L’intersezione dei due mondi, il crimine e la politica, è ciò che fa durare un “fatto umano” come la mafia. Tommaso Ricciardelli porta questi temi a Pulp Podcast e li tratta sulla sua pagina Instagram, Parliamo di mafia. Da Fedez e Marra l’ultima volta ha restituito il quadro dell’inchiesta Hydra sulle tre teste delle associazioni mafiose attive in Lombardia e a Milano. Lì si sono prese business enormi, probabilmente senza sparare un colpo. Questa è la vera svolta. Sempre su Parliamo di mafia ha definito il “patto” tra ‘ndrangheta, mafia albanese e narcos sudamericani come il “nuovo triumvirato”: “Una cosa mai vista”, che permette il controllo di gran parte del traffico internazionale di cocaina. E dal processo per il presunto depistaggio sulla strage di Capaci possiamo capire molte cose.
Tommaso Ricciardelli, ci sono stati sviluppi sulla “visita” che Fedez e Marra hanno ricevuto?
Noi sappiamo ancora quello che abbiamo detto in puntata, io ho parlato con il Questore Bruno Megale e l’ad della Doom, la madre di Federico, ha già depositato la denuncia contro ignoti. Stiamo aspettando che la Procura conceda a Doom l’accesso alle telecamere di sorveglianza, così almeno avremo un'idea di chi sono queste persone.
Che reazioni ci sono state?
Tanta solidarietà, ma come in ogni fatto mediatico le persone si dividono. Ho letto tanti commenti negativi, secondo qualcuno avremmo addirittura finto. È un’accusa infondata e priva di senso. Fingere sarebbe deontologicamente scorretto e minerebbe gravemente la nostra credibilità.
Per quanto riguarda l’inchiesta Hydra e il processo per il depistaggio di Capaci, invece, come hanno reagito i tuoi lettori?
Hydra è stato un fulmine a ciel sereno, c'è stata una grande risposta mediatica, estremamente solidale. Non era scontato, dato che era la prima volta che a Pulp non veniva invitato nessuno di esterno. C’ero solo io, che sono tra gli autori. Per quanto riguarda invece Caltanissetta, il post è andato veramente bene, lo hanno visto più di 400mila persone. Questo non significa che sia imminente una sollevazione popolare, ma io riscontro molto interesse per certi argomenti. La gente ha fame soprattutto di risposte. Non sono io però che gliele posso dare fino in fondo: le deve dare lo Stato, e in questo momento lo Stato non lo sta facendo.
Una volontà politica, quindi, più che un difetto del giornalismo.
In Rai quanto si parla di mafia? Solo Report lo fa. Il problema è che non possiamo pretendere che faccia tutto Report. L'unica cosa che posso fare io è rilanciare. Adesso sto lavorando sulla seconda puntata di Hydra.
Dopo l’attentato Ranucci ha descritto bene il clima che i giornalisti di inchiesta vivono in Italia.
Quella notte, alle due, quando Ranucci ha subito l'attentato, sono stato il primo a dare la notizia. L'ho detto prima di tutti i giornali, prima dell'Ansa e delle agenzie. E perché avevo scoperto questa cosa? L'aveva scritto un piccolissimo sito, poi io ho verificato e ho pubblicato. Gli altri sono arrivati ore dopo, nonostante abbiano redazioni piene di gente che fa la notte. Non sto dicendo che non volessero farlo, sottolineo solo che si tende sempre a parlare di questi temi in maniera molto marginale. Ma nessuno pensa a ritirare le querele. Anzi la guerra, se così si può chiamare, si incattivisce.
A cosa ti riferisci?
Basta vedere quello che ha fatto il garante della privacy, che è il braccio armato del governo, in questo caso contro Report. Era da poco esplosa la bomba fuori casa di Ranucci e la prima cosa che è venuta in mente è una bella multa di 150mila euro per l'audio tra l’ex ministro Sangiuliano e sua moglie? È strano dire condanniamo la violenza, condanniamo l'attentato, e poi contribuire alla creazione di un clima ostile ai giornalisti di inchiesta. Io continuo a farlo perché c'è un editore privato che ci sta mettendo soldi, tempo e voglia. Reputo Pulp un avamposto in questo senso. In tv non ci sarebbe la stessa libertà, questo è certo.
L’idea che certi temi “non paghino”, né in termini di attenzione del pubblico né in termini politici è sbagliata?
Dipende da come li racconti. Devi scegliere se fare questo mestiere integrità, come diceva Giancarlo Siani: scegliere se fare il giornalista-giornalista o fare il giornalista impiegato. Credo che oggi si stia andando verso un giornalismo asservito. Lo abbiamo visto quando il Washington Post ha detto di non voler pubblicare endorsement sui candidati alle presidenziali in Usa. Parliamo dell’élite del giornalismo mondiale.
Adesso che cosa è cambiato?
Che Trump ha creato un clima autoritario. Quello che succede negli Stati Uniti succede pure qui a distanza di pochi anni.
Quello è il modello che in Italia si prova a imitare?
Sì, sicuramente. Il fatto che ci sia un editore che possiede la maggior parte dei giornali di destra, e che oltre essere imprenditore fa pure il deputato, è già indicativo. In Italia se facessimo una legge seria sul conflitto di interessi crollerebbe gran parte di questa classe dirigente. Per me se hai un giornale non devi fare politica.
Vederlo a Milano non ti sorprende?
Nelle motivazioni esposte nel rito abbreviato c'è scritto che il clima milanese è uguale al clima della Calabria. Le mafie utilizzano gli ultras per fare affari. Poi secondo me il caso della curva del Milan è diverso: era criminalità organizzata, sì, ma non mafia. Le cose sono diverse. Non c'era l’assoggettamento del territorio, non c'era rapporto con la politica. Le mafie non si specializzano: agiscono in ogni ambito.
Un esempio concreto, magari da quelli a cui siamo abituati?
Sto preparando questo video sulla mafia israeliana di cui in Europa non ha mai parlato nessuno. Sono soggetti che riciclavano i soldi sporchi nel riciclo delle bottigliette di plastica. Parliamo di tantissimi milioni di euro. Non è più narcotraffico: è imprenditoria. Di questo parlerò presto nel magazine di Pulp Podcast, che partirà a breve.
Qual è la peculiarità dell’azione mafiosa riportata in Hydra?
Che le mafie hanno agito senza dover compiere omicidi. Hanno gestito capitali illeciti nel mercato ortofrutticolo, nel settore sanitario, con il super bonus. Tutte cose che toccano la nostra vita di tutti i giorni. La mafia si è impadronita del 70% dell’agroalimentare: non lo dico io, ma il procuratore Gratteri.
Il cambista cinese, i sistemi di underground banking, gli albanesi, i narcos: cosa ci dice l’unione di tutti questi elementi?
Sto seguendo una questione che riguarda il quartiere Esquilino a Roma, in cui la mafia cinese comanda. Lì hanno messo in piedi un sistema collaudato di riciclaggio. Quella cinese è una “mafia di servizio”. Mettono a disposizione il loro know-how, come un'azienda, per riciclare il denaro sporco delle realtà mafiose attive sul territorio. Gli albanesi essendo violenti e avendo grandi disponibilità economiche si occupano della logistica, mentre i nigeriani si occupano della tratta, Cosa Nostra in più di un caso gli ha delegato lo spaccio di cocaina ed eroina al dettaglio. La ‘ndrangheta ormai si occupa solo dei rapporti diretti con i cartelli, perché hanno la più alta credibilità a livello mondiale. Ognuno di quei soggetti muove un ingranaggio del sistema. I calabresi, insieme agli albanesi e ai cartelli, gestiscono l’80% del traffico di cocaina mondiale. Una cosa mai vista. Io lo chiamo il “triumvirato”.
Nell’inchiesta Doppia Curva si intravede anche il legame tra quel mondo criminale e l’estrema destra.
Non è un caso che personaggi come Piscitelli venissero da quel mondo politico. Già negli anni Settanta c’erano i terroristi neri che si avvicinavano a certe realtà per riciclare soldi sporchi. Il sottomondo si interseca spesso con la politica. I gruppi extraparlamentari ci vanno a nozze. Certe sigle andrebbero sciolte. Si dice da anni ma nessuno lo fa.
Questa indulgenza deriva proprio da quella commistione tra politica e mondo criminale?
Un indagato nell'inchiesta Hydra è riuscito ad incontrare una sottosegretaria, che però non gli ha dato corda, ma già il fatto che si siano visti è indicativo della pervasività delle associazioni mafiose.
Sono gli agenti intermedi i più pericolosi?
Sono i facilitatori, persone che vengono da tanti contesti differenti. Poi se noi continuiamo a depenalizzare tutto perché tra poco tra poco del codice antimafia non rimarrà niente. Io mi occupo anche di pentiti di mafia e posso dire che di questo passo non esisterà nemmeno più il Servizio Centrale di Protezione, perché i pentiti non saranno più incentivati a pentirsi. Non sono stinchi di santo, è chiaro, ma servono. Ci sono sempre serviti. Hanno tolto l'abuso d'ufficio, dopo aver già depenalizzato il traffico di influenze, e volevano persino limitare le intercettazioni. Una legge ipotetica che ancora non è passata riguarda la custodia cautelare in carcere: questa sarebbe prevista solo per coloro che hanno commesso reati di mafia o reati violenti, non per i crimini dei colletti bianchi. Gli imputati si farebbero il processo da casa, con il tempo necessario a inquinare le prove, parlare con i testimoni, magari corromperli.
Gli aspetti fondamentali del processo di Caltanissetta?
Per capire a fondo quegli eventi ci servirebbero tanti altri pentiti di Stato. Perché noi sappiamo solo quello che è successo nel mondo di sotto, quello criminale. Già Gaspare Spatuzza, l’uomo che mise l'esplosivo all'interno della macchina che poi deflagrò e uccise Borsellino e la scorta, aveva detto nel 2008 che era presente qualcuno di non affiliato a Cosa Nostra. La moglie di Peluso ha raccontato delle chiamate ricevute da soggetti americani.
È più facile ottenere un pentito di mafia che un pentito di Stato?
Certo. Finché parli solo di omicidi va bene a tutti, quando invece si cominciano a toccare le frange deviate dello Stato cominciano i problemi. Quello che pensano tutti a livello politico è che ci debba essere il bene da una parte e il male dall'altra. Il problema è che il nostro paese è fatto di zone grigie. Perché non riusciamo a debellare la mafia come abbiamo fatto con il terrorismo o le Brigate Rosse? Perché le Br, salvo qualche soggetto particolare, non avevano gli appoggi politici che ha la mafia. Matteo Messina Denaro viene arrestato a gennaio 2023. Che succede a dicembre 2022? Viene condannato in Cassazione Antonio D’Alì, ex sottosegretario all'Interno, per concorso esterno in associazione mafiosa. Il mese successivo viene preso Messina Denaro. Tanti che abitano quella zona ambigua, se avessero parlato, avrebbero risolto tanti fascicoli. Il problema è che in Italia parla solo la parte più bassa della scala gerarchica.