Le stragi sul lavoro sono un fenomeno che andrebbe definitivamente eliminato. Senza mezzi termini, senza scappatoie. La sicurezza è un valore sul quale nessuno dovrebbe soprassedere, e su questo non ci piove. Non ci deve piovere. Eppure i morti ci sono, ma alcune volte l'impatto mediatico della tragedia è più forte che in altre. La strage alla centrale Enel di Suviana è uno di questi casi, sia per le modalità con cui è avvenuta, sia per l'importanza dell'azienda coinvolta. Come in altri casi simili, il naufragio della Costa Concordia, la strage ferroviaria di Brandizzo, il crollo del capannone di Esselunga a Firenze, una delle prime cose che salta all'occhio è la reazione dell'azienda di fronte alla tragedia. Tra potenziali responsabilità, colpe e compensazioni, non tutti gli amministratori delegati si comportano allo stesso modo, e la reazione di Salvatore Bernabei, AD di Enel Green Power, in questi giorni, è stata sotto gli occhi di tutti. Affranto e pragmatico, lo abbiamo visto tutti. Se ci saranno responsabilità, ovviamente lo dirà la magistratura. Quello che possiamo fare, nel frattempo, è capire lo stile di comunicazione adottato, e per farlo abbiamo contattato una delle figure più competenti in materia: Andrea Camaiora, giornalista, esperto in reputation e crisis management, ceo del Gruppo The Skill.
Fondo da 2 milioni di euro, il team di psicologi e il sostegno logistico alle famiglie. Dal punto di vista della comunicazione, quella di Enel è una mossa giusta o si può interpretare come ammissione di colpa?
Intanto non è una ammissione di colpa, ma un’assunzione di responsabilità. In qualsiasi scenario non parlerei di colpa ma di responsabilità e comunque, cercando di andare oltre il disastro sul piano tecnico e oltre la tragedia dal punto di vista umano, ritengo che la gestione del caso da parte di Enel Green Power entrerà nei manuali delle nostre materie come caso assolutamente ben gestito. L’ad Salvatore Bernabei ha fatto una gran bella figura, perché nelle dichiarazioni è risultato sia autentico sia al tempo stesso misurato, oltreché bravo a spiegare che quella dei subappalti è una falsa pista per andare a ricercare la causa del disastro. In generale tutto il team Enel ha fatto un grande lavoro.
Enel Green Power ha listato a lutto la homepage del sito web e ha pubblicato il messaggio in cui annunciava i provvedimenti presi soltanto su LinkedIn, e non in nero ma con il colore del brand. Come mai ha tenuto fuori Instagram e Facebook dalla comunicazione?
Ci possono essere una pluralità di ragioni. Anche sul piano social, mi pare evidente l’intento dell’azienda di far passare immediatamente il proprio cordoglio, la partecipazione sentita rispetto a ciò che è accaduto e la presa di consapevolezza della vicenda. Probabilmente si è scelto un social frequentato da persone più abituate a riflettere come LinkedIn e nel quale la percentuale di hater è assai ridotta.
Studiamo le interviste di Bernabei. In una ha insistito sulle azioni da intraprendere: è un momento delicatissimo, dobbiamo stare vicini alle famiglie con azioni concrete. Non è il momento di parlare di cause.
Trovo che Bernabei sia stato bravissimo, nei toni e nei contenuti anche perché da subito, come si dice, ci ha messo la faccia andando direttamente sul posto. Se brucia casa non ti preoccupi se l’incendio sia scoppiato perché ha appiccato il fuoco tuo figlio a una tenda, se è bruciata una pentola in cucina o un corto circuito del condominio. Pensi a mettere in salvo i tuoi familiari e te stesso. Bernabei non ha modo di eludere il tema delle cause, sulle quali sta indagando la procura di Bologna, retta da un magistrato molto stimato, il procuratore capo Amato. Inoltre Enel è una grande azienda, fiore all’occhiello dell’Italia, uno dei nostri campioni, non solo nel nostro Paese, ma di portata mondiale. È essa stessa interessata a indagare a fondo per capire cosa è accaduto e perché. È senz’altro l’ossessione delle ultime ore di ogni manager di prima e seconda fila dell’azienda.
Poi ha chiarito e ribadito che "non c'è nessuna catena di subappalti. Non meritiamo queste dichiarazioni. Vi chiedo rispetto".
E ha ragione! In Italia subappalto è sinonimo di calo di professionalità, pastette, pasticci, irregolarità. Non è certo invece il modus operandi di una multinazionale del calibro di Enel che, quando si muove, non agisce animata in primo luogo da una logica di risparmi, ma piuttosto di esecuzione a regola d’arte. Per questo l’ad Bernabei insiste nel dire che Enel Green Power ha coinvolto le aziende migliori nei rispettivi campi e che queste, a cascata, hanno coinvolto i migliori professionisti. Se giochi in serie A non fai scendere in campo atleti che disputano campionati dilettantistici.
Si è spazientito soltanto quando gli hanno menzionato i problemi di sicurezza segnalati dai sindacati, e ha risposto che era un normale aggiornamento tecnologico pianificato. Esasperazione?
Certo, esasperazione. Probabilmente Bernabei era indignato per l’atteggiamento spregiudicato di alcuni. Basti vedere il comportamento per nulla dignitoso tenuto dal segretario Cgil, Landini, nei confronti della Cisl. Vite perdute o a rischio non possono essere il terreno per una speculazione politica fra sindacati. Il leader Cisl, Sbarra, gli ha risposto con grande stile, spiegando che forse Landini si è distratto mentre la Cisl annunciava lo sciopero. Tuttavia, un conto è scioperare, per manifestare un diritto a lavorare in sicurezza, un principio giusto e sacrosanto. Un altro è negare la realtà e polemizzare a cadaveri ancora caldi.
Tra le altre ditte coinvolte, soltanto ABB ha commentato ufficialmente l'accaduto con una nota sul sito web. Il silenzio può essere una strategia vincente?
Non è questo ciò che insegniamo all’università e ciò che ci dice l’esperienza da consulenti nei casi di crisi più delicati che abbiamo gestito, né quello che la nostra coscienza e il buonsenso ci consigliano.
Giuseppe Petrone, responsabile dei sommozzatori, ha detto che il quadro generale gli ricorda la Costa Concordia. Che analogie trova?
Lui ha parlato tecnicamente, dal suo punto di vista. Ma la linea dell’ad di Costa, almeno inizialmente, fu totalmente sbagliata. Si trincerò dietro il no comment. Quella di Enel Green Power è una linea di trasparenza a assunzione di responsabilità dell’ad e di conseguenza di tutto il management. Quindi dal nostro punto di vista tecnico, non c’è alcuna analogia.
Qualche confronto con Enel, sempre dal punto di vista della crisis communication. Nel caso della strage di Brandizzo, la strategia di RFI fu quella di contrattaccare, scaricando tutto il peso su Si.Gi.Fer. (i lavori non erano autorizzati correttamente, hanno ignorato le regole). Più adeguata al contesto? Meglio? Peggio?
Un altro caso di scuola, questa volta positivo e non negativo come quello della compagnia Costa, è stato l’assunzione di responsabilità che circa venti anni fa ha caratterizzato il gruppo della GDO francese Leclerc di fronte a un caso di intossicazione alimentare causata da un prodotto di una piccola azienda che si trovava sugli scaffali dei supermercati francesi. Anche se Leclerc avrebbe potuto scaricare le responsabilità ha voluto assumere fino in fondo la regia della strategia di comunicazione, anche perché sentiva di aver avuto un ruolo, anche se in minima parte. La strategia di Leclerc fu vincente.
Sul capannone Esselunga crollato a Firenze, invece, l'azienda adottò il silenzio totale.
Una regola conosce eccezioni. Esselunga non ha sbagliato in quel caso e l’evoluzione della vicenda le ha dato ragione.
Tornando al Ponte Morandi, come è stata gestita la comunicazione?
Mi sono occupato in prima persona per due anni del processo sotto il profilo comunicativo. Credo che sia chiaro a tutti coloro i quali hanno studiato le carte di quella inchiesta e che hanno frequentato le udienze che chi affiancava i vertici di Atlantia a Aspi all’epoca dal momento del crollo del ponte ha sbagliato tutto ciò che poteva sbagliare. Un clamoroso disastro. Uno su tutti: l’ad dell’epoca Castellucci, fu sul posto, lavorando in prima persona già appena due ore dopo il crollo. Ma il senso di responsabilità fu celato ai media. Fu piuttosto evitato il contatto con i giornalisti, così come l’espressione immediata di cordoglio. Un semplice atto di umanità. D’altra parte è normale solo in Italia che un’azienda del calibro di Aspi possa non avere un team sempre attivo e altamente qualificato nella prevenzione e gestione della crisi dal punto di vista comunicativo.
Per contrastare le morti sul lavoro, può davvero essere utile introdurre il reato di omicidio sul lavoro?
Non sono un grande avvocato penalista e quindi su questo la mia opinione vale poco. Ma mi pare di tutta evidenza, come dimostra l’omicidio stradale, che creare reati e inasprire le pene non risolva nulla. Anzi, rende ancora più difficile arrivare a un accertamento delle responsabilità.