Marco Pacini, figura di rilievo della Curva Sud Milan, capo ultras dei Banditi, e Massimo Elice, rappresentante dell’Old Clan Milano, dopo l’ospitata a Milan Community e i continui comunicati sui social relativi alla questione abbonamenti e blacklist, sono stati ospiti di Michele Criscitiello negli studi di Sportitalia. Anche qui, come nel contesto amico di MC, nessuno ha provato a sollevare le questioni che andrebbero invece poste. Perché non hanno mai preso le distanze da Lucci e gli altri indagati? Come reputarli affidabili se prima non si smarcano da quanto successo, limitandosi a lasciar intendere che si tratta di vicende private di alcuni elementi rispetto alla Curva? Al centro della discussione, anche in trasmissione, c’è il nodo cruciale del rapporto tra la Curva e la società rossonera. Ma Pacini ed Elice, condannato per rissa nel caso dell’omicidio Spagnolo nel 1995, sono le persone adatte a un dialogo con la società? Sono in posizione di farlo? Il conduttore non si pone questa domanda, ma ne parla salomonicamente in questi termini: «Il mio interesse è che le curve possano cantare e sostenere la squadra, le società dovrebbero invece sapere cosa succede, e intervenire quando succede qualcosa di illecito, cacciando i responsabili. Serve dialogo». Alla domanda su quale sia oggi lo stato dei rapporti con il club, Elice conferma la strada del silenzio: «Un dialogo con il Milan? Al momento no. Quello che chiediamo è soltanto la normalità: uno stadio normale, la possibilità di fare il tifo, con la Curva che canta e noi che seguiamo. Contestare non ci piace, non è quello che vogliamo. Ma per tornare a sostenere la squadra serve che San Siro torni ad essere un ambiente normale, e questo può avvenire solo attraverso un confronto che oggi manca del tutto. Se ci fosse la volontà di mettere i problemi sul tavolo e cercare soluzioni, allora sì, ci sarebbe spazio per ricostruire». Criscitiello prova a mettere in difficoltà Pacini soltanto in un’occasione: «Adesso faccio il cattivo - premette - perché un ultras non ha pensato a sostenere la squadra, al posto di fare lo striscione ultras liberi dedicato a quelli che erano stati indagati, prima di una finale di Coppa Italia?» Pacini smorza subito, ma subito dopo si contraddice come se fosse un politico di professione quando si parla di fascismo o di impresentabili all’interno del partito: prima negare, poi salvare la faccia: «Quello striscione non era dedicato a loro, ma al fatto che non eravamo liberi di fare una coreografia. Però, mettiamo che fosse per quelle persone lì. Comunque sono vicende private legate a persone che fanno parte della curva, ma il tutto non va strumentalizzato». Quindi? La versione ufficiale sarebbe che non era per gli indagati, ma quella vera direbbe il contrario? La parentesi cattivella di Criscitiello finisce qui, in ogni caso. La palla passa a Pacini, che romanza la storia del tifo organizzato rossonero come se fosse un’agiografia da farci una serie Netflix, se non Disney: «Dal 2010, dalla finale di Atene in poi, la Curva ha iniziato un percorso importante, dopo anni difficili. Ci siamo impegnati a cambiarla, a renderla diversa, più accogliente. Perché la curva è bella, la gente viene a cantare, ci sono le famiglie». Mancano i cerbiatti e gli uccellini che portano gli striscioni col becco canticchiando. Il discorso si è poi spostato sulla questione abbonamenti con Pacini che ha sollevato la contraddizione, questa legittima, sull’assurdo meccanismo messo in atto da Inter e Milan: «Oggi non posso sottoscrivere l’abbonamento al secondo anello blu per motivi di ordine pubblico. Ma, paradossalmente, potrei acquistare un biglietto singolo per quel settore e andare a tifare. Potrei anche abbonarmi al primo blu o al primo rosso. Non ha alcuna logica che mi sia impedito di fare l’abbonamento al secondo blu, se poi ho comunque accesso allo stesso settore con altre modalità».
A questo punto Criscitiello ha chiesto spiegazioni sul perché di questa situazione. Pacini ha chiarito: «Le ragioni sono molteplici. Noi abbiamo già fatto un passo indietro sugli abbonamenti: il Milan ci aveva chiesto di spostarci in altri settori o, in alternativa, di acquistare biglietti partita per partita. Chi oggi è in blacklist ha risposto che il proprio posto è la Curva e che, al massimo, avrebbe accettato di comprare biglietti singoli, purché ci fosse una prelazione. Saremmo stati disposti a sopportare costi più alti pur di restare lì, ma non ci è stata data questa garanzia. Anzi, ci è stato chiesto di rimuovere ogni striscione collegato alla Curva Sud. Abbiamo valutato la richiesta: se il problema erano determinati striscioni, potevamo sostituirli con altri, legati ai vari gruppi. Ogni soluzione proposta, però, è stata bocciata o rinviata». E sulla questione degli striscioni Pacini ha insistito, giustamente, sulla follia del divieto, ma esagerando come prima con la pulizia della narrazione che trasforma gli ultras in educande: «Si parla di tornare allo stadio senza striscioni, limitandoci solo a cantare. Ma noi non siamo un coro, siamo un gruppo ultras, un gruppo di amici, e ci sono tanti altri gruppi in curva, circa 20, ciascuno con i propri simboli. La gente ci tiene, agli striscioni, servono a identificarli. A oggi sono permessi soltanto 5 striscioni, persino le bandiere dedicate a Baresi o a Kilpin sono vietate. Noi i nostri passi li abbiamo fatti, siamo pronti a sederci a un tavolo, ma deve essere un confronto costruttivo, non distruttivo. Capisci che è una follia? Pensare che qualcun altro possa cantare al posto nostro è come chiedere a te, Michele, di far condurre il programma a un altro». Posizione rafforzata da Elice, con un esempio: «Prendiamo Modric che chiede a Okafor dove sia la Curva. Lui uno dei più grandi giocatori al mondo, doveva essere accolto in pompa magna. Vederlo arrivare in uno stadio freddo, senza il calore della Curva, fa una tristezza enorme. Poi c’è l’aspetto tecnico: se quest’anno hai anche solo una minima possibilità di competere, non puoi permetterti di giocare dentro a un San Siro muto, con soltanto le tifoserie delle altre squadre che ti insultano tutto il tempo. È un vantaggio enorme regalato agli avversari». Criscitiello, non pervenuto, ogni tanto interrompe con premesse del tipo: “Io a questo punto faccio fatica anche a ricordare il mio nome”, o “Noi da sempre facciamo parlare tutti, quindi facciamo parlare anche gli ultras perché il calcio, senza di loro, non sarebbe lo stesso, e se non siamo d’accordo glielo diciamo in faccia. Questa è la serata del Milan, ma parleremo anche delle altre squadre”. Anche oggi, le questioni problematiche le risolviamo domani.

Un po’ la fotocopia di quanto detto, sempre da Pacini ed Elice, a Milan Community: non può essere un’indagine che riguarda otto persone a penalizzare l’intero tifo rossonero. Secondo Pacini, le misure adottate dalla società si basano su tre episodi: la contestazione a Casa Milan, il corteo prima della finale di Coppa Italia e il presidio autorizzato davanti a San Vittore. Pacini ha sostenuto, come a Sportitalia, che nessuno di questi momenti abbia generato tensioni o violenze, sottolineando la presenza di famiglie e bambini. La Curva Sud non ha mai preso le distanze dai leader storici come Luca Lucci, a differenza della Nord interista, e continua a riconoscersi in quel gruppo. Pacini ha chiarito che attività come parcheggi, biglietti, concerti o episodi di violenza privata non riguardano la Curva, pur ammettendo che una sentenza di primo grado ha parlato di associazione a delinquere. La verità definitiva sarà stabilita nei successivi gradi di giudizio. Accanto alle indagini giudiziarie, però, sono emerse ricostruzioni giornalistiche sui presunti legami con l’industria musicale e l’organizzazione di eventi, in cui Islam Hagag sarebbe stato un referente. Poi gli altri episodi come l’aggressione a colpi di pistola di Luca Guerrini, socio di Lucci, che sconfessano la descrizione di un ambiente quasi da film Disney presentata da Pacini. La soluzione, secondo lui ed Elice, sarebbe un tavolo ufficiale con società, Procura e Questura, convinti che solo così si possa superare lo stallo, e dovrebbe essere lo stesso Milan a proporlo pubblicamente per dimostrare interesse e responsabilità, invece di limitarsi a provvedimenti “acritici”. Resta però un nodo: la comunicazione della Curva avviene soprattutto attraverso canali amici come Milan Community, evitando un dialogo aperto con la stampa. È un limite che rischia di ridurre la forza del loro messaggio, lasciando molte questioni aperte, soprattutto sulla violenza e sugli ultras indagati. Allo stesso tempo, la repressione nei confronti degli ultras appare sproporzionata, perché non si può ridurre un intero movimento a pochi episodi. Il cuore del problema resta San Siro: senza la voce della Curva, lo stadio perde la sua identità. E la squadra perde le partite.

