“Economia, politica, società: il punto sulle notizie del giorno a partire dai dettagli che le compongono - frammenti in grado di illuminare la realtà più profonda delle cose”. Sono queste le parole scelte da Ferruccio de Bortoli, due volte direttore del Corriere della Sera e tra i più autorevoli giornalisti italiani, per raccontare la sua rubrica, Frammenti. Da lunedì al venerdì a mezzogiorno, de Bortoli commenterà alcune notizie importanti di attualità e tra queste ha scelto, per il suo primo articolo, il tema taxi e il tema Stellantis. Economia inquinata da licenze e oligopoli imposti dall’arroganza di una classe di professionisti. È questa la diagnosi, condivisa e forse non troppo originale di de Bortoli: “Non sappiamo che cosa sia saltato in mente a chi ha proposto l’introduzione dell’algoritmo per decidere le tariffe dei taxi. Lo ha fatto, in un’audizione alla Comissione Attività produttive della Camera, l’Unione dei Radiotaxi. In via del tutto astratta non ci sarebbe niente di male perché si applicherebbe la legge della domanda e dell’offerta, se il bene è scarso è più caro. Ma che ciò accada in un settore in cui chi vi lavora l’offerta non la vuole, ostinatamente, aumentare, è abbastanza singolare, per non dire peggio”. Allora si chiede, per un sistema così malato, quale potrebbe essere la cura? Forse una provocazione: “Succede che si applichi l’algoritmo (con aspetti però scandalosi) per i voli. Succede (con eccessi ugualmente intollerabili) per gli alberghi in alta stagione e nelle settimane di grandi avvenimenti nelle città. Però, a ben pensarci, lo si potrebbe fare anche per i taxi. A un patto però: che tutti gli utenti delle auto pubbliche, spesso introvabili, siano rimborsati per le lunghe attese ai centralini o per tutte le volte in cui, anche attraverso le app, la loro chiamata va a vuoto. Sono registrati, sono clienti abituali seppur non affezionati. E potrebbe accadere un po’ quello che è previsto per i ritardi dei treni. Ci state?”
E poi una stoccata al solito immobilismo politico: “In un Paese civile quello che sta accadendo al di fuori delle stazioni ferroviarie, degli aeroporti delle principali città e in alcune ore del giorno - e tutto ciò nonostante qualche bando per nuove licenze - dovrebbe essere motivo di vergogna nazionale. E dovrebbe muovere, bipartisan, maggioranza e opposizione. A tutela non solo di chi viaggia ma anche di chi lavora con correttezza svolgendo un servizio pubblico. Ma forse ci stiamo rassegnando e non abbiamo nemmeno il coraggio di mettere qualcuno - con la sua bella divisa, riconoscibile - che dica qualcosa ai tanti turisti in fila, che li aiuti e magari lo conforti. Ospiti che ci giudicheranno (malissimo) dal modo in cui sono stati accolti nelle città che sognavano, magari da una vita, di visitare”. Poi si passa alla crisi nel settore automotive, di cui vi abbiamo già parlato, e all’audizione di Tavares in Parlamento, dove si è trovato di fronte un’opposizione così compatta che quasi non si spiega l’incapacità dei leader di costruire un campo largo (anche se Luciano Violante, che ha commentato anche il caso Elkann-Stellantis, un’idea ce l’ha e ce lo ha spiegato qui). “C’era una volta la Fiat, alla quale nessuno diceva (anche sbagliando) di no. Si abituarono al consenso che, in dosi eccessive, fece in qualche caso perdere di vista l’urgenza dei problemi, specie quando ci si protesse dall’importazione di auto giapponesi. Oggi c’è Stellantis. Il suo chief executive officer Carlos Tavares (in anticipata, anche qui incomprensibile, scadenza) è riuscito nell’epica impresa di far andare d’accordo maggioranza e opposizione in un’altra (travagliata, e più commentata) audizione davanti alle Commissioni delle Attività produttive di Camera e Senato. Un’insperata unità nazionale. Un capolavoro di comunicazione che verrà studiato, in negativo, persino nelle università”.