In tanti lo chiamano “lecca*ulismo”: è un fenomeno giornalistico che precede l’amichettismo – lemma coniato da Fulvio Abbate. Mentre, per così dire, l’amichettismo è comitivistico, il lecca*ulismo è “ad culum”, anzi, all’interno della stessa appartenenza politica, i lecca*ulo competono tra di loro. Marco Travaglio fa un’ulteriore distinzione: ci sono i “lecca*ulo”, che sono concentrati soltanto su un culo, e ci sono i “leccaculi”, che invece cambiano culo a seconda di come gira il fumo del potere. Anche Ivan Zazzaroni parla di lecca*ulismo “artistico” nel mondo del giornalismo sportivo. E che dire dei giornalisti compiacenti nei confronti delle etichette discografiche? Il lecca*ulismo è un fenomeno trasversale. Giorgio Gaber li chiamava “coraggiosi lecca*ulo travestiti da ribelli”. Adesso, premettiamo: è difficile distinguere un lecca*ulo da un bravo giornalista, anche perché crediamo nella lezione di un “leccaculi” (secondo Marco Travaglio), Giuliano Ferrara, secondo il quale non può esistere un giornalismo che non sia fazioso. La sottile distinzione tra leccaculismo e faziosità è labile. Quello che è certo è che, oramai, siamo in questo campo dell’imponderabile e abbiamo sorpassato, e di molto, quello che già ieri, ma sembra un secolo fa, chiamavamo TeleMeloni. Qui oramai non si tratta più del piazzare amici o apertamente schierati, di conquistare il potere mediatico o di aspirare a una sorta di egemonia culturale della destra. Il “caso” è esploso con la mancata copertura Rai delle elezioni francesi. La vulgata è ovvia: a Giorgia Meloni non piace la sconfitta di Marine Le Pen quindi, mentre Mediaset e La7 ne discutevano ampiamente, in Rai la notizia del giorno si relegava alle 23,15 su Raitre. Persino su Rainews24 – rete dedicata all’informazione – è andata in onda in diretta da Pomezia la terza serata del “Festival delle città identitarie” (cosa significa per una città essere “identitaria” resta un mistero del lessico sovranista) condotto – scrive Open – “dai ben apprezzati meloniani Edoardo Sylos Labini e Incoronata Boccia”.
Probabilmente, maligna qualcuno, il direttore di Rainews24, Paolo Petrecca, ha preso due piccioni sovranisti con una fava identitaria, poiché a esibirsi c’era Alma Marena, la sua compagna. E tutto questo subito dopo la querelle su Serena Bortone e il monologo antifa di Antonio Scurati e dei finti applausi montati sopra ai fischi rivolti al ministro Gennaro Sangiuliano a Taormina durante Taobuk. Dare la notizia che la Rai stravolga la realtà a favore del governo in carica è cosa buona e giusta. L’approccio morale e scandalizzato un po’ meno. Più o meno tutte le testate giornalistiche (se ne salvano davvero pochine) hanno un editore di riferimento. E l’editore di riferimento della Rai è sempre stato la politica. Quello che si lamenta, al di là delle pulci che si fanno ogni giorno a questa o a quella faccenda, è in buona sostanza un mancato rispetto della ripartizione del potere mediatico Rai tra le varie forze politiche, il famoso “manuale Cencelli” che non scontentava nessuno. Quello che è certo è che da sempre i partiti politici hanno accusato, velatamente o meno, di “lecca*ulismo” i giornalisti che parteggiavano, più o meno apertamente, più o meno con una faccia di bronzo, per gli avversari. Siamo di fronte a semplice faziosità o a vero e proprio lecca*ulismo? I giornalisti che si comportano in questa maniera sono autonomi, ossia, come si dice “più realisti del Re”, oppure sono eterodiretti? Gli esempi non mancano: dai giornalisti democristiani della prima Rai a quel campione assoluto di Emilio Fede, da Fabrizio Rondolino “innamorato” di Matteo Renzi e suo spin doctor, a Claudio Velardi, legato a doppio filo con la sinistra e in particolare con Massimo D’Alema e oggi serenamente impegnato a divulgare il lobbismo (i giornalisti partigiani sono lecca*ulisti o lobbisti?). Corrado Formigli che presenzia alla serata di Fanpage sulla “Gioventù Meloniana” è lecca*ulista, partigiano o con la schiena dritta? Bruno Vespa, il gran maestro del filogovernismo, ebbe il coraggio di dirlo, svelando il suo carattere, o la sua maniera di intendere il giornalismo: “Il mio editore di riferimento è la Dc”. Si suppone che, essendo storicamente Rai 1 in mano al governo, sia il governo l’attuale editore di riferimento di Vespa.
I retequattristi come Paolo Del Debbio sono lecca*ulisti o credono davvero in quello che dicono? Ricordo che i Cinquestelle delle origini, quando Beppe Grillo diceva dei giornalisti “lecca*ulo e servi, non vi vergognate”, avevano in mente una legge a favore dell’editoria “pura”. Ma può essere pura l’editoria se è in mano agli umani? Vale per l’editoria ciò che vale per il marxismo: appena c’è sentore di potere ecco che l’umano impazzisce. Forse ci salverà l’intelligenza artificiale. A seguito della polemica sulla voragine giornalistica (altro che “buco”) della mancata copertura alle elezioni francesi si è dimessa la vicedirettrice di RaiNews24, Ada Baldi, che, al momento, pare si sia immolata alla causa del partito o a quella di Petrocchi, ove fossero due faccende diverse, ed è abbastanza certo che le dimissioni non verranno accettate. Questo per dire che il lecca*ulismo (con i dovuti distinguo, con le dovute precisazioni) c’è sempre stato e non mi sembra neanche che ci sia mancanza di libertà informativa: come è sempre accaduto una notizia censurata si moltiplica all’infinito. Resto fedele a quanto diceva Karl Kraus, che del giornalismo aveva compreso tutto: “La libertà di pensiero ce l’abbiamo. Adesso ci vorrebbe il pensiero”.