In fondo, era pur sempre lunedì. Nella giornata in cui l’indice finanziario Nasdaq crolla a Wall Street, Tesla sperimenta una giornataccia come non si vedeva da tempo. Dal 2020, per la precisione. Già, perché il crollo del 15 per cento del valore delle azioni della società di auto elettriche di Elon Musk rappresentano una delle peggior performance finanziarie di sempre e pesano come un macigno sul titolo in borsa della società, che ha perso il 45 per cento da inizio anno. Parliamo di somme di molto superiori ai 700 miliardi di dollari di guadagni che il magnate sudafricano aveva incassato all’indomani della vittoria elettorale di Donald Trump. Ed è qui che la domanda sorge spontanea. Non è che a Musk di Tesla non freghi più poi così tanto?

Nelle ultime settimane, se non mesi, Elon Musk lo abbiamo visto praticamente ovunque: al netto di Twitter, dal quale tuona la qualunque e contro chiunque, compresi capi di Stato e di governo, il sodale del presidente Usa si è preso la scena al Cpac, la conferenza dei conservatori mondiali, dove ha smanettato motoseghe a tutto spiano con Milei. È strisciato nelle caselle mail di decine di migliaia di dipendenti pubblici statunitensi e non solo – come ci racconta il caso della base Nato ad Aviano in Friuli-Venezia Giulia – per chiedere rendicontazione sul loro operato, prima di calare su qualche testa la versione country della ghigliottina giacobina. Ovunque, comprese Casa Bianca o la residenza di Trump a Mar-a Lago in Florida, tranne che ad Austin, Texas, dove ha sede Tesla.

Assodato il ruolo di X come strumento eminentemente politico – per perorare la causa della libertà di espressione contro la dittatura woke del politicamente corretto, fungendo da bazooka di propaganda MAGA e MEGA – anziché investimento da cui trarre business, è forse il brand dell’elettrico, che pure era stato determinante nel presentarlo agli statunitensi e non solo come l’imprenditore che avrebbe portato gli Usa nel futuro, l’agnello sacrificale di un disegno più ampio, che guarda soprattutto allo spazio? Il Sole 24 scrive che “oltre ai problemi sui mercati, Tesla sta vivendo anche una sorta di “momento Minsky” in Borsa. Il titolo sta precipitando da settimane. In particolare cade del 26 per cento dal 20 febbraio. Dato curioso, perché proprio quel giorno le ricerche su Google per Doge (la “motosega” con cui Donald Trump sta smembrando la burocrazia statunitense ndr.) hanno superato quelle per “Tesla”.

Musk sembra sempre più “distratto” da altre questioni, dai tagli del Doge al mettere becco in politica estera, come successo con le parole sulla disconnessione di Starlink dai sistemi dell’esercito ucraino nel bel mezzo delle negoziazioni tra Trump e Zelensky. Fumo negli occhi, per molti, che di però rischia di annebbiare anche Musk, o perlomeno i suoi affari. Oltre a registrare un negativo sempre più pesante in borsa, ciò che colpisce maggiormente è la scarsa attenzione di Musk alle strategie future nella produzione e vendita di nuove Tesla. Soprattutto, di automobili a prezzi inferiori, in grado di competere con i colossi cinesi come BYD: “Musk ha nemmeno fornito dettagli su un modello più economico che Tesla dice di voler iniziare a produrre quest'anno. In passato, Musk ha trascorso mesi o anni a promuovere i veicoli prima che venissero presentati negli showroom”, riporta il New York Times.

Forse la recente ubiquità di Musk è spiegabile solo in un modo. Ora che è approdato alla Casa Bianca, cioè dove si muovono i gangli globali, è tempo di puntare più in alto per trasformare i grandi sistemi. A partire dalla costellazione di oltre 7000 mila satelliti che Musk già possiede e che ha in mente di ingrandire, lavorando allo stesso tempo ad accordi per rendere governi e istituzioni totalmente dipendenti dai suoi rubinetti di dati e informazioni.
