L'assemblea di Mediobanca è convocata per lunedì 16 giugno con l'obiettivo di ratificare l'offerta pubblica d'acquisto su Banca Generali. Manca poco, quindi. Ma ciò che ne verrà fuori ancora è complicato da prevedere. Se Alberto Nagel conta sull'appoggio del mercato e ha dalla sua i giudizi favorevoli dei principali consulenti per il voto, Glass Lewis e Iss, i maggiori azionasti potrebbero adottare una strategia diversa. Tra gli attori in scena ci sono Francesco Caltagirone, recentemente salito al 10% della partecipazione, e Delfin, la holding degli eredi Del Vecchio che detiene il 19,8% del capitale sociale. Delfin potrebbe optare per l'astensione, che di fatto sarebbe un voto negativo in assemblea, dato che per essere approvata la proposta necessita del consenso della maggioranza delle azioni rappresentate. C’è poi la missiva inviata alcuni giorni fa dall'amministratore delegato di Banca Generali, Gian Maria Mossa, direttamente a Mediobanca. Mossa ha espresso l'intenzione della propria azienda di rimanere estranea alle trattative per l'intesa industriale nel settore bancassurance e wealth management, elemento fondamentale per la creazione del polo italiano nel risparmio gestito. Una comunicazione che arriva dopo l’annuncio di fine aprile di Nagel e il lancio dell'Ops: “Ci siederemo attorno a un tavolo con Banca Generali e le Generali per definire gli accordi di collaborazione”.

La comunicazione è certamente pervenuta prima del documento predisposto da Mediobanca per l'assemblea, dove infatti viene evidenziato che “entro la data di pubblicazione del documento di offerta” si prevede che Piazzetta Cuccia e il Leone raggiugano un'intesa di “partnership strategico-industriale di lungo periodo nei settori della banqueassurance, dell'asset management dell'insure-banking”. Un appunto che aveva indotto Caltagirone a richiedere il differimento dell'assemblea a causa dell’“incompletezza e indeterminatezza dell'offerta su Banca Generali”, specialmente vista la carenza di informazioni sul “contratto tra Mediobanca, Banca Generali e Generali, indispensabile per la fattibilità dell'operazione”. Mediobanca ha risposto evidenziando che le negoziazioni non possono iniziare senza l'autorizzazione dell'assemblea. Mossa ha comunque precisato che, una volta formalizzata l'offerta, il consiglio di amministrazione valuterà la proposta. È tempo di strategie: con una presenza prevista di circa l'80%, Nagel può contare sul supporto di circa il 25% del capitale detenuto dal mercato, il 10,5% del patto di consultazione e il 2% di Unipol. Insieme a Caltagirone potrebbero allinearsi gli enti previdenziali con circa il 5% del capitale e i Benetton con il 2,2%. Oltre agli indecisi, sui quali si intensifica la pressione dei procacciatori di deleghe, l'elemento decisivo potrebbe essere rappresentato da UniCredit. Andrea Orcel mantiene riservate le proprie intenzioni, ma sui mercati molti sostengono che direttamente o indirettamente abbia acquisito una piccola quota anche in Piazzetta Cuccia. Nel frattempo il vicepremier Antonio Tajani è tornato a discutere del Golden power: “Ho dei dubbi sull'esistenza dei rischi per la sicurezza nazionale”, ha detto a Milano Finanza riguardo all'intervento governativo sulla fusione Unicredit-Banco Bpm, specificando che “Forza Italia ha manifestato sin da subito delle riserve sulla base giuridica del provvedimento”.
