Due amanti sono stati scoperti al concerto dei Coldplay, mentre assistevano abbracciati allo spettacolo. Fin quando lo spettacolo non sono diventati loro. Lui è Andy Byron, Ceo di Astronomer ora messo in congedo dall’azienda. Lei è la Responsabile delle Risorse Umane, Kistrin Cabot. Una storia banale di tradimento sul posto di lavoro. La kiss cam del live in Massachusetts li ha ripresi inaspettatamente, lui si è gettato a terra neanche dovesse sfuggire al fuoco nemico. Lei immobile si copre il viso, ma ha già capito che non ci sarà nulla da fare. E poco dopo se ne va. Il video diventa virale, se ne parla da giorni. Chris Martin, che aveva fatto una battuta dal palco (“O sono timidi o hanno una relazione”) è intervenuto nuovamente.
Un caso di cronaca rosa divenuto un contenuto per analisi e polemiche. Anche su MOW abbiamo sostenuto che il problema non sarebbero loro ma il fatto che un contenuto del genere possa diventare un trend. E invece il problema sono proprio loro, ma non ce ne accorgiamo più. Diamo la colpa ai social, alla telecamera che li ha inquadrati, alla superficialità, che passa per bigotteria. A titolo di esempio, per Massimo Gramellini, che ne scrive sul Corriere della Sera, il punto è il “Grande fratello” digitale, il “Ficcanaso collettivo”. Cioè noi.
Eppure è evidente che il problema sia prima di tutto il tradimento. In una società come la nostra, dove i giri di parole intorno ai massimi sistemi hanno completamente reso obsolete, agli occhi dei più, le analisi sui piccoli sistemi, a partire dalla coppia, dalla famiglia eccetera eccetera, non riusciamo più a dire – pena essere associati a mandrie di leoni da tastiere senza istruzione scolastica, a redneck che commentano dai propri garage, a catechisti mancati che offendono sotto ai post dei giornali locali – una cosa banale: se lo sono meritato.
Dopotutto hanno tradito i loro coniugi, sono andati a un concerto (un evento pubblico) e hanno scelto di “mischiare” lavoro e passione. Nulla di imperdonabile, ma, appunto, da farsi perdonare sì. E la colpa della sofferenza per via di questa storia esposta sui social non è dei social, dei ficcanaso, della kiss cam o delle battute di Chris Martin. È di chi tradisce. Non siamo più in grado di attestarlo pacificamente. E se la risposta fosse invece quella più semplice e intuitiva? Stavano facendo qualcosa di sbagliato, sono stati beccati. Dovranno risolvere i loro problemi. Tutto il resto è un contorno.


La legge negli Stati Uniti
Jonathan Bazzi, l’autore di Febbre (carino) e Corpi minori (pessimo), si lamenta sul Domani per il carovita a Milano. Lui, da scrittore, non può mica campare serenamente in un loft che si allaga quando piove, che lo rende ansioso, impaurito, fuori posto. Nella città in cui è nato, che ama. Il consiglio glielo ha dato uno scrittore più grande di lui, Ottavio Cappellani: Jonathan, vai a cogliere le arance a Catania.
Ma anche in questo vale la pena di approfondire. La colpa del malessere di Bazzi è di Milano? Di un modello che ha fallito? Delle inchieste, dell’imperialismo urbanistico di colossi dell’immobiliare? O la colpa è di Jonathan Bazzi che sceglie di rimanere a Milano invece di andare a raccogliere le arance? Il mito della città è più colpevole della città stessa. A Jonathan si allaga casa, di chi è la colpa? Sua, naturalmente.
Potrebbe spostarsi a Lodi, o a Piacenza. O in Abruzzo… Anche in questo caso la colpa è sempre degli altri, mai la nostra. Il senso di responsabilità è un messaggio vetusto che è meglio non tramandare alle future generazioni. Meglio l’autocommiserazione, o l’empatia sociale, e cioè quel sentimento che ci fa sentire tutti vittime di un sistema che ci schiaccia. A rendere interessante l’associazione tra il caso Bazzi e quello degli amanti è una frase dell’articolo dello scrittore: “Milano, ci penso sempre, è la città che più somiglia ai social: tanti stanno male, ma si sentono costretti a dire il contrario. O a tacere.”
Nel caso degli amanti la colpa è dei social, nel caso di Bazzi è di Milano. Ma Milano e i social sono la stessa cosa. E dunque la colpa è sempre da un’altra parte. Siamo tutti martiri, i leoni sono gli altri, e se non sono leoni sono spettatori ansimanti, in attesa della loro dose di sangue e spettacolo, come Michel Foucault ci ha spiegato. Ma non è difficile capire che Bazzi potrebbe spostarsi in uno degli altri 8000 comuni italiani, che non c’è assolutamente nessun “diritto di vivere a Milano”, o “diritto alla City Life”. E che gli amanti avrebbero semplicemente potuto mantenere la parola data ai loro rispettivi coniugi, o lasciarli e provare altre strade, o rinunciare a una delle due posizioni in azienda ed eludere il conflitto di interessi.
