Al Milano Pride i servizietti deviati fanno sentire la presenza? Oggi ci punge vaghezza di essere complottisti e investigativi. Saremmo anche andati a infiltrarci ma fa caldo. Ci riferiamo alle molestie subite dai quattro giornalist* al Milano Pride durante la conferenza stampa di Elly Schlein. Mettiamo l’asterisco non per essere politicamente corretti ma perché non si sta riuscendo a capire il sesso degli autodichiarati molestati. Questi giornalisti avidi di dettagli una volta che li molestano non sono capaci di raccontare neanche come e chi li ha molestati. Lo sappiamo che parlare di identità sessuale binaria a proposito del Pride è più o meno un abominio, ma quello che ci interessava conoscere era l’orientamento sessuale del presunto molestatore e questo lo si può dedurre solamente dal sesso (apparente, apparente, per carità) dei molestati e non ci risulta che prima delle molestie si siano messi a chiacchierare, molestante e molestati, acciocché si mettesse in chiaro chi si identificava con chi. Ma comunque. Cinzia Pellegrino, senatrice di Fratelli d’Italia e coordinatore nazionale del dipartimento vittime del partito (hanno davvero questo dipartimento?) manda un comunicato in cui invita Elly Schlein ad agire tempestivamente: “Il fatto che le vittime siano degli uomini non può e non deve sminuire quanto accaduto”. Uomini dunque. Certo, anche se siamo al Pride, immaginarsi quattro cronisti abituati, come si dice, a battere la strada che cacciano l’urletto e si fanno prendere dallo svenimento perché hanno fatto sentire loro “la presenza” ci risulta difficile. Etero, gay o fluidi bastava girarsi e dire: “Che minchia appoggi?”. E quello avrebbe potuto rispondere: “La mia”. Discorso chiuso. Giornaliste Ita(g)liane manda un comunicato in cui esprime “solidarietà e vicinanza ai colleghi e alle colleghe che ieri, durante il Milano Pride, mentre erano impegnati nel seguire l’evento, hanno subito molestie da parte di un ragazzo che li ha palpeggiati e si lasciato andare a gesti espliciti”. Due cose: innanzitutto si dice “colleghe e colleghi”, prima le donne, e Giornaliste Ita(g)liane dovrebbero saperlo. Seconda cosa: vogliamo sapere quali sono questi gesti espliciti, perché essi cambiano se un uomo li compie rivolto a una donna o a un altro uomo. Faceva avanti e indietro con la mano chiusa a pungo come un comunista che vuole fare avanti e indietro? O usava il pugno portandoselo alla bocca facendo il gesto come di lavarsi i denti? Sono dettagli importanti, questi, per risalire all’identità del presunto colpevole.
Fanpage fa il nome della propria videoreporter molestata: Chiara Daffini. Apprendiamo che almeno una è donna. Dopodiché il cdr della stessa testata pubblica una nota di solidarietà “alla collega videoreporter Chiara Daffini e alle altre giornaliste che sono state molestate ieri durante il Pride di Milano 2024”. Tutte donne allora. No. Il Giornale, oggi, scrive: “Le vittime sono quattro giornalisti, tre donne e un uomo, presi di mira sabato pomeriggio da un uomo sui quarant’anni. Ha approfittato della ‘tonnara’, per dirla in gergo, ossia degli spazi ristretti in cui si sono ritrovati a lavorare i giornalisti per registrare le dichiarazioni di Schlein”. Tonne e tonni, dunque, sarebbero stati presi di mira. Il Giornale arriva a titolare: “Polpa i giornalisti: via alle denunce” e non possiamo non pensare al termine siciliano “puppo” o “puppa” per indicare gli omosessuali: significa “polpo” (o appunto “polpa”) e si basa sulla maldicenza che vorrebbe gli omosessuali tendenti al palpeggiamento furioso, tentacolare, motivo per cui un altro termine usato dai siciliani nello stesso senso è “calamaro”. Ecco, il refuso molto sfottò (da parte di un giornale di destra), le molestie avvenute proprio durante la conferenza stampa di Elly Schlein (e che ne mancavano posti dove palpare felici – e ricambiati – al Pride?), le informazioni contraddittorie, e le molestie subite anche dalla videoreporter proprio di Fanpage, testata che ha pubblicato il reportage sotto copertura “Gioventù meloniana”, ma anche la bravura del molestatore, veni, vidi, palpai e puf, mi dileguai, fanno sorgere il dubbio. Volendo screditare il Pride con uno scandaletto sessuale cosa di meglio di un infiltrato, di un agit prop? O addirittura dei servizietti deviati che fanno sentire la loro “presenza”? Immaginiamo la segretissima riunione dove si dice: “Abbiamo un servizietto da affidarti. Tu, adesso, vai a polpare”.