“Daniele Cataldo, che secondo i magistrati ha tentato di ammazzarla, è il braccio armato di Luca Lucci. È chiaro che sono stati loro, no?”, chiede Massimo Giletti a Enzo Anghinelli durante la scorsa puntata de Lo Stato delle cose. “Certo”, risponde l’ex narcotrafficante. “È lui [Lucci] che mi aggredisce a Cologno, da dietro, come un vigliacco”. Continuano a emergere legami tra il mondo criminale milanese e la curva Sud. Le “vicende private”, come venivano definite dai Banditi, degli ex leader arrestati stanno diventando sempre più di dominio pubblico. Era il 12 aprile del 2019 quando Anghinelli venne aggredito da due uomini in motorino mentre si trovava a bordo della sua Ford nera station wagon. Daniele Cataldo esplode vari colpi di pistola, due dei quali colpiscono l’ex ultrà allo zigomo. L’uomo si salva miracolosamente e due mesi dopo l’agguato esce dall’ospedale. Cataldo, invece, viene fermato con l’accusa di essere l’autore del delitto, mentre Lucci, già agli arresti dal 30 settembre, è indagato per concorso in tentato omicidio. L’ipotesi è che sia lui il mandante dell’assassinio di Anghinelli. Se l’Inter ha tre capi, Marco Ferdico, Andrea Beretta e Antonio Bellocco, dice Giletti, il Milan ne ha uno solo: Luca Lucci. Nel corso della trasmissione si ricordano i business controllati dal “Toro”: bagarinaggio, parcheggi e attività come la Italian Ink, con la quale l’ultrà guadagnava 15mila euro mensili, come è lui stesso ad ammettere in una conversazione intercettata con i genitori. E sembra che Daniale Cataldo fosse coinvolto nella spartizione dei guadagni dei biglietti. Ma perché volevano ammazzare Anghinelli? “La giustizia è lenta, però arriva”, dice l’ex narcos. Poi racconta dell’incontro con Lucci avvenuto in un negozio di Milano, dove era presente anche Islam Hagag: “Sapevo che era là per me”. Anghinelli capisce che qualcosa non va, anche perché un altro “elemento” lo aspettava fuori in motorino. Si avvicina alla macchina e sente dei pugni sulla testa. Anghinelli cade e capisce che a colpirlo è stato Cataldo: “Lucci ha urlato: ‘Daniele vieni via, che adesso arrivano i carabinieri’”. Hagag, nel frattempo, scatta delle foto e gli dice: “Sei un morto che cammina”. Giletti si chiede se quel metodo intimidatorio non sia simile a quello mafioso. Per ora, comunque, la curva Sud non è indagata per i presunti legami con la ‘ndrangheta.
Il conduttore cita un’intercettazione che vedrebbe coinvolto anche Marco Dell’Utri, figlio di Marcello, riportata da LaPresse, e che dimostrerebbe il legame lui e Giancarlo Lombardo, detto “Sandokan”, anche lui tra le figure di spicco della Sud. Nel gennaio del 2024 gli ultrà milanisti, capeggiati da Lucci, organizzano una spedizione punitiva all’Old Fashion contro Lombardo, che riesce a fuggire all’agguato grazie anche all’intervento di Dell’Utri. “Dell'Utri poi lo becco io. Glielo dico: ‘Guarda che sei ti becco in giro con lui (Lombardi, appunto, ndr), spacco te e spacco lui, me ne sbatto i coglioni. Io una volta te lo dico, poi la seconda spacco pure a te’”, dice Lucci intercettato. Giletti poi rivela che già nel 2018 il rapporto tra la curva del Milan e la ‘ndrangheta erano stati attenzionati da Nicola Gratteri, al tempo procuratore a Catanzaro. E viene mandata in onda la conversazione tra Giuseppe Calabrò, detto “U Dutturicchiu”, e Domenico Vottari, altro personaggio che aspirava ai vertici della curva (e che conosceva bene Anghinelli), avvenuta nel 2018: i due parlano di prendersi San Siro, perché nel calcio girano “soldi a palate”. E in quel periodo Lucci si trova in carcere: il momento giusto per agire.
Il business dei parcheggi è un passepartout per tutti gli altri che girano intorno allo stadio. È lo stesso Pino Caminiti a dirlo, come ricorda Daniele Fiori, giornalista de Il Fatto Quotidiano. Caminiti è l’uomo di collegamento tra ultrà, ‘ndrangheta e Gherardo Zaccagni, imprenditore che tramite la società Kiss and Fly gestiva i parcheggi. 4mila euro al mese: questa la cifra che Zaccagni versava ai leader della Nord. La Kiss and Fly aveva ricevuto la gestione dalla M-I Stadio srl, partecipata da Inter e Milan. Ed è stato il comune di Milano ad affidare alla M-I i parcheggi. E sembra che le entità che circolano intorno a questo business avessero già puntato il nuovo stadio. In un’intercettazione, Caminiti afferma di essere disposto a sborsare anche 15mila euro per convincere Manfredi Palmeri, manager di M-I Stadio. Pare che Zaccagni abbia deciso di acquistare un quadro da 10mila euro per convincere il consigliere regionale. Le immagini mandate in onda a Lo Stato delle cose ritraggono la presunta consegna di un oggetto che assomiglia a un quadro: si tratterebbe di un’opera di Bo Li, “Il Duomo di Milano”. La galleria che era in possesso del quadro, però, dice di non conoscere Manfredi. In sindaco Beppe Sala, avvicinato dall’inviata Rai, non ha rilasciato dichiarazioni. Al suo posto, Marco Ciacci, della direzione specialistica legalità e controlli, ha sottolineato che le indagini della procura si sono affidate anche a informazioni fornite dalla polizia locale. Un’azione che pare aver coinvolto tutte le parti, quindi. Le indagini proseguono, i diretti interessati, Manfredi Palmeri compreso, verranno sentiti. Restano gli intrecci tra vertici ultrà delle curve, ‘ndrangheta e imprenditoria. Un quadro che, nelle ipotesi dei pm, sarebbe servito ad assicurarsi i parcheggi fuori dal Meazza. E una città, Milano, che sembra sempre più pervasa da varie forme di criminalità.