Tornano sotto i riflettori alcuni dei punti più controversi del caso di Chiara Poggi, la giovane uccisa nel 2007 a Garlasco. Ieri sera, negli studi della trasmissione Quarto Grado, sono intervenuti due protagonisti delle prime fasi dell’indagine: i carabinieri Cassese e Pennini, tra i primi ad entrare nella villetta dove fu trovato il corpo della ragazza. Tra i temi affrontati, la misteriosa traccia genetica denominata “Ignoto 3”, la questione mai chiarita della bicicletta nera appartenente ad Alberto Stasi, e un acceso episodio tra il padre dell'indagato e l'ex comandante della stazione di Garlasco, Marchetto.
Il DNA dell’“Ignoto 3”: traccia dell’assassino o contaminazione?
Una delle piste mai del tutto chiarite è quella legata alla traccia di DNA trovata nel cavo orale della vittima, attribuita a un soggetto ignoto, ribattezzato "Ignoto 3". Un elemento che potrebbe rappresentare la firma genetica dell’assassino, ma che alcuni esperti hanno ipotizzato essere frutto di una contaminazione durante l’autopsia. Pennini ha chiarito il proprio ruolo: “Io non ho partecipato all’autopsia ma alla riesumazione della salma, dopo che non erano state prese le impronte”. Cassese, invece, era presente nella sala autoptica e ha riferito: “Durante l’autopsia di Chiara Poggi mi ricordo che la sala dove si eseguono le autopsie non era curata dal punto di vista della sterilità, ricordo del materiale sul mobiletto di acciaio ma non ricordo il particolare di questo prelievo con la garza, mi ricordo che c’erano delle pinze sui tavoli, le garze…”.
La bicicletta mai sequestrata
Un nodo cruciale nelle indagini fu la bicicletta che l’assassino avrebbe potuto utilizzare il giorno dell’omicidio. La famosa bici nera del capannone di casa Stasi, più volte al centro delle ricostruzioni, non fu mai sequestrata dagli inquirenti. Cassese ha dichiarato: “La bici del capannone di Stasi non è mai stata sequestrata. Se ricordo bene, il signor Marchetto ha sentito lui personalmente i genitori di Stasi la sera del 13 e tutti e due hanno indicato questa bici nera nel capannone”. Proseguendo, ha ricordato: “Quando sono rientrato in caserma a Garlasco ed ho voluto sentire Stasi per delle precisazioni, era presente ancora Marchetto e alla specifica domanda sulla bici nera di Stasi non menziona quella nera del capannone. Io credo che fosse il minimo che Marchetto avrebbe dovuto dire, visto che i genitori di Stasi parlano di una bici nera nel capannone, ma lui non ne ha fatta menzione. Poi la mattina seguente è andato con il papà di Stasi e non ha ritenuto di sequestrarla”. Un comportamento che ha lasciato perplessi diversi investigatori.

Le prime incongruenze e l’esclusione di Sempio
Cassese ha poi ricostruito la strategia investigativa adottata nei giorni successivi al delitto: “Durante il verbale a Stasi della notte fra il 13 e il 14 agosto erano emerse già delle incongruenze, quindi abbiamo fatto subito le intercettazioni. Poi abbiamo incrociato sit, celle e telefonate dal 5 al 13 agosto e poi dal primo gennaio al 5 agosto del 2007. Se Sempio avesse avuto dei contatti con Chiara Poggi li avremmo trovati sulle utenze di Chiara. Questo è stato lo sviluppo che abbiamo fatto all’epoca con un lavoro che è durato 8 mesi e mezzo”.
Riguardo l’esclusione del giovane Sempio, più volte tirato in ballo da alcune piste alternative, ha spiegato: “Il tabulato di Sempio non è stato considerato perché dopo il suo sit e dopo le sit delle altre persone, lo abbiamo risentito un’altra volta e abbiamo avuto dei riscontri che non ci davano adito a dover approfondire. Per noi la posizione di Sempio era finita. Per ogni dichiarazione ricevuta abbiamo fatto dei riscontri, come ad esempio altre testimonianze, ma vi posso garantire che lo abbiamo fatto su tutti”.
L’arrabbiatura del padre di Stasi
Infine, l’episodio forse meno noto ma rivelatore del clima teso in quei giorni: un acceso confronto tra il padre di Alberto Stasi e il comandante Marchetto. Pennini ha ricordato: “Il padre di Stasi ha ripreso Marchetto perché aveva alzato la voce col figlio. Ero anche io presente, alzava la voce tantissimo col ragazzo e l’ha anche offeso, lo ammette lui stesso. Papà e mamma erano vicini all’ufficio dell’interrogatorio, hanno sentito la voce altissima e si saranno risentiti. Quando la mattina dopo l’interrogatorio il padre di Alberto è venuto a riprendere il figlio, vedendo Marchetto si è riferito a lui dicendogli che quel comportamento non se lo sarebbe mai aspettato da lui”. Sempre Pennini ha aggiunto un dettaglio importante sulle verifiche fatte sulla bicicletta: “Lui dice che non era presente al sit della signora Bermani ma dice di essere andato presso il magazzino con i verbali della Bermani, per confrontare la bici. Vedendo quel verbale era chiarissimo che non c’era alcun cestino sulla parte anteriore, visto che la signora menzionava solo un portapacchi a molle posteriore. Tutti gli altri particolari della signora non sono stati però presi in considerazione”.
