha vissuto anche il dolore e la sofferenza come un guerriero, come lui era, con una forza e determinazione unica, con un’umiltà e un atteggiamento che pochissime persone al mondo hanno”.
Roberto Mancini: “È sempre qui”
“Luca per me è come se fosse sempre qua. Lui abitava Londra, io in Italia, ma ci vedevamo e sentivamo spesso anche per lavoro e per me è come se fosse sempre qua con me. Non penso che sia in cielo, continua a vivere per tutto quello che è stato, per tutto quello che ha fatto, per il giocatore e la persona che è stato. Per quello che ha fatto nella vita. È sempre stato un esempio sia quando giocavamo che dopo. Sono quelle persone che rimangono nella testa e nel cuore di tutti, per me è come se lui fosse a Londra. Magari non ci sentiamo però lui è lì per me. Lo sento sempre con me”.
Bartoletti: “Ci ha insegnato la gentilezza”
“Il ricordo di Gianluca è sempre vivo e per me anche grazie alla dedica che gli ho fatto sul mio libro: ‘A Gianluca, che ci ha insegnato la gentilezza anche nel momento dell’addio’. Questa dedica riassume quello che penso. Lui è stato un campione gentile, educato e corretto, che tutti rimpiangiamo non solo sul campo, ma anche per quello che ha fato fuori dal campo. L’ho conosciuto a 18 anni, quando era un ragazzo timido nella Cremonese. In quella Cremonese che lui portò in Serie A, ma con la quale non giocò perché partì per la sua grande avventura alla Sampdoria. Poi i successi con la Juventus e con il Chelsea e quell’Europeo con l’Italia, al fianco del suo amico Roberto Mancini, sullo stesso campo sul quale, anni prima, persero insieme la Coppa dei Campioni. Siamo rimasti in contatto fino alla fine, era un uomo felice e appagato, divenuto simbolo dell’Italia, di una dignità che è andata ben oltre ciò che ha dato sul campo. Nell’ultimo struggente messaggio vocale che mi ha inviato prima di andarsene, sembrava lui preoccupato per me, era allegro e gentile, con ancora tanta voglia di combattere”.