Dimenticatevi le auto francesi, le lussuose berline tedesche e le affidabili giapponesi e sudcoreane. In Europa il futuro dell’automotive parlerà sempre più cinese, con marchi e brand sconosciuti made in China che si contenderanno un mercato ghiottissimo. Il fenomeno è già in atto e i numeri sono lì a dimostrarlo. Il report “L’auto cinese in Italia: conoscere per decidere”, pubblicato dall’Osservatorio Auto e Mobilità della Luiss Business School ha fotografato un aumento delle esportazioni di auto cinesi verso l’Europa del 432% nel biennio 2020-2022 (a fronte di una crescita globale del 233%). Le importazioni di vetture d’oltre Muraglia in Italia sono invece cresciute di oltre sette volte nella stessa parentesi temporale, precisamente del 640%, per un valore economico che nel 2022 ha toccato quota 368,6 milioni di euro. Nei primi nove mesi del 2023, invece, i veicoli cinesi importati nel nostro Paese e comprati dagli italiani sono stati circa 59.400, l’equivalente di una quota di mercato pari al 5% (in crescita rispetto al 3% del 2022); nella sola prima metà del 2023 le case automobilistiche del Dragone hanno incassato 622,5 milioni di euro dall’Italia, e cioè quattro volte tanto rispetto allo stesso periodo rilevato nel 2022 (268%). Nell’intero continente le auto prodotte ed esportate dal gigante asiatico costituiscono il 4,8% del mercato con 462.600 immatricolazioni, un balzo in avanti rispetto alla quota del 4% e alle 455.400 vendite del 2022. Insomma, in Europa arriva circa il 20% delle auto esportate dalla Cina e il trend è in continua crescita. In attesa di capire come si muoverà l’Unione europea - che ha annunciato l’apertura di una indagine anti-dumping sulle importazioni in Europa di auto elettriche cinesi - e al netto delle statistiche, c’è un fatto curioso che non è stato fin qui approfondito a sufficienza: la somiglianza estetica, in alcuni casi del passato abbastanza evidente, tra le auto prodotte dalle aziende della Repubblica Popolare Cinese e quelle sfornate dai costruttori occidentali. Sarà così anche in futuro?
La “guerra dei cloni”
Più che la “guerra delle auto cinesi” c’è chi l’ha definita ironicamente la “guerra dei cloni”. Il motivo non è difficile da immaginare: nel corso degli anni gran parte dei modelli delle auto prodotte in Cina ha (spessissimo) assunto le sembianze di quelle realizzate in Occidente. Fino al periodo pre-Covid, inoltre, durante i saloni automobilistici internazionali andava in scena un singolare fenomeno. Subito dopo il debutto mondiale di una nuova vettura, un gruppo di quelli che sembravano essere giornalisti cinesi si precipitava a scattare foto molto dettagliate del veicolo appena sfornato. Come hanno spiegato vari esperti, quello era il momento in cui analisti, tecnici e delegati di marchi cinesi iniziavano a prendere le misure esatte dell'auto presentata. Il loro compito? Raccogliere informazioni sui mezzi. Una volta eseguita la missione ci penserà poi la loro casa automobilistica – in un periodo compreso tra pochi mesi e un paio di anni - a proporre modelli dallo stile simile per il mercato cinese. Modelli che non raggiungeranno i mercati occidentali ma che resteranno confinati in Cina. Nonostante oggi esistano aziende automobilistiche cinesi ambiziose, tecnologiche e all’avanguardia, che mettono in mostra con orgoglio veicoli avveniristici con i quali sfidare i brand occidentali, passeggiando in uno dei principali saloni automobilistici cinesi, come quelli di Pechino o Shanghai, potreste imbattervi ancora adesso in auto realizzate da marchi sconosciuti che susciteranno in voi un insolito senso di dejà vu. Certo, la pratica è meno comune di quanto lo fosse una volta, ma alcuni modelli made in China sono ancora evidenti imitazioni – altro che fonti di ispirazione - difficilmente distinguibili dagli originali.
Copia e incolla
Dal sosia della McLaren, alle imitazioni della Mini, dalla Rolls-Royce alternativa all’altra Maybach. La carrellata di doppelganger cinesi è piuttosto corposa e presenta imitazioni di vario genere. Basta fare un giro su Google per rendersene conto. Di seguito abbiamo selezionato i casi più emblematici. Pronti, via con la carrellata. Al Motor Show di Pechino del 2015 ha trovato spazio la T600 di Zotye, da subito apparsa un’evidente imitazione dell’Audi Q5, mentre la Zotye E200 era una piccola auto elettrica a due porte progettata per la città seguendo gli stessi criteri estetici della Smart ForTwo. Un altro prodotto di Zotye rientra nella categoria déjà vu: si tratta della SR9 esposta al Motor Show di Shanghai 2017, dai tratti molto simili a quelli di una Porsche Macan. Nello stesso anno e nella stessa esposizione faceva capolino anche il monovolume Lifan Xuanlang. I suoi prezzi, all’epoca, partivano da circa 69.000 yan (circa 7.835 sterline), una cifra molto più economica di quella necessaria per accaparrarsi la fonte ispiratrice Ford S-Max. Curiosa la vicenda della casa automobilistica cinese Hanteng Autos, lanciata in Cina nel 2016 e in grado, in appena 12 mesi, di realizzare l’omonima Hanteng, un richiamo esplicito all’I-Pace di Jaguar. La Dongfeng Motor Corporation ha una lunga storia di joint venture con grandi marchi occidentali, inclusi Honda, Nissan e Renault; ebbene, la berlina Jingyi S50, che non è il prodotto di tale sinergia, ricalca in maniera forse troppo esplicita le linee della Volkswagen Passat. E ancora: Byd Yuan è una proiezione di Ford EcoSport; Kdc Regola è stato invece un tentativo piuttosto rozzo di ricreare una McLaren; il BAIC BJ80 ha riprodotto una Mercedes Classe G con caratteristiche cinesi, mentre il Baic X424 ha un accenno alla Jeep Cherokee (ricordiamo che BAIC produce anche auto a marchio Mercedes per il mercato cinese). La Lifan 330, lanciata nel 2013, aveva più di un accenno alla Mini Cooper di seconda generazione e il frontale di Fiat 500L, così come la Chery Riich M1 richiamava la Toyota Yaris. Avete invece voglia del lusso di una Rolls-Royce Phantom, ma non hai abbastanza soldi? Geely Ge potrebbe fare al caso vostro. Volete qualcosa di low cost che sembri una Maybach? Puntate su Hongqi. Changan CS55 ha imitato il Discovery Sport di Jaguar Land Rover, proprio come il Cx70T. Il LandWind X7 ha spudoratamente copiato la Range Rover Evoque. L’elenco potrebbe continuare con l’Audi R8 copiata da CH Auto Lithia, Tesla Model S da Youxia Ranger X, Kia Picanto da Yogomo 330, Mercedes-Benz Classe C da Geely Merrie 300, Fiat Panda da Great Wall Peri, Maggiolino Volkswagen da Great Wall Ora e così via.
Passato, presente, futuro (e legalità)
L’aspetto positivo è che la stagione del copia e incolla – almeno quella più spudorata – sembrerebbe essere alle spalle. Ciononostante, alcuni marchi attuali continuano in qualche modo a richiamare noti modelli europei, seppur con una chiave del tutto diversa rispetto ai casi di spudorata imitazione sopra elencati. L’altro aspetto positivo – ma solo in parte - coincide con il fato che, al netto di imitazioni vere o presunte, i modelli citati sono disponibili solo in Cina. Dall’altro lato è vero che se il mercato cinese si riempie di imitazioni a buon prezzo dei marchi occidentali, questi ultimi devono fare i conti con una concorrenza sleale dal punto di vista della presunta violazione di copyright e diritti d’autore. In generale, spiegano gli esperti, non esiste una legge internazionale sul diritto d’autore, ma solo accordi internazionali - come la Convenzione di Berna - per la protezione delle opere letterarie e artistiche. Significa quindi che i Paesi devono reciprocamente riconoscere le leggi sulla proprietà intellettuale. Cosa che in Cina non spesso avviene con efficacia, come dimostrano gli esempi riportati. Inoltre, se un'azienda ritiene che un suo progetto sia stato copiato, e intende dimostrarlo, non ha vita facile, dovendo dimostrare l’esistenza di una copia valutando le somiglianze oggettive e il fatto che queste siano il risultato di una derivazione dal design originale anziché di una creazione indipendente. Qualche anno fa, però, Jaguar Land Rover ha vinto una causa in Cina contro Jiangling Motors dopo che un tribunale di Pechino aveva stabilito che il suv Landwind X7 dell'azienda assomigliava troppo alla Range Rover Evoque. La produzione del clone economico fu costretta a cessare. Ora che il gigante asiatico ha appreso il know how automobilistico necessario per camminare con le proprie gambe non dovremmo assistere ad una nuova “guerra dei cloni”. Certo è che la difesa della proprietà intellettuale dovrebbe precedere, se non affiancare, le preoccupazioni che la concorrenza di un marchio realmente e interamente made in China possa sbaragliare i mercati occidentali. E questo vale per qualsiasi prodotto, dalle auto agli smartphone. Nel frattempo, secondo un report della società di analisi PwC, entro il 2025 potrebbero essere importate in Europa fino a 800 mila autovetture di fabbricazione cinese, 330 mila delle quali realizzate da case automobilistiche occidentali che esportano dalla Cina ev diretti nel Vecchio Continente.