A Milano il malcontento per l’assenza di taxi è ormai diffuso. A dirlo è Selvaggia Lucarelli nel suo podcast, Il sottosopra, che parla di un «servizio pubblico a tutti gli effetti» inadeguato. «Quest’anno, anche in occasione della settimana della moda, alcuni importanti personaggi del fashion system hanno usato sui social parole quali “inferno” e “incubo” riferendosi all’offerta taxi nella città meneghina». Incubo che tocca la categoria su cui Selvaggia Lucarelli si è concentrata di più negli ultimi mesi. «In tanti si chiedono come mai non si trovi una soluzione. Forse è bene spiegare una volta per tutte perché nulla cambia. […] Nulla cambia perché Milano, ma forse bisognerebbe dire il Paese, è sostanzialmente sotto ricatto. Partiamo dal tema delle licenze. Non tutti sanno che le famose licenze che i tassisti dicono di aver pagato a peso d’oro, ragione per cui non voglio che si liberalizzi il mercato, i tassisti le hanno ricevute gratis dai comuni. Sì, avete capito bene». Ma non solo non avrebbero pagato nulla, bensì avrebbero costruito sopra a queste un modo di guadagnare qualcosa: «Loro, i tassisti, hanno poi deciso di mettere in piedi un mercato nero delle licenze. E che mercato nero. Una licenza oggi a Milano può costare 200mila euro. A Venezia può costare addirittura 400mila. Ma è un prezzo che hanno fatto loro». Non senza il benestare dei comuni, che non erano per nulla ignari di quello che stava (e sta) accadendo: «Che poi i comuni fossero al corrente del malcostume e li abbiano lasciato fare per decenni, è un altro discorso. Certamente c’è una bella fetta di responsabilità da parte di governo e comuni. Fatto sta che i tassisti vendono un bene del comune come se fosse loro, arricchendosi ingiustamente, inquinando il mercato che a questo punto è totalmente nelle loro mani».
La Lucarelli continua parlando della situazione in cui verserebbero infatti i comuni: «imbarazzante per non dire complicata». Per l’autrice del podcast le licenze presenti sul territorio milanese non bastano, per via della crescita della città e delle zone a traffico limitato, come le zona A e B. Le ultime licenze sarebbero state concesse «badate bene, nel lontano 2003. Bisognerebbe apire un bando per tante nuove licenze, ma a questo punto sorge l’imbarazzo nelle città che frena tutto». Tra i motivi per cui i comuni non farebbero niente e darebbero le licenze gratis, ci sarebbe la svalutazione di un servizio che formalmente è loro e, senza giri di parole, «soprattutto del fatto che i tassisti si incazzino». Ecco perché sarebbero i tassisti a costituire il primo fronte di vera opposizione alla liberalizzazione del settore, sperando di evitare di perdere i vantaggi economici dovuti al numero ristretto di professionisti. Si sente anche chiamata in causa, Selvaggia Lucarelli, quando, insieme a Draghi, finisce nei cori delle proteste dei tassisti che metterebbero «a ferro e fuoco le città, come accaduto quest’estate a Roma». La Lucarelli si lamenta anche degli «scioperi selvaggi» che paralizzano le città, «nonostante siano un servizio pubblico».
Poteva mancare il tema del pos? Ovviamente no. «Ovviamente è un puro caso che i più acerrimi nemici del pos e i più amorevoli fan del contante, siano quasi l’unica categoria a non avere l’obbligo di emettere lo scontrino fiscale. Un caso. Per la cronaca, la famosa ricevuta che se richiesta ti danno i tassisti, è un pezzo di carta senza valore fiscale». Cosa che permetterebbe loro di pagare le tasse non in base ai guadagni effettivi ma agli studi di settore, grazie ai quali pagherebbero tasse per dei redditi dichiarati di dubbia veridicità secondo la Lucarelli, tanto che si chiede: «Chi mai acquisterebbe licenze per i taxi a 200/400mila euro se le dichiarazioni dei redditi dei tassisti sono 20/25mila euro l’anno? Siamo seri». Si chiede anche come mai i tassisti, che si lamentano spesso dei furti e delle rapine, prediligano i contanti. «La regione Lombardia ha stanziato 400mila euro in favore di tassisti, perché possano comprare delle telecamere da montare nelle loro auto per la sicurezza dei passeggeri e naturalmente del conducente, che però non vuole il pos, vuole i contanti e teme le rapine. Bah». E poi l’ultimo problema dei tassisti rilevato dalla Lucarelli: «Una sorta di sistema feudale per cui i tassisti stessi possono decidere a chi vendere le licenze. […] Non solo fanno il prezzo di quel bene ricevuto gratuitamente, ma decidono pure chi avrà il diritto di fare quel lavoro dopo di loro». E spiega perché i taxi farebbero la guerra a Uber. «Non è un problema di lotta ideologica alle multinazionali che rubano il lavoro. La loro preoccupazione è che aprire a Uber possa svalutare le loro carissime licenze». Per chiudere la scrittrice parla anche della sicurezza, prevedendo che le liti tra tassisti e passeggeri «diventeranno sempre più aspre […] specialmente quando si tornerà alla cattiva vecchia abitudine di non obbligare i tassisti a usare il pos».