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La fuga dai terroristi, la città spettrale e il sangue donato per i feriti: la testimonianza esclusiva di un’italiana a Mosca dopo la strage

  • di Diana Mihaylova Diana Mihaylova

25 marzo 2024

La fuga dai terroristi, la città spettrale e il sangue donato per i feriti: la testimonianza esclusiva di un’italiana a Mosca dopo la strage
Dopo la strage terroristica dello scorso venerdì 22 marzo al Crocus City Hall, in esclusiva abbiamo intervistato una ragazza italiana che vive e lavora a Mosca e che ci ha raccontato la sua esperienza, tra la fuga dal teatro in fiamme, la tetra atmosfera che ha avvolto la città, l’intensificarsi dei controlli delle forze dell’ordine e la preoccupazione per il futuro…

di Diana Mihaylova Diana Mihaylova

Cosa sta accadendo in queste ore a Mosca? Da tre giorni tutto il mondo se lo chiede col fiato sospeso. Dopo l’attentato terroristico dello scorso venerdì 22 marzo al Crocus City Hall, l’apprensione, la paura e l’incertezza per quello che potrebbe succedere da ora in poi, sono più forti che mai. Nonostante i molti parallelismi fatti – da quello con l’attentato al teatro della Dubrovka di Mosca nel 2002 in cui morirono 129 persone, al massacro del Bataclan di Parigi del 2015, in cui le vittime furono 130 – l’orrore consumatosi al centro commerciale Crocus di Krasnogorsk, nei pressi di Mosca, è un evento senza precedenti. Non solo si tratta di uno degli attacchi più violenti e inaspettati degli ultimi vent’anni all’interno dei confini russi, ma è anche un evento “nuovo”, di cui ancora si faticano a capire le reali cause, i mandanti, e le sempre più sinistre dietrologie. In un venerdì sera qualunque, in un centro commerciale di periferia, al concerto di una band rock – i Picnic – è emersa un’inaspettata verità: la Russia, pur chiusa e distante dal mondo occidentale più che mai, non è più così sicura, invalicabile e inviolabile come si pensava. Cosa c’è dietro a questo attentato? Non è ancora del tutto chiaro, né agli analisti che se occupano ossessivamente nel mondo occidentale, né agli stessi russi. Se anche è nota la rivendicazione dell’Isis Khorashan - frangia del califfato in Afghanistan, che lo scorso 3 gennaio ha colpito con un attentato anche l’Iran – e sono stati arrestate 11 persone coinvolte, i media russi ufficiali, la Tass, l’Fsb (Servizio federale per la sicurezza della Federazione Russa) e i portavoce del Cremlino, ancora più dopo il discorso di sabato di Vladimir Putin, sono convinti: c’è dietro un coinvolgimento ucraino. È difficile districarsi fra le due versioni, sempre più in contrasto fra loro, ma lo scenario che pian piano si delinea e l’ipotesi di una possibile escalation, proprio nel conflitto in Ucraina, è sempre più preoccupante. Ad ora non si conosce ancora il numero esatto delle vittime, che sono ormai oltre 150, fra cui anche diversi bambini, ma è in costante aumento e tristemente destinato a salire, anche visti le centinaia di feriti gravi e più di 6000 evacuati dal centro commerciale, fra cui anche decine di dispersi. Nel suo discorso di sabato Vladimir Putin ha annunciato che il 24 marzo viene ufficialmente proclamato come giornata di lutto nazionale per la Russia, che suona in un certo senso come “normale” e plausibile, vista la tragedia umana che ha colpito direttamente la popolazione, ma anche casualmente curioso: proprio il 24 marzo, a un mese esatto di distanza da un’altra data significativa, ovvero il 24 febbraio, l’inizio dell’invasione dell’Ucraina.

Centinaia di fiori e peluches per commemorare le vittime nel luogo dell'attentato, a Mosca
Centinaia di fiori e peluches per commemorare le vittime nel luogo dell'attentato, a Mosca

Fra le tragiche notizie che si susseguono in queste ore, abbiamo acquisito in esclusiva la testimonianza di Elisa (nome di fantasia) una ragazza italiana che vive e lavora a Mosca da diversi anni, dove insegna italiano in una scuola privata locale, che per ragioni di privacy preferisce rimanere anonima. Il racconto di Elisa, nella capitale russa, così lontana e irraggiungibile in questo momento, diventa allora una sorta di finestra su quel mondo che appare più che mai distante: “Appresa la notizia, a Mosca si è presentata una realtà surreale. Un’atmosfera pesante e un silenzio assordante e solenne, molto diverso rispetto al solito brulicare di vita che si percepisce per le strade e nei trasporti pubblici. C’è meno gente in giro e soprattutto rabbia, paura, frustrazione, l’impotenza di non sapere. Una mia collega, Ljusja, si trovava al concerto al Crocus City Hall e si è salvata per miracolo. È riuscita a scappare, ma ha vissuto quell’incubo. Per fortuna è già stata contatta da un servizio di supporto psicologico, ma sicuramente non la vedrò più per diverse settimane… Il mio primo pensiero è andato all’attentato al Bataclan, mentre al mio ragazzo (russo, nda) sono tornati in mente gli attentati degli anni 2000. Abbiamo pensato subito a come poter andare donare il sangue per le vittime, ma la città è come impazzita, i controlli si sono intensificati nella metro e all’uscita delle città e il costo delle corse in taxi è raddoppiato. Le notizie sono come un fiume in piena, ma a volte si contraddicono, cambiano ogni minuto, tutti ci chiediamo quale sia la vera matrice…”

Centinaia di persone in code per donare il sangue in un ospedale moscovita lo scorso sabato, subito dopo l'attentato
Centinaia di persone in code per donare il sangue in un ospedale moscovita lo scorso sabato, subito dopo l'attentato

Un altro dato interessante, purtroppo già diventato un pretesto per il governo russo, è l’annuncio degli Stati Uniti dello scorso 8 marzo, che metteva in guardia su un rischio di attentati a Mosca nelle settimane a seguire. Elisa, che ricorda bene quegli avvertimenti, anche dopo le folle per le recenti elezioni russe, così come per il funerale di Navalny, commenta: “L’8 marzo avevo letto sull’Ansa le parole dell’ambasciata americana. Le ho tenute ben presenti, e chissà perché, ho avvertito davvero che per le due settimane a venire sarebbe stato meglio evitare luoghi affollati. Abbiamo assunto un atteggiamento cauto, del quale però, in cuore mio, dubitavo, perché la città non presentava alcuna anomalia e - al di là degli arresti per il caso Navalny - era tutto come al solito: una città tranquilla, se può mai esserlo veramente nella sua frenesia di capitale finanziaria del Paese. Il discorso sull'allarme era stato sfiorato anche con le mie colleghe russe, ma era stato poi liquidato come una mia semplice apprensione, poiché io sono anche lontana da casa e dai miei affetti…” conclude. Comunque la si veda, quello che è successo al Crocus ha sconvolto tutti. E se dopo l'attentato il timore per la sicurezza internazionale - anche di noi, che siamo lontani da Mosca - è tanto. È come se qualcosa si fosse rotto. Mentre le autorità e i media russi ricostruiscono la vicenda e danno in pasto all'opinione pubblica i volti dei presunti assassini, colpevoli delle atroci morti, della sparatoria e dell'incendio appiccicato nel tentativo di fare morire asfissiato anche chi fosse riuscito a fuggire dalla raffica di proiettili, un pensiero va alle 155 vittime e alle loro famiglie, ai bambini e ragazzi che hanno perso i loro cari e ai dispersi, ricordati tutti proprio ieri, domenica 24 marzo, in occasione della nuova giornata nazionale di lutto. Una giornata non di celebrazione, ma di tristezza spettrale, proprio come quella delle strade di Mosca, deserte in queste ore, in cui chiudersi nel silenzio, fra fiori e candele, è l'unica cosa che resta.

Una statua ricoperta di fiore per commemorare le vittime dell'attentato di venerdì scorso
Una statua ricoperta di fiore per commemorare le vittime dell'attentato di venerdì scorso
Quello che resta del Crocus City Hall dopo l'attentato
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