L’Inter negli ultimi quattro anni ha scelto la continuità dal punto di vista tecnico. In campo ci sono gli insostituibili: Lautaro Martinez, Alessandro Bastoni, Federico Dimarco e Nicolò Barella. A questi si sono aggiunti Hakan Calhanoglu, Marcus Thuram e Henrik Mkhitaryan. Ma la solidità della squadra è anche merito della dirigenza, con Beppe Marotta (ora presidente) e Piero Ausilio alla guida dell’area tecnica. A cambiare, però, è stata la proprietà del club. Steven Zhang non è riuscito a ripagare il debito e l’Inter è passata nelle mani di Oaktree. Il fondo tra l’altro circa un mese fa ha venduto la Banca Progetto a Centerbridge tramite la lussemburghese Bpl HoldCo. Un affare da 600milioni di dollari. Ed è proprio su Banca Progetto che la procura di Milano ha posto la sua attenzione. Non solo: si è mossa anche la Direzione distrettuale antimafia. La banca digitale, infatti, non avrebbe messo in campo le giuste procedure di verifica della clientela, approfittandosi, nelle ipotesi dei pm, della garanzia statale per coprire eventuali perdite. Una mancanza, però, che avrebbe portato al finanziamento di imprenditori nella sfera d’influenza della ‘ndrangheta. A muovere l’iniziativa è l’ufficio di Marcello Viola, promotore anche nell’indagine che vede coinvolte anche le curve di San Siro e l’infiltrazione della mafia calabrese nei gruppi ultras. Per fare chiarezza: la banca non ha subito nessun sequestro e nessun dirigente è attualmente indagato. I pm Silvia Bonardi e Paolo Storari (quest’ultimo a sua volta tra i protagonisti dell’indagine su ultrà e ‘ndrangheta) contestano l’agevolazione delle attività di soggetti già indagati per altri reati. Una presunta “rimproverabilità colposa” dovuta a un’insufficiente organizzazione interna.
Al centro delle indagini della Guardia di Finanza ci sarebbero operazioni svolte nel periodo compreso tra il 2019 e il 2023 a favore di nove attività, per un totale di 10milioni di euro (coperti da garanzia pubblica). I beneficiari del credito sembrerebbero Maurizio Ponzoni ed Enrico Barone, entrambi arrestati nel 2023 per bancarotta fraudolenta agevolatoria della ‘ndrangheta. Ponzoni, infatti, è nell’orbita della ‘ndrina di Legnano-Lonate Pozzolo, mentre Barone è vicino al clan Tripodi di Vibo Valentia. Paola Pendino, Giulia Cucciniello e Maria Profeta, giudici della sezione misure di prevenzione della procura di Milano, hanno disposto l’amministrazione giudiziaria di Banca Progetto, affidando l’incarico a Donato Maria Pezzuto, che dovrà riorganizzare i processi interni all’istituto al fine di migliorare la capacità di controllo e impedire che situazioni simili si ripetano in futuro. Un’azione volta alla “bonifica” della banca, che mira alla promozione della sana attività dell’impresa.
Al momento tra il procedimento attuato per Banca Progetto e l’inchiesta che ha azzerato le curve di San Siro non c’è nessun collegamento. Sono molti, però, i nomi coinvolti in entrambe le vicende. Innanzitutto coloro che indagano: Marcello Viola, infatti, è colui che in conferenza aveva diffuso i dettagli delle indagini sui gruppi ultrà, in particolare sulla curva Nord. Così come c’era anche Paolo Storari, finito sotto scorto proprio per le verità esposte nell’ordinanza che ha preceduto l’arresto di Andrea Beretta, Marco Ferdico, Luca Lucci e tutti gli altri. E c’è anche la Direzione distrettuale antimafia al lavoro: anche in questo caso, infatti, si parla di ‘ndrangheta. Alla mafia calabrese era legato Antonio Bellocco, ucciso il 4 settembre da Beretta con 21 coltellate. Nello specifico “U nanu” era un esponente del clan Pesce-Bellocco, lo stesso di Ciccio “Testuni”, citato in questa intervista da Klaus Davi. E la sua presenza a Milano non sembra casuale: il progetto, infatti, era quello di prendersi tutta la Nord e i business paralleli. Compresi i parcheggi. Di questi il garante mafioso era Giuseppe Calabrò, “U Dutturicchiu”, che faceva da copertura all’uomo di mediazione Pino Caminiti. Quest’ultimo, infatti, nell’ipotesi della procura avrebbe consegnato a Tancredi Palmeri un quadro da 10mila euro per garantirsi il controllo dei parcheggi. Calabrò, da parte sua, era stato informato del piano di Bellocco dalla famiglia Mancuso, come si evince dalle intercettazioni. E i Mancuso sono di Vibo Valentia, così come il clan Tripodi, a cui l’imprenditore Enrico Barone è legato. In più, c’è il fondo Oaktree, proprietario dell’Inter ed ex proprietario della Banca Progetto, impresa ceduta proprio nel periodo dell’esplosione dello scandalo ultras. Di nuovo: dalla procura non è stata stabilita nessuna relazione tra i due casi, dunque non si possono trarre conclusioni. Ci sono i nomi di chi indaga, i luoghi, la ‘ndrangheta, il fondo che controlla l’Inter. Punti in comune di un disegno incompleto.