Il Dna di “Ignoto 3” trovato nella bocca di Chiara Poggi non sarebbe una contaminazione. La traccia non apparterrebbe quindi a nessun professionista che è stato sul luogo del delitto. Durante l’incidente probatorio, la perita nominata dal giudice, Denise Albani, ha rilevato la presenza del Dna di “Ignoto 3” su una garza orofaringea utilizzata durante l’autopsia. Il tampone, prelevato ma mai analizzato in precedenza, era stato inserito nel cavo orale della vittima: la traccia si trova nella parte centrale della garza e potrebbe riaprire scenari finora inesplorati nell’inchiesta. Ma di chi è allora quel materiale genetico? La domanda decisiva. Oltre all’identità di quella persona, però, quel Dna serve agli inquirenti per ricostruire la dinamica dell’accaduto. Ci sarebbero infatti anche i segni di un soffocamento avvenuto con una mano premuta sulla bocca. Il Tempo scrive che questa ipotesi è contenuta negli atti stessi dell’indagine.

Una piccolissima contaminazione, per dire la verità, è stata rilevata nei due angoli inferiori della garza. Le tracce appartengono a Ernesto Gabriele Ferrari, tecnico del medico legale Marco Ballardini, ma del Dna di Ignoto 3 sappiamo poco. Ciò che è certo è che non appartiene né ad Alberto Stasi né ad Andrea Sempio, circostanza che fa pensare a un eventuale complice. Niente di certo, comunque, solo ipotesi. Tra queste c’è appunto quella per cui Chiara Poggi sarebbe stata asfissiata con una mano sulla bocca, magari per non farla urlare. Come riporta ancora Il Tempo questo scenario sarebbe compatibile con le lesioni ritrovate sul volto e sul collo della vittima. Quei segni potrebbero – scrivono gli inquirenti in una nota riportata dal quotidiano – suggerire “che vi sia stata un’azione, interrottasi prima della morte, di soffocamento o di immobilizzazione del torace”.
