Ogni volta che leggiamo di una tragedia insensata, una su tutte il femminicidio, uno dei primi meccanismi di risposta del cervello è la rabbia. È naturale. La violenza non si riesce a spiegare. Il primo pensiero logico, spesso, riguarda invece la condanna. Tolti gli estremismi di chi invoca la pena capitale, una delle domande che ci si pone è: quanto farà di galera un Turetta o un Sangare? La risposta poi non fa altro che acuire il senso di ingiustizia: vedrai che tra un po' è fuori. Il brutto è che la risposta è esatta, come ci dimostra il caso di un femminicidio avvenuto quasi trent'anni fa, il 5 settembre del 1995. Genova, una prostituta viene uccisa a colpi di Black & Decker. Quindici colpi di punta, una ferocia assurda. Fortunato Verduci, sospettato di essere il killer del trapano, di giorni in prigione rischia di non farne nemmeno mezzo. Nonostante siano state fornite delle prove. Nonostante ci siano delle sue dichiarazioni in cui ammette la colpevolezza e probabilmente un altro omicidio. Nonostante il Dna dica che sia stato lui. Incredibile, ma tristemente vero.
Verduci nel frattempo ha continuato a lavorare in officina, come se non fosse successo nulla. La svolta nel processo è arrivata soltanto lunedì 9 settembre, a distanza di 29 anni dal femminicidio, quando la Procura ha disposto l'arresto per il carrozziere. Svolta soltanto sulla carta, perché l'arresto non è mai avvenuto: il gip ha riconosciuto la colpa di Verduci e l'aggravante della crudeltà, senza tuttavia concedere la reclusione. Il motivo? Sono passati 30 anni, e dopo tutto questo tempo le persone cambiano, anche se “in astratto” come recita il documento. Inoltre non sembra aver ucciso di nuovo né essersi dato alla fuga. Eppure i reperti esaminati, le sigarette, un giornale, danno un match totale nel Dna. È stato sicuramente lui a uccidere Maria Luigia Borrelli, la prostituta. Non basta questo per andare in prigione? A quanto pare no, e c'è anche dell'altro. L'ipotesi di un secondo delitto.
Alcune intercettazioni ambientali esaminate dagli investigatori riportano alcuni particolari terrificanti nelle frasi pronunciate da Fortunato Verduci, il killer del trapano. Parlando con i colleghi lo si sente dire: “Ma con due omicidi cosa ti fanno?”. Scherzava o si informava? Visto che il killer era lui, è preoccupante in entrambi i casi. Un altro collega chiede a Verduci: “Ma perché l’hai ammazzata?”, e lui risponde “Per passatempo, come un altro”, e di qui passa a chiedere cosa succederebbe in caso di doppio omicidio. Poi ,sempre chiacchierando coi colleghi, chiede se ci siano il telefono, la televisione e internet in carcere. Di più, aggiunge che “Ho lavorato tanto nella vita, ora non voglio fare niente e il carcere mi fa solo che bene”. Gli si farebbe un favore, insomma. E il brutto è che forse ha anche ragione. Il fatto che sia rimasto, e che rimanga tuttora a piede libero è comunque una sconfitta per la giustizia. Il pubblico ministero ha fatto comunque ricorso in Riesame, la cui udienza è fissata per il 23 settembre.