Ma quindi com’è davvero la nuova cotoletta di Carlo Cracco, quella battezzata “Milano che avanza”? Per scoprirlo, ci siamo rivolti a Guido Mori, esperto di cucina e attento osservatore del mondo gastronomico. Premessa doverosa: Mori non ha ancora avuto modo di assaggiarla. Ma una cosa la dice subito — più che concentrarsi sugli aspetti tecnici del piatto, bisognerebbe partire dal contesto in cui nasce. Perché, secondo lui, un piatto firmato da uno chef come Cracco non può essere giudicato solo dal sapore o dalla forma, ma va letto come parte di un progetto più ampio, di un “ecosistema culinario” fatto di visioni, messaggi e provocazioni. Le perplessità online ci sono state, soprattutto per via della ricetta che — almeno a leggere i dettagli — pare preveda passaggi inconsueti per una cotoletta, tra liquidi e rivisitazioni. Ma per Mori questo fa parte del gioco. Del resto, la lezione di Marchesi ha insegnato alla cucina il potere del racconto, della rottura, del gesto, quindi... Ecco la nostra intervista.

La ricetta “Milano che avanza” proposta da Carlo Cracco sta facendo molto discutere. Si tratterebbe di una fetta di pane fritta preparata con gli scarti (sia del pane che della carne). Siamo di fronte a una genialata?
Facciamo chiarezza. Cracco presenta tre cotolette diverse, una è la cotoletta classica milanese, servita al bistrot, con carne di vitello accompagnata da una terrina di patate e fontina. Poi presenta la cotoletta sbagliata e infine quella di solo pane. Il punto della questione è che riflettere su un singolo piatto al di fuori di un menù degustazione risulta molto complesso. Perché quando uno chef lo progetta pensa a una serie di momenti gustativi e di messaggi che vuole trasmettere e poi posiziona questo piatto con un senso logico all’interno del percorso. Estrarre questo piatto dal menù degustazione è assolutamente sconsigliato da fare. Va visto all’interno del quadro generale di questo menù culinario che peraltro io non ho mai provato.
Cracco frigge la fetta di pane dopo averla imbevuta in una sorta di brodo di carne. La frittura riesce a mantenersi effettivamente croccante?
Cracco è allievo di Marchesi e lui aveva già rivisto la cotoletta cercando di costruirci un piatto sopra. Aveva degli spazi neri dove dovevano essere posizionate le varie parti. La cotoletta è alta, di vitello, divisa in cubi con l’osso impanata e fritta dentro il burro. Una cotoletta classica sì, in cui però si andava a ricercare l’essenza della panatura. Da questa riflessione viene fuori la cotoletta di Cracco, composta da solo pane. In che maniera? È l’esaltazione di questo percorso in cui del pane viene bagnato con del brodo estremamente ristretto e fritto nel burro chiarificato. A seguire, imbevuto con un carpione che probabilmente ha il senso di costruire un piatto iconico ma di passaggio tra due sapori diversi. Almeno, quando una persona utilizza carpioni acidi ha questa idea in testa. Non è un piatto vegetariano e non è un piatto di risparmio. È un piatto che viene costruito con una logica di menù degustazione dove i concetti di risparmio di solito non sono presenti più di tanto se non in alcuni menù di ristoranti che costruiscono la propria idea di cucina intorno a questo concetto. Ma non è il caso di Cracco.
Quindi questo piatto è croccante?
Sicuramente sì, perché la croccantezza dipende da quanto tempo viene imbevuta nel carpione. Se la cosa è immediata, suppongo lo sia. Non l’ho mai assaggiata, ma l’obiettivo di Cracco è costruire qualcosa che sia croccante. Appunto, catturare l’essenza di una cotoletta.
Ha senso rosolare la carne sulla padella con il burro e poi schiacciarla per estrarre i succhi e aggiungerli a un brodo/mezzo fondo?
Sì. Si tratta di una tecnica francese per aumentare il gusto di alcuni brodi quando si vanno a fare concentrati, ed è una cosa che viene fatta abitualmente.
Consiglieresti delle alternative?
Secondo me il futuro della cucina è collegato a una cucina che abbia una parte vegetale molto importante, dunque semmai rifletterei sull'idea di rivoluzionarla e riportarla a un’era più moderna.
La non cotoletta di Cracco potrebbe essere una ricetta antispreco, è realmente così secondo te?
No. Direi di no. È una ricetta molto raffinata che richiede diversi passaggi in cui si trasformano gli elementi dall’uno all’altro. Fosse antispreco sarebbe una fetta di pane con qualcosa dentro e poi fritta. Come potrebbe essere la mozzarella in carrozza. Si tratta di una riflessione di alta cucina assolutamente strutturata che richiede tanti passaggi e lavoro. Lo spreco principale in un ristorante non è solo l’alimento, ma anche il lavoro che incide maggiormente su tutto.
