Falsissimo, il format di Fabrizio Corona, riesce a creare problemi anche a distanza di tempo. Succede con la puntata Adolescence girata a Noha, frazione di Galatina in provincia di Lecce, dove l'ex paparazzo era andato a indagare su un pestaggio, che all’inizio era stato presentato dai giornali come un semplice episodio di bullismo. In realtà, la vicenda si era rivelata molto più intricata. I media nazionali, da Repubblica al Corriere, avevano rilanciato versioni distorte, spesso basate su fake news, trasformando la storia in qualcosa di molto diverso dalla realtà. Corona spiegava che la sua inchiesta era nata da una “fonte zero” anonima che lo aveva contattato su Instagram, inviandogli video originali, nomi, profili social e persino una foto sospetta. Da lì lui si era messo nei panni di una sorta di “Batman” o “commissario”, perché - diceva - in un territorio dove le istituzioni sembravano assenti, la gente cercava lui per far emergere la verità. Andando avanti, scopriva che tra i nomi compariva quello dei Coluccia, famiglia storicamente legata alla Sacra Corona Unita, segno che dietro la baby gang si nascondeva un contesto criminale ben più pesante. Non a caso, denunciava anche che il clan avesse perfino sequestrato parte del materiale raccolto - interviste, riprese, testimonianze - nel tentativo di metterlo a tacere.

Mentre subiva insulti e minacce, lui continuava a muoversi tra Galatina e dintorni, intervistando i ragazzi e soprattutto le madri, le cui chat private facevano emergere particolari inaspettati, sospetti di reticenze e coperture. Il racconto assumeva così toni sempre più cupi, fino a culminare nello studio dell’avvocato della vittima, dove la puntata si chiudeva con un vero e proprio colpo di scena, lasciato in sospeso per sorprendere il pubblico. Una delle madri, però, ha poi denunciato Corona. Ha scelto di farsi chiamare Giuliana (nome di fantasia per tutelarne la privacy) la madre, interpellata dal Corriere, di uno dei cinque adolescenti coinvolti nel pestaggio di un 17enne nella sala d’attesa della stazione di Galatina, lo scorso 16 aprile. Il caso, che ha portato il tredicenne in comunità per aver colpito la vittima con una cintura, era stato seguito anche da Fabrizio Corona. Proprio contro di lui la donna ha sporto denuncia. «Da quando è venuto qui a fare la sua inchiesta - ha raccontato la donna - la mia vita è cambiata radicalmente. Non esco più di casa, non riesco nemmeno a fare la spesa. Sono rimasta scossa, anche se non ho alcuna colpa».

Nel ricorso presentato dall’avvocato Daniela Sindaco compaiono accuse pesanti nei confronti di Corona: diffamazione, violenza privata, atti persecutori, esercizio arbitrario delle proprie ragioni e violazione della privacy. Secondo la madre, Corona avrebbe più volte stazionato davanti alla sua abitazione, telefonandole insistentemente e arrivando a pubblicare sul suo blog i video dell’aggressione senza oscurare i volti dei minori coinvolti. Non solo: avrebbe diffuso nomi, cognomi e perfino riferimenti a presunti clan locali. «Una volta, mentre ero in auto con mio figlio, ci hanno tagliato la strada. Ho denunciato anche per stalking». La gogna mediatica si è presto trasformata in minacce e insulti sui social: «Corona ha pubblicato il nome di mio figlio e così sono riusciti a trovarmi. Mi hanno augurato la morte. Per paura mi sono rifugiata da mia madre e dal mio compagno. Vivo da sola, mio marito è morto di tumore quando aveva poco più di quarant’anni». Giuliana non nega la gravità dell’aggressione: «Mio figlio ha sbagliato e non lo giustifico, ma è un bambino fragile, influenzato da altri. Io mi sono sempre preoccupata per lui, tanto da portarlo dalla psicologa e dallo psichiatra. È facile giudicare senza conoscere le difficoltà delle persone. Nessuno ha il diritto di insultare o minacciare chi cerca soltanto un po’ di serenità».

