Sul conto della famiglia Agnelli (ed Elkann) nel corso degli ultimi anni è stato detto letteralmente di tutto. E spesso, se non sempre, ogni argomento e discussione è sfociato nella polemica, se non addirittura nello scandalo. Dalle linee di produzione nelle fabbriche automobilistiche italiane, che sono sempre meno, alle redazioni di giornali come La Repubblica e The Economist (editi da John Elkann), passando anche per le televisioni e i salotti della Torino bene, e addirittura, in questi ultimi tempi, pure per le corsie di varie cliniche private. Insomma, tutti hanno sulla bocca il nome della dinastia imprenditoriale, forse la più grande e importante di sempre nella storia d’Italia, nata dal senatore Giovanni Agnelli, omonimo dell’Avvocato, quest’ultimo nonno di Jaky, ora il vero padrone dell’impero. E adesso, dopo mille rumors e gossip, è stato lo stesso John che ha deciso di metterci la faccia, o meglio la parola, rilasciando un’intervista esclusiva al quotidiano L’Avvenire, dove ha parlato della causa per l’eredità Agnelli, la Fiat (francese?) e Stellantis, Sergio Marchionne e il Governo guidato da Giorgia Meloni; e non ha certo perso l’occasione per fare il patriottico e addirittura la vittima, rivelando un aspetto segreto della sua infanzia. L’intervista, a firma di Marco Ferrando, comincia però dall’ingresso di Elkann nell’azienda di famiglia, ovvero, come sottolinea John, quando “vent’anni fa tutti davano la Fiat per morta, ma non è andata così […] questo continua ci ha inculcato un forte senso di sopravvivenza, che alla fine è il tratto comune delle quattro società che oggi compongono Stellantis: Fiat, Chrysler, Peugeot e Opel”. Nella sua risposta Elkann cita anche il nome di Marchionne, a cui, ha rivelato, “abbiamo avuto un forte rapporto professionale, che è poi è diventato amicizia e complicità. Sergio aveva un’umanità unica”. Riguardo a chi pensa con Stellantis l’Italia abbia perso, Jaky dice che “il nostro destino venti anni fa era quello dell’Olivetti […] che con il susseguirsi di diverse proprietà, cattiva gestione e ingegneria finanziaria che prendeva il posto dell’ingegneria di prodotto, oggi non esiste più […] e invece - continua - non è andata così, lo dicono i numeri”. Si tratta di numeri di impiegati (“più di 74mila persone in Italia”) e di investimenti (“negli ultimi cinque anni 14 miliardi” nel Belpaese). E sulle recenti frizioni con la premier Meloni, Elkann commenta che “il nostro rapporto con il governo italiano […] è di massimo rispetto, sempre alla ricerca del dialogo. E - assicura - siamo sempre pronti a confrontarci, per condividere le nostre prospettive”. Un’apertura dopo le discussioni degli scorsi mesi?
Intanto, John ci tiene a rassicurare anche sul destino dello storico stabilimento di Mirafiori, il quale, dice, “negli ultimi anni ha beneficiato di investimenti che hanno permesso l’avvio di attività addizionali alla produzione di auto […] il percorso che stiamo tracciando - continua -, che include la nuova 500 ibrida, è frutto anche di questa buona politica”. Inoltre, Elkann vuole anche chiarire la questione di una Fiat a trazione francese, affermando che “è nel pieno rispetto delle identità nazionali che sta la vera forza e la ricchezza di Stellantis”. Una delle critiche mosse ultimamente nei confronti del nipote dell’Avvocato riguarda il suo distacco emotivo e professionale dall’Italia, e anche su questo argomento Jaky ha voluto fare chiarezza, dicendo che “nonostante il lavoro mi porti prevalentemente fuori dall’Italia, abbiamo deciso con mia moglie di abitare a Torino: qui sono nati i nostri figli e qui sono stati battezzati e vanno a scuola. Le nostre radici sono a Torino”. Insomma, la famiglia Agnelli non si sposta dalla culla della Fiat, ed è lì che porta avanti una lunga guerra legale tra madre e figli...
Inevitabile, infatti, è la domanda di Ferrando sull’eredità di Gianni Agnelli e della moglie Marella Caracciolo contesa tra Margherita e i suoi tre figli John, Lapo e Ginevra Elkann. A questo proposito, Jaky conferma di avere “piena fiducia nella magistratura italiana”, e rivela l’inizio della faida familiare: “È una situazione che dura da vent’anni, da quando nel 2004 […] tutta la mia famiglia per senso di responsabilità si è compattata intorno alla Fiat, portando avanti le volontà di mio nonno. L’unica a chiamarsi fuori - sottolinea - è stata mia madre. E invece di essere contenta, per la Fiat, per la sua famiglia, per la realizzazione del volere di suo padre, ha reagito nel modo peggiore”. Una situazione, infine, che Elkann afferma di vivere “con grande dolore”, anche perché, rivela, “insieme ai miei fratelli Lapo e Ginevra fin da piccoli abbiamo subito violenze fisiche e psicologiche da parte di nostra madre. Ed è questo che ha creato un rapporto protettivo da parte dei nostri nonni”.