“Ho smesso di drogarmi. Vedrete, farò dei test. Esami di ogni tipo per dimostrare che è tutto vero. Ho tanti progetti, uno anche con dei ragazzi disabili. Prima fumavo di brutto, ma proprio tantissimo. Uno dei miei disturbi è di non avere limiti. Se mi dai le caramelle io finisco il pacchetto. Quindi provo a evitare quello che mi fa male, anche se mi piace. Un po’ tutto ho provato, tranne l’eroina”, queste le parole di Achille Costacurta, vent’anni, figlio di Martina Colombari e Billy Costacurta, in una diretta TikTok nel settembre del 2024. Poi aveva condiviso mesi fa con i suoi follower l’inizio di un percorso di disintossicazione, affrontato a Marbella, in Spagna. “Cinque giorni senza alcol e senza droga”: un messaggio che segnava l’avvio di una nuova fase della sua vita: la scelta di liberarsi dalle dipendenze e iniziare a costruire una quotidianità sobria. Oggi a parlare di lui è la madre, che compirà 50 anni il prossimo 10 luglio. Lo ha raccontato in una lunga intervista al Corriere della Sera, dove ha parlato dei suoi limiti, delle paure e soprattutto del disagio mentale attraversato da suo figlio. E di quanto, ancora oggi, si faccia fatica a parlare di salute mentale senza essere giudicati.

“Achille sta meglio”, ha spiegato la Colombari. “La sua è la storia di tanti adolescenti e post-adolescenti in un mondo complicato. I social si sono accaniti con lui perché è figlio di due personaggi pubblici. Ma ci sono tante situazioni simili”. Un racconto che squarcia il velo di ipocrisia sul disagio mentale che dilaga tra i ragazzi, ma che viene ancora trattato come una debolezza da nascondere. “Ora è tutto più chiaro, è seguito dalle persone giuste. Ci è voluto tempo. Ma noi gli siamo sempre stati vicini”. È un racconto che svela anche i colpi bassi ricevuti in momenti delicati. “Una giornalista, in tv, è arrivata a dirmi che mio figlio aveva bisogno di una che fosse più madre e meno donna. È la più grande cattiveria che una donna possa dire a un’altra”, ha confidato. “Ho avuto il mio bel da fare con me stessa, ma ho trovato chi mi ha sostenuta”. Oggi sa bene che la perfezione non esiste: “Achille mi ha insegnato che non posso controllare tutto. Un genitore non è un carabiniere”. E infatti ha deciso di farsi aiutare, di confrontarsi con esperti e di parlare pubblicamente di una fragilità che accomuna molti: “Ho amici con figli che soffrono, altri che non escono di casa da anni. La condivisione è importante. E soprattutto: non dobbiamo giudicare”.

Una riflessione che dovrebbe essere centrale nel dibattito pubblico. Perché di disagio mentale si parla ancora troppo poco, o troppo male. “A volte sembra che tutti vogliano fare i genitori al posto tuo. Sono tutti più bravi di te”. E invece quello che serve davvero è meno giudizio, più empatia e soprattutto la consapevolezza che no, soffrire non è una colpa. Non è facile gestire un figlio che attraversa un disagio psicologico, soprattutto quando attorno c’è un chiacchiericcio continuo, le voci si rincorrono, le malelingue si moltiplicano e non mancano mai le illazioni più stupide e offensive. Non è semplice farlo per nessun genitore, figuriamoci per chi è sotto i riflettori da sempre. E allora vale la pena ribadirlo: anche i personaggi pubblici, anche quelli che no non ci piacciono, hanno diritto alla privacy, al silenzio, al rispetto. Anche loro hanno diritto a vivere il dolore lontano dai riflettori, senza che ogni parola venga trasformata in giudizio o spettacolo. Una verità che troppe volte viene soffocata da un pregiudizio che oggi dovrebbe già essere archiviato.