Negli ultimi tempi le cronache politiche sono puntellate da riferimenti a dossieraggi, caso Striano (dal nome del sottufficiale della guardia di finanza coinvolto) e, nuova tappa, a notizie relative ad accessi non autorizzati ai conti correnti bancari di Giorgia Meloni e di altre figure di primo piano. Ma cosa sta succedendo? E dobbiamo preoccuparci in quanto italiani? Ce lo spiega e ci dà una risposta Daniele Capezzone: il direttore editoriale di Libero definisce il tutto come “il più grave e profondo episodio di spionaggio di massa da sessant’anni a questa parte” e lo descrive come una “fogna della Repubblica”, un sistema maleodorante che getta discredito sull’intero apparato democratico.
L'inchiesta, che riguarda l'accesso illegale a dati sensibili di figure politiche di primo piano, evidenzia l'interessamento in particolar modo nei confronti di esponenti del centrodestra. Tra le vittime figurano nomi noti come Guido Crosetto, ministro della Difesa, Francesco Lollobrigida, Giancarlo Giorgetti e molti altri esponenti di Fratelli d’Italia, Forza Italia e Lega. Capezzone sottolinea come le operazioni si siano intensificate proprio nei giorni successivi alla nascita del governo Meloni, con una “accelerazione parossistica” proprio al momento del giuramento del nuovo esecutivo.
Il caso di Guido Crosetto è emblematico: il 22 ottobre 2022 giura come ministro, e appena cinque giorni dopo, il quotidiano Domani, di Carlo De Benedetti, pubblica tre articoli basati su dossier provenienti dagli accessi abusivi compiuti da Striano. Capezzone evidenzia la tempistica a suo dire sospetta e commenta: “Ognuno comprende l’oggettiva valenza di questo timing: se si riesce subito a far cadere come un birillo un ministro di peso, può venir giù tutto il castello di un governo appena nato”. Gli accessi illegali sui conti di Crosetto sarebbero cominciati già durante l’estate del 2022, ma l’interesse per la sua posizione era scemato quando l’esponente di Fratelli d’Italia aveva deciso di non candidarsi alle elezioni. Tuttavia, tutto è cambiato quando Crosetto è entrato nel “totoministri” del governo Meloni. Questo dimostra, secondo Capezzone, che non si trattava di “interesse giornalistico”, ma di un’operazione con una “chiara connotazione politicamente motivata”.
Ma non è solo la parte più strettamente politica a essere colpita. Il giornalista racconta di come gli accessi illegali riguardino anche imprenditori ed editori non legati alla sinistra. Tra i nomi citati, Capezzone include Gianluigi Aponte, Danilo Iervolino e Antonio Angelucci, suggerendo un’operazione di dossieraggio su larga scala che aveva come obiettivo chiunque potesse rappresentare un ostacolo. Capezzone descrive il metodo utilizzato come “pesca a strascico”: a quanto pare si cercava di raccogliere quante più informazioni possibili su individui selezionati, con l’intento di colpirli per via giudiziaria o “sputtanarli giornalisticamente”.
Ma per Capezzone ridurre il tutto all’aspetto della stampa sarebbe riduttivo e fuorviante: “Vogliamo credere – chiede – che un sottufficiale della Guardia di Finanza si sia esposto al rischio di commettere reati gravissimi solo per passare delle carte ai giornalisti amici?”. La domanda retorica suggerisce che dietro il caso ci sia una rete di potere ben più complessa, e Capezzone avanza l'ipotesi che Striano possa essere stato un terminale di richieste provenienti da diverse parti, anche esterne al perimetro istituzionale.
Un altro punto delicato sollevato da Capezzone riguarda la gestione interna della guardia di finanza. Il sottufficiale Striano, infatti, era stato incardinato presso la Procura Antimafia e aveva ricevuto numerosi encomi dai suoi superiori. La domanda che il direttore editoriale di Libero si pone è: “Come mai nessuno ha vigilato adeguatamente su di lui?”, alimentando ulteriori sospetti sul ruolo di Striano e sulle coperture di cui avrebbe goduto.
Capezzone tocca anche un argomento ancor più delicato, chiedendosi se “spezzoni di intelligence estera” abbiano beneficiato di questo materiale sensibile. Secondo il giornalista, non sarebbe difficile immaginare che attori politici o economici stranieri possano aver avuto interesse a usare queste informazioni contro figure chiave del panorama italiano: “Non occorre molta fantasia per immaginare quanti, anche fuori dai confini nazionali, potessero essere interessati a tenere sotto ricatto figure chiave della nostra Repubblica”, afferma.
In conclusione della propria analisi, Capezzone su Libero si interroga poi sugli aspetti giudiziari: “Come mai, nel paese in cui si abusa delle misure cautelari, nel caso […] non sono state ancora disposte, nonostante la richiesta della procura […]? E come mai misure restrittive non sono state disposte dall’inizio di tutta questa vicenda? Questo fatto ha un qualche rapporto con la possibilità che materiale probatorio decisivo possa essere stato occultato o distrutto da qualcuno?
Un altro punto critico riguarda il materiale raccolto: “Davvero vogliamo credere che, a fronte di 40 mila soggetti vittime di accesso abusivo, e di almeno 200 mila documenti scaricati sul loro conto, tutto sia confluito in appena 5-6 articoli di un paio di quotidiani? E tutto il resto del materiale che fine ha fatto?”. Domande che per ora non hanno risposta.