Evasori fiscali, elusori e doppiogiochisti protetti dalla legge. Sono loro i principali beneficiari dei paradisi fiscali sparsi in giro per l’Europa. Super ricchi, vip, imprenditori ultramilionari, sportivi, e pure grandi aziende che, per lo più in maniera legale, continuano ad accumulare ricchezze a discapito dei normali cittadini, che pagano regolarmente le tasse al fisco dei rispettivi Paesi, contribuendo al sostentamento dei servizi pubblici. È questo il tema principale di Europa parassita. Come i paradisi fiscali dell’Unione europea ci rendono tutti più poveri, l’ultimo libro inchiesta di Angelo Mincuzzi appena pubblicato da Chiarelettere. Dall’Olanda a Cipro, dal Lussemburgo a Montecarlo: l’Europa è piena di paradisi fiscali che godono di un’ottima forma di salute e che drenano, di fatto, risorse a tutti gli altri Paesi privi delle loro caratteristiche. L’Italia, in particolare, ha un enorme problema con l’evasione fiscale, oggi fotografata intorno agli 85 miliardi di euro all’anno (senza però comprendere l’elusione fiscale) e purtroppo culturalmente non percepita come grave reato. Nel frattempo, la stretta attualità ha acceso i riflettori sulle vicende personali di alcuni personaggi del mondo dello sport e dello spettacolo. Il caso Jannik Sinner, per esempio, ha scatenato mille polemiche. Perché lui, come tante altre persone, possono avere la residenza a pagare le tasse a Montecarlo senza infrangere alcuna regola? Lo abbiamo proprio ad Angelo Mincuzzi, giornalista e caporedattore del Sole 24 Ore, dove si occupa – tra i vari argomenti - di società italiane ed estere, indagini giudiziarie, paradisi fiscali, evasione fiscale e criminalità economico-finanziaria.
Angelo Mincuzzi, ne parlano tutti, forse con troppa superficialità, ma che cos’è precisamente un paradiso fiscale? Quali sono le sue caratteristiche?
Il paradiso fiscale è un luogo, uno Stato, un Paese, nel quale entrano tanti soldi perché al suo interno esistono leggi create appositamente per attirare questi soldi. Nei paradisi fiscali, poi, non si pagano le tasse, o sono comunque bassissime, e viene offerta la massima garanzia di anonimato. Una segretezza, in sostanza, che protegge chi è intenzionato a trasferire i propri denari in loco. Quanto fin qui detto riguarda sia le persone fisiche che le società. Ci sono infatti paradisi fiscali, per così dire, “specializzati” ad attrarre le società, come l’Olanda e l’Irlanda, e altri che richiamano i super ricchi, ed è il caso di Montecarlo e la Svizzera.
Quali sono i più importanti paradisi fiscali presenti in Europa?
In genere, quando pensano a un paradiso fiscale, le persone immaginano un’isola nei Caraibi con le palme e la sabbia bianca. In realtà i paradisi fiscali più importanti per noi italiani, ovvero quelli che ci danneggiano di più, si trovano nell’Unione europea. Sono l’Olanda, l’Irlanda, il Lussemburgo (quest’ultimo un paradiso fiscale dove tantissimi italiani hanno aperto tante società), Malta e Cipro. Poi ce ne sono altri, sempre in Europa, ma che non fanno parte dell’Ue pur essendo perfettamente integrati, visto che i capitali si spostano liberamente. Sono Londra, Jersey - un'isola del Canale della Manica che appartiene alla Corona britannica - Montecarlo e la Svizzera. Aggiungo infine un paradiso fiscale extra europeo, ma che ormai è molto collegato al continente: Dubai. Qui stanno andando, sono andati e continuano ad andare molti evasori fiscali. Anche italiani.
Nel suo libro scrive che le storture del sistema economico europeo permettono alle élite economiche di arricchirsi sempre di più, con un conseguente, drammatico aumento di disuguaglianze e ingiustizie. Come nasce questo meccanismo e come possiamo correggerlo?
I paradisi fiscali nascono perché ci sono dei Paesi che hanno deciso di attirare soldi nel loro territorio per aumentare la loro ricchezza interna, il pil o far girare più denaro entro i propri confini. Hanno quindi adottato delle leggi secondo le quali certe società o persone fisiche che risiedono in loco non devono pagare le tasse. È stato, insomma, un modo per attrarre risorse. Il problema è che, così facendo, attraggono risorse da altri Paesi che non sono paradisi fiscali. Detto altrimenti, mentre questi ultimi si arricchiscono altre nazioni si impoveriscono. Ma il fenomeno più importante, quello che aumenta le diseguaglianze, è il fatto che i richiamati paradisi fiscali sono di solito abitati e utilizzati da persone molto ricche. Queste persone, che sono già ricche, scelgono di andare in uno dei paradisi elencati per non contribuire allo sviluppo dei rispettivi Paesi versando le tasse. Le loro ricchezze aumentano dunque a una velocità maggiore di quello che potrebbe essere l’aumento della ricchezza di una persona normale. In un simile meccanismo ci rimettono i Paesi che non sono paradisi fiscali e i cittadini normali, che le tasse devono pagarle tutte. Ricordiamo che i soldi che i super ricchi non versano nei rispettivi Paesi potrebbero essere usati per abbassare le tasse che gravano sulle spalle dell’intera collettività.
Quanto è grande il problema dell’evasione fiscale in Italia? Esiste a suo avviso una ricetta per risolverlo?
In Italia l’evasione fiscale si è mantenuta intorno ai 100 miliardi all’anno fino a 2-3 anni fa, salvo poi scendere fino agli 85 miliardi annui. Attenzione però, perché questo è il livello dell’evasione monitorata che non comprende anche l’elusione fiscale, ovvero un modo legale di non pagare le tasse. Se dovessimo considerare tutto, raggiungeremo cifre stratosferiche. In ogni caso, già quegli 85-100 miliardi all’anno sono numeri colossali. Pensate che se noi riuscissimo a recuperare 100 miliardi ogni anno, in 10 anni potremmo dimezzare il debito pubblico e ridurre le tasse. Esiste una ricetta? Nessuno ha la bacchetta magica. Però ci sono esempi di altri Paesi che combattono l’evasione fiscale in modo efficace. Negli Stati Uniti, per esempio, chi evade le tasse finisce in carcere. In Italia quando parliamo di manette agli evasori scatta subito l’accusa di essere un estremista. Negli Usa è invece normale: se non paghi le tasse vieni condannato e vai in carcere. E questo perché la società percepisce un simile reato alla stregua di un furto ai danni della collettività. Da noi c’è un problema culturale, e quindi l’evasione fiscale non è percepita dagli italiani come qualcosa di grave. La ricetta per invertire la rotta, a mio avviso, da un lato consiste nel rendere più semplice – come si sta cercando di fare – le leggi fiscali. Dall’altro bisogna però avere anche la volontà politica di punire chi non paga le tasse. Tutti questi condoni, o anche le misure che in qualche modo non colpiscono chi ha un comportamento scorretto, sono misure negative. Sono incentivi all’evasione in un Paese che, culturalmente e in relazione al concetto stesso di evasione, ha un importante deficit rispetto ad altri.
L’Italia e l’Europa corrono un serio problema di tenuta sociale a causa di tutto ciò che denuncia nella sua inchiesta?
Sì. Perché quando le persone vedono certe ingiustizie, quando vedono il vicino di casa che non dichiara niente avere il macchinone parcheggiato fuori, e quando vedono che nessuno fa niente per modificare la situazione, vivono tutto questo come una grande ingiustizia. Aggravata dalla percepita incapacità dello Stato di difendere la giustizia e di far rispettare le leggi. Le persone finiscono così per perdere la fiducia nello Stato, nei nostri sistemi democratici. Nasce e si consolida così il desiderio di un uomo forte al quale affidare le speranze di cambiamento e miglioramento della propria vita. È un cammino pericoloso: più le diseguaglianze aumentano e meno forte è la democrazia.
Il caso Sinner ha scatenato mille polemiche. Perché lui, come tante altre persone, possono avere la residenza a pagare le tasse a Montecarlo senza infrangere alcuna regola?
Non infrangono alcuna regola perché c’è la libertà di spostamento, e ognuno può decidere di vivere dove vuole. Il problema di Sinner semmai è etico. È il problema di uno sportivo che viene percepito come rappresentante dell’Italia. Forse qualche problema dovrebbe porselo, anche se la sua scelta è, fino a prova contraria, perfettamente legale. Aggiungo che tutti i grandi tennisti sono a Montecarlo. Certo, Montecarlo ha un bel clima, offre ottime strutture e campi da tennis bellissimi, ma se non fosse un paradiso fiscale non credo che i campioni dello sport sceglierebbero di vivere lì. Tu cammini per Montecarlo e ti imbatti nell’edificio dove Sinner ha ufficialmente la sua attività, ne vedi un altro più avanti dove lui ha indicato l’arrivo della corrispondenza relativa al marchio di cui è proprietario (l’agenzia delle Entrate ha tra l’altro iniziato a monitorare vari nomi, compreso quello di Sinner. Sta lavorando proprio in questi giorni per verificare se le residenze a Montecarlo siano “vere”). Il discorso non cambia in altri paradisi fiscali. Vai a Jersey e ti capita di incontrare il palazzo dove il calciatore Pogba ha il suo trust (un istituto giuridico che consente di essere proprietario di società senza essere ufficialmente proprietari ndr). Vai in Lussemburgo e, ugualmente, trovi il posto dove Ronaldo aveva la sua società. Tutti questi grandi campioni dello sport hanno società in luoghi dove non vivono, che magari non hanno mai neppure visitato in vita loro. La cosa assurda è che chi lo fa non infrange alcuna legge. Perché le leggi sono fatte su misura per loro.