Che correlazione c’è tra cinema per adulti e violenza sulle donne? Mentre Rocco Siffredi viene accusato di molestie, secondo il legale della giornalista, anche identificabili come “molestie sessuali”, c’è chi parla dei pericoli della crescente ammirazione per le star di questo genere proibito, come attesta il successo della serie Netflix ispirata alla vita di Rocco Siffredi, Supersex., con Alessandro Borghi (attore promettente di cui si è parlato più per le dimensioni del suo attrezzo che non per quelle del suo talento, Hélas!). Tra i più agguerriti tra i critici del genere e dei mores del presente, Giuliano Guzzo, il giornalista de La Verità che non si è trattenuto dall’implementare nella sua analisi un paragone magniloquente, forse inappropriato: “Sarebbe in effetti miope ignorare l’inquietante legame che la pornografia ha con la violenza, perfino con la più estrema: quella dei serial killer; tanto più che sono loro, gli assassini più spietati, a raccontare di questo legame”. Gli esempi sono degni di altre serie, e in effetti qualcuno è diventato il discussissimo protagonista di altre produzione cinematografiche. Come Ted Bundy, “uno dei più prolifici serial killer americani (almeno 30 vittime accertate), in un’intervista rilasciata al dottor James Dobson, uno psicologo, poco prima d’essere giustiziato disse: ‘Il mio percorso è cominciato all’età di 12 anni quando sono venuto a contatto per la prima volta con dei testi pornografici. Il tipo peggiore di pornografia esistente è quella che incita alla violenza sessuale’”. Tra gli altri esempi poco virtuosi anche un ex br come Cesare Battisti: “sembra coltivare interesse per l’hard, tanto che nel 1998, sul settimanale Amica, uscì un suo racconto erotico, Il sesso dell’insetto”.
C’è chi ha sostenuto, come l’attivista Robin Morgan, che la pornografia fosse “la teoria, lo stupro la pratica” e, come notato da Guzzo, “nel 2000 due sociologhe, Raquel Kennedy Bergen e Kathleen A. Bogle, pubblicarono uno studio sulla rivista Violence and victims, per realizzare il quale interpellarono un centinaio di vittime di violenze sessuali; le due academiche, se da un lato scoprirono come la maggior parte delle vittime interpellate (58%) semplicemente ignorava se i carnefici facessero uso di materiale porno – ipotesi che non può quindi escludere -, dall’altro rilevarono però come ben il 28% di essere aveva affermato che i loro abusatori utilizzavano tale materiale”. In effetti sempre più studiose femministe sembrano aver rigettato le tesi della rivoluzione sessuale e del cinema per adulti (e della prostituzione) come lavori qualsiasi. In The Case Against Sex Revolution (Polity Press 2022), Louise Perry ha sostenuto che il tipo di “prestazioni sessuali” popolari nelle riviste di settore o nel cinema per adulti, vedrebbe le donne “prestarsi agli interessi dei maschi”. Se così fosse, l’oggetto sessuale potrebbe essere visto sempre di più come un puro strumento del piacere maschile, in un’accezione disumanizzante nei confronti della partner. Le cose stanno davvero?