L’attacco terroristico al teatro Crocus City Hall di Mosca ha sicuramente spiazzato mezzo mondo, e ha innalzato ancora di più i timori riguardo un allargamento del conflitto tra Russia e Ucraina. Dopo più di una settimana, restano ancora alcuni dubbi sull’attentato che in una notte soltanto ha messo letteralmente a ferro e fuoco la capitale del Paese. Per fortuna, però, ci pensa Jeremy Clarkson a svelare alcuni dettagli che forse sono passati inosservati, come quello strano legame tra gli uomini dell’Isis Khorasan, gruppo che ha rivendicato la strage, e le “caverne” dei piloti di Formula 1; ma soprattutto, bisogna essere favorevoli alla tortura? Lo storico volto di Top Gear, in un articolo scritto per il quotidiano britannico The Sunday Times ha cercato di rispondere a molti particolari del caso, partendo addirittura dai luoghi da cui provengono gli uomini arrestati la notte tra il 22 e il 23 marzo scorso. Infatti, secondo Jezza “per capire cosa abbia spinto quattro uomini armati a entrare in quella sala concerti russa è importante ricordare che provengono tutti da uno di quei Stan (Paesi come Afghanistan, Kazakistan, Kirghizistan, Pakistan, Tagikistan, Turkmenistan e Uzbekistan, ndr) senza sbocco sul mare, dal nome impronunciabile, dove, se non trovi lavoro nella miniera del posto, non c’è molto altro da fare”. Jeremy continua con la descrizione di questi luoghi, un po’ come quando ha raccontato delle riprese in Mauritiania per The Grand Tour, e poi passa al primo parallelismo del suo articolo, ma cosa c’entrano i piloti di F1 in questa storia?
Secondo Clarkson, “troveresti più bellezze nella caverna di un pilota di Formula 1” piuttosto che negli scenari di uno Stan, e poi ritorna sulla descrizione di quei luoghi così remoti, dove “potresti vedere un gruppo di uomini sul ciglio della strada, con le loro classiche tute finte dell’Adidas, che occupati in un incomprensibile gioco con le carte, sassolini, dadi e qualche ramoscello. Il vincitore - sottolinea Jezza - è il giocatore con i baffi”. Ed è proprio da qui, secondo la ricostruzione del conduttore televisivo inglese, che provengono gli attentatori di Mosca: “Può darsi - scrive - che un giorno quattro di questi uomini siano stati avvicinati da qualcun che ha offerto loro venti sterline in anticipo se fossero andati in un teatro di Mosca e avessero poi dato fuoco all’edificio, sparando a più persone possibile”. Così, continua il racconto di Clarkson, “forse per spezzare la noia, tutti hanno detto di sì”. Ok, finisce qui la fantasiosa (non si sa quanto) ricostruzione del giornalista, e inizia ora una curiosa comparazione tra i diversi metodi interrogatori tra la polizia europea e quella russa. Infatti, scrive Jeremy, “se avessero organizzato il loro attacco a Norwich, Oslo o Salisburgo, si può supporre che, dopo la cattura, le autorità avrebbero chiesto il nome del mandante. E possiamo supporre anche che (i terroristi, ndr) avrebbero detto: ‘Non lo sappiamo’. E poi ci sarebbe stata la causa in tribunale, dove, dopo aver parlato di problemi di salute mentale e diritti umani, i quattro imputati avrebbero ricevuto soldi e una casa”. Ma no, loro non hanno organizzato un attacco a Norwich…
Il problema, per loro, è che la strage è stata compiuta in Russia, dove, riporta Jezza, “se dici all’agente che ti sta interrogando che non conosci il mandante, questo ti colpisce sui gomiti con un martello finché non lo conosci”. Sì, si tratta di tortura; e sicuramente tutto sarebbe più semplice con i metodi usati dall’agente segreto Jack Bauer, interpretato da Kiefer Sutherland nella serie tv 24, o dai vari attori che hanno portato sul grande schermo James Bond, personaggi citati proprio da Clarkson nel suo articolo. A loro bastavano solamente pochi minuti per scoprire “il luogo in cui si trovava la bomba nucleare”. Mentre i poliziotti russi, invece, “hanno tirato fuori elettrodi e dio solo sa cos’altro. A quanto pare - riporta Jeremy - uno dei terroristi è stato costretto a mangiare il suo orecchio mozzato”. Ma quanto di ci può fidare di simili confessioni? In fin dei conti, scrive ancora Jezza, “anche Conor McGregor sarebbe incapace di mantenere un segreto se i suoi testicoli fossero attraversati da ottanta volt di elettricità”. Comunque sia, la tortura in Russia avrà pure funzionato, ma, sottolinea Clarkson, “è ovviamente sbagliata”. Il suo articolo termina con la descrizione di cosa sarebbero capaci di fare dei poliziotti svizzeri se autorizzati a torturare qualche banchiere, e soprattutto con la difficile situazione della giustizia e dei suoi operatori nel Vecchio continente, dove “tutto ciò che possono fare e dargli (a un presunto colpevole, ndr) un’altra tazza di tè. Ma è così che deve essere”.