Cosa succede quando metti insieme un romano con il culto per la finanza, un’ironia feroce e una visione del mondo a metà tra Wall Street e Silicon Valley? Succede che ti ritrovi in call con Amedeo Iasci, 30 anni, imprenditore, divulgatore economico, ex studente della Luiss e creatore di The Jashi Project, un format che sui social è diventato un punto di riferimento per chi vuole smontare (e ricostruire) i concetti fondamentali dell’economia. Uno che ti racconta perché l’Inps è un sistema marcio e va smantellato, ma lo fa mentre ti snocciola in due minuti un piano da 11 immobili comprati in pochi anni, un patrimonio costruito sulla fiducia familiare e sul principio: “Meglio dare i soldi agli amici che alle banche”. La chiacchierata parte con un banale “dove sei?”. “Sono in America. Ma mi sento italiano al cento per cento. Mamma pugliese trapiantata a Milano, papà abruzzese. Quando mi chiedono ‘di dove sei’, rispondo: italiano. È più facile”. Amedeo l’onda l’ha sempre seguita e cavalcata. Nato a Pavia, ha vissuto cinque anni in Germania (“parlo tedesco come l’italiano”, mi dice con totale assenza di modestia), sette a San Donato, un anno a Hong Kong, un mese in Australia. Poi Roma. Poi l’America. “Quando la mia famiglia è partita per gli Stati Uniti, ho deciso di restare ancora un po’ a Roma. Mi sono laureato in Economia e Finanza alla Luiss: 30 mila euro in tutto, contro i 30 mila dollari all’anno per un’università americana. Scelta logica”.
Ma Amedeo non ha mai ragionato solo per logica. In lui convive un razionalismo feroce e l’istinto di chi non vuole farsi sfuggire l’occasione. Mi racconta che a 16 anni, vedendo il padre della sua fidanzata sempre a casa, con una villa da sogno e zero orari da rispettare, si è posto la domanda che in molti non si fanno: “Che cazzo fa questo?” La risposta era semplice: investiva in immobili. E Amedeo ha capito che voleva fare lo stesso. “La sua vita mi sembrava perfetta. Spariva ogni tanto, sistemava case in centro Roma e poi le affittava. Io volevo quello. Libertà”. Poi è arrivato lo zio Giorgio a dargli struttura. “Quando avevo 8 anni mi ha spiegato cosa fossero le obbligazioni. Prima ancora mi aveva aperto un Conto Arancio, te lo ricordi? Quello con la pubblicità ‘I’m happy, I’m feeling like a sunshine’”. Da lì l’amore per la finanza. “A 18 anni avevo già deciso che sarebbe stato il mio mondo”. Sbarca in America in piena era Trump (il primo). “Era un periodo d’oro per chi voleva fare impresa: tasse leggere, incentivi, possibilità reali, altro che Europa. Dopo nove mesi, avevo già comprato casa, in contanti. Il mio primo lavoro? In concessionaria. Solo a commissione. Ma io sono italiano, so vendere anche la sabbia nel Sahara. Le supercazzole mi hanno portato avanti, pure lì”. Oggi Amedeo gestisce un patrimonio immobiliare da 11 case, comprate senza mutui e con il sostegno di parenti e amici. “Gli ho detto: ‘Voi fate il 10% sui mercati, io faccio il 20% con le case. Mettete i soldi con me’. Ed è andata alla grande”.

Parallelamente ha costruito un impero di contenuti. Due account TikTok (uno americano da 650mila follower, ora messo in pausa per dedicarsi a quello italiano) e una mole di contenuti che farebbe impallidire una redazione intera. “Tiro fuori 10-20 contenuti al giorno. Lo so che ogni tanto dico delle cazzate. A volte lo faccio apposta: serve a generare discussione. Butto una provocazione, oppure una frase volutamente controversa. La gente commenta, io rispondo, rilancio, creo hype. Tutto parte dai commenti: io li leggo tutti. Davvero. Le mie idee migliori vengono dalla community. E credo che il mio account sia tra i più social che ci siano”. Gli chiedo se si sente figo. Ride. Poi si fa serio. “Sì. Mi sento figo, ho potenziale e ne sono consapevole. Vivo in un mondo tutto mio. Ma parto sempre da un presupposto: potrei sbagliarmi. E infatti ammetto gli errori. Ne faccio tanti. Anche sui social. Una volta ho detto una mezza cazzata su Elon Musk. Subito dopo ho fatto un video di rettifica. Non mi faccio problemi. Io vado di quantità. E chi produce, ogni tanto sbaglia. L’importante è crescere”.

Poi il tema dei temi: la politica è o no un obiettivo? “A 60 anni, dicevo. Ma mi sto rendendo conto che dovrei iniziare prima, magari entrando come figura laterale, per capire i meccanismi dall’interno. L’approccio alla Trump mi piace, ma in Italia non lo puoi fare così di colpo. Devi entrare, osservare, costruire una squadra. Poi, quando hai capito tutto, colpisci”. E sa già che tra i suoi cavalli di battaglia da candidato ce ne è uno su tutti: l’Inps. “È un sistema marcio. Io sono per la pensione privata. Lo Stato deve garantire l’infrastruttura, non gestire male i tuoi soldi”. Poi gli chiediamo un giudizio sui vari politici. Giorgia Meloni: “Top l’abolizione del reddito di cittadinanza. Flop la stretta sulla cittadinanza agli italo-discendenti. Così perdiamo venti milioni di americani con sangue italiano e portafogli pieni”. “Giuseppe Conte? È il motivo per cui prendo per il culo l’Italia. In America, durante il Covid, c’era libertà. In Italia mettevano le multe. Ha distrutto un’intera generazione”. Su Elly Schlein: “È troppo woke. Il woke in America ha rovinato tutto. Distrugge la libertà, crea ansia sociale. È la merda più totale”. E il ricordo di Silvio Berlusconi: “Imprenditore geniale. Politicamente avrebbe potuto fare di più. Trump almeno al secondo giro ha imparato a usare il potere. Silvio no. Però entrambi sono stati perseguitati”. Amedeo Iasci, tra un video su TikTok e una trattativa immobiliare, oggi è molto più di un divulgatore. È un costruttore. Di idee, di case, di percorsi. Un outsider lucido e impaziente, con l’ambizione concreta di rimettere in piedi ciò che altri hanno smantellato pezzo dopo pezzo. Non è l’unico a pensarla così, ma è uno dei pochi che lo dice ad alta voce. E non per retorica, ma perché ci crede. Perché vuole cambiare qualcosa. E perché ha capito che oggi, se non alzi la voce, non ti ascolta nessuno. Ma se la alzi con visione, allora forse, per una volta, ti prendono sul serio. E magari si fermano. Anche solo per un secondo. Ad ascoltare.
