“L'età dell'oro dell'America inizia proprio adesso. Da oggi in poi, il nostro Paese rifiorirà e sarà rispettato di nuovo in tutto il mondo, saremo l'invidia di ogni nazione e non permetteremo più che qualcuno si approfitti di noi”: è iniziato così il delirante discorso di insediamento del quarantasettesimo presidente degli Stati Uniti, Donald Trump, alla 60esima cerimonia di inaugurazione nella Rotonda del Campidoglio di Washington Dc. Trenta minuti circa trascorsi, fra risatine e imbarazzo generale dei presenti, ad alternare slogan populisti e farneticanti progetti sconclusionati sui temi più disparati, dal dispiegamento dell’esercito al confine col Messico alla cancellazione dello “Ius soli”, da assurde rivendicazioni territoriali (Groenlandia, Panama e persino Marte!) al negazionismo climatico con tanto di ritiro dagli accordi di Parigi, fino alla ripresa della feroce crociata contro la comunità lgbtq+ e la fantomatica cultura woke che, a suo avviso, “stanno dilagando negli Stati Uniti, minando i valori fondamentali della società americana, intaccandone le basi stesse della nazione, soffocando il dibattito pubblico e indebolendo la coesione sociale”. “Da oggi in poi la politica ufficiale del governo degli Stati Uniti sarà che ci sono solo due generi: maschile e femminile. Questa settimana porrò fine anche alla politica governativa di cercare di manipolare socialmente razza e genere. Una delle priorità del mio mandato sarà fermare la diffusione di una cultura che promuove il vittimismo e la divisione, alimentando l’intolleranza invece di celebrare le nostre libertà…” ha dichiarato fra i vari deliri tragicomici il quasi 79enne tycoon (lo stesso che accusava la rivale Kamala Harris di voler “effettuare operazioni transgender sugli alieni clandestini”), negando come se nulla fosse, sia da un punto di vista burocratico che da quello sociale, il diritto a esistere di milioni di persone, consapevole di spianare la strada al diritto all’odio e a una discriminazione umana e giuridica inarrestabile, così come aveva cercato di fare già nel precedente mandato con continui e pericolosi attentati alle libertà personali di identità e orientamenti non conformi. Dopo aver eliminato dal sito della Casa Bianca ogni riferimento ai diritti Lgbtqia+ nel 2017 infatti, Trump revocò le linee guida federali emanate sotto l’amministrazione Obama che permettevano agli studenti transgender di utilizzare i bagni corrispondenti alla loro identità di genere nelle scuole pubbliche; nell’ottobre 2018 tentò di escludere direttamente le persone transgender dal riconoscimento legale, attraverso la proposta di sottoporle a test genetici per ogni disputa sul genere e sempre nello stesso anno finalizzò la rimozione delle protezioni contro la discriminazione basata sull’identità di genere nel settore sanitario, permettendo agli operatori sanitari e agli assicuratori di esercitare l’obiezione di coscienza nel negare servizi alle persone Lgbtqia+, negando persino farmaci fondamentali per la terapia ormonale; nel 2019/2020 arrivò invece il divieto alle persone transgender di servire nell’esercito e la lotta alle leggi che ne tutelavano la salvaguardia dalla discriminazione nel mondo del lavoro, come quella emessa dalla storica sentenza della Corte Suprema nel giugno 2020.
Un’ossessione tanto maniacale quanto spaventosa che ha contribuito proprio in quegli anni a un drammatico picco di casi di violenza fisica e psicologica senza precedenti ai danni della minoranza arcobaleno, con un impatto devastante sulla salute mentale di migliaia di persone e un incremento preoccupante di casi di depressione, ansia e suicidio, soprattutto fra le persone transessuali. Una persecuzione sistematica che non si vedeva dai tempi dei regimi nazi-fascisti e che con questo secondo mandato rischia seriamente di riportarci indietro di cento anni, a quando noi membri lgbt eravamo contrassegnati nei lager da un triangolo rosa e sottoposti a brutali esperimenti scientifici di riconversione. Nel suo primo giorno di mandato infatti, il presidente Trump, apparso più euforico e disorientato che mai, ha confermato immediatamente i suoi scellerati propositi anti inclusione varati dall’amministrazione Biden, attraverso una serie di ordini esecutivi volti in primis ad eliminare l’opzione del terzo genere sui passaporti statunitensi introdotta il 27 ottobre 2021 e a smantellare i programmi di diversità, equità e inclusione (Dei) nel governo federale, giudicati “radicali e sprechi di denaro pubblico“, azione per altro già intrapresa da tutte le più grandi multinazionali del Paese come Meta, Google, McDonald’s e Amazon, ormai genuflesse senza coerenza e dignità al servizio del nascente regime tecnofascista americano guidato dalla coppia di mitomani miliardari Trump-Musk. Purtroppo l’offensiva maniacale che mira nello specifico all’annientamento della comunità trans, non si è limitata alla cancellazione dell’opzione X da documenti e passaporti nata per riconoscere ufficialmente tutte le identità di genere non binarie, ma è proseguita con altre misure ancora più pretestuose e surreali come il divieto di accedere a spazi riservati alle donne biologiche nei rifugi e nelle carceri, l’interdizione a tutte le competizioni sportive femminili a livello nazionale e l’ennesimo intento di revisionare il verdetto della Corte Suprema nel caso Bostock v. Clayton County del 2020, per permettere ai datori di lavoro la possibilità di licenziare dipendenti anche solamente per le loro scelte sessuali o di gender. Volontà che tracciano una direzione politica inquietante, una vera e propria “guerra su scala globale”, per citare le parole di Gabriele Piazzoni, segretario generale di Arcigay, destinata ad aumentare le disuguaglianze e ad escludere ulteriormente le minoranze più vulnerabili, a generare ancora più odio e a mettere in discussione diritti umani fondamentali conquistati in anni di lotte con lacrime e sangue. Una guerra tanto più allarmante se si pensa che ci riguarda da molto vicino visto e considerato che a quel “banchetto” di un’estrema destra delirante, quello dei saluti romani, era presente anche la nostra presidentessa del consiglio Giorgia Meloni, unica ridicola premier europea alla corte del nuovo regime nero, già fortemente indirizzata verso politiche omofobe sempre più radicali pilotate dalle associazioni catto-estremiste come i Pro vita che hanno sovvenzionato la sua ascesa. Ci aspettano tempi duri cari amici, dobbiamo prepararci in tutto il mondo ad affrontare il risveglio dei mostri di un’epoca che credevamo archiviata per sempre. “Chi non ricorda il passato è condannato a ripeterlo”, recita la frase di George Santayana incisa in trenta lingue sul monumento all’ingresso del campo di concentramento di Dachau, ed evidentemente in tanti hanno già dimenticato la propensione fisiologica della storia a ripetersi ciclicamente e a far sì che i potenti riescano puntualmente a incanalare la rabbia e il malcontento del popolino non più gestibile verso capri espiatori innocenti e indifesi da immolare sull’altare del sacrificio. L’insediamento di Trump ha segnato l’inizio di una nuova resistenza in cui la lotta per i diritti, per la dignità e per il diritto di esistere non è più una questione di scelta, ma un dovere civile che riguarda ciascuno di noi, nessuno escluso, perché come diceva Martin Luther King, “in una società civile nessuno sarà mai realmente libero finché non lo saremo tutti”.