L’indagine sull’omicidio di Pierina Paganelli, uccisa con 29 coltellate nel garage del suo condominio a Rimini la sera del 3 ottobre 2023, si concentra ora sull’esperimento giudiziale effettuato nei giorni scorsi. Al centro dell’attenzione, le immagini riprese dalla Cam 3 della farmacia San Martino alle 22:17 della sera del delitto, che mostrano il passaggio di un uomo. Per stabilire l’identità della persona ripresa, il perito Sebastiano Battiato, alla presenza delle parti, ha raccolto oltre dieci ore di filmati comparativi, registrando la camminata di Louis Dassilva, unico indagato, e di Emanuele Neri, il vicino di casa che ha dichiarato di riconoscersi nelle immagini. L’obiettivo è analizzare postura, pigmentazione della pelle e caratteristiche antropometriche per chiarire chi sia il soggetto immortalato dalla telecamera. L’esito di questa analisi, atteso tra 60 giorni, potrebbe rivelarsi decisivo. Se il soggetto fosse Neri, l’impianto accusatorio contro Dassilva vacillerebbe. Se invece si trattasse dell’imputato, l’accusa ne uscirebbe rafforzata.
![La camminata di Louis Dassilva](https://crm-img.stcrm.it/images/42464231/2000x/20250214-122007325-5746.jpg)
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Intanto, però, emergono gravi interrogativi sulla gestione della scena del crimine e delle prove biologiche. Il corpo di Pierina Paganelli è stato ritrovato la mattina successiva, il 4 ottobre, dalla nuora Manuela Bianchi, che ha poi allertato Dassilva e altri condomini. Ma la posizione della vittima al momento del ritrovamento appare incongruente con la violenza dell’aggressione. La donna era supina, con le gambe distese, gli abiti apparentemente ricomposti e gli slip tagliati, un dettaglio che potrebbe suggerire il tentativo di inscenare un’aggressione a sfondo sessuale. Indossava ancora i sandali, i capelli sembravano pettinati e aveva ancora la borsa al braccio, con gli oggetti al suo interno ordinati, come se fossero stati riposti in un secondo momento. Tutti elementi che fanno ipotizzare un’alterazione della scena del crimine da parte dell’assassino o di qualcun altro intervenuto successivamente. L’analisi degli indumenti di Pierina Paganelli, che avrebbero potuto fornire elementi cruciali, si è rivelata inconcludente. I vestiti, infatti, erano intrisi di urina e, a causa di una conservazione errata, hanno sviluppato muffe che hanno danneggiato le tracce biologiche.
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Inoltre, alcuni reperti raccolti sulla scena del crimine non sarebbero mai stati consegnati al professor Emiliano Giardina, incaricato di eseguire gli accertamenti genetici. Ci sono poi due oggetti fondamentali che avrebbero potuto contenere tracce dell’assassino, ma su cui sono stati effettuati pochi o nessun esame. Le chiavi di Pierina, che la donna aveva in mano al momento dell’aggressione, sono state ritrovate nella sua borsa. Se l’assassino le avesse toccate, avrebbe potuto lasciare tracce di Dna. Tuttavia, solo di recente sono state inviate per l’analisi. Il barattolo di sottaceti, che Pierina aveva prelevato dal garage poco prima di essere uccisa, è stato trovato frantumato sulla scena del delitto, ma non è mai stato analizzato. Se l’assassino l’avesse urtato o afferrato, avrebbe potuto lasciare impronte o Dna. Un altro dettaglio inquietante riguarda la presenza di un capello reciso sul viso della vittima, rimasto fissato alla pelle per via del sangue coagulato. Potrebbe appartenere a Pierina, all’assassino o a qualcuno intervenuto sulla scena del crimine. Eppure, non è mai stato repertato e quindi non è stato analizzato. Le numerose lacune investigative potrebbero aver portato alla perdita definitiva di prove cruciali, rendendo l’impianto accusatorio dipendente dagli esiti dell’incidente probatorio sulla Cam 3. Se l’analisi confermerà che l’uomo ripreso alle 22:17 è Dassilva, la sua posizione si aggraverà ulteriormente. Ma se si trattasse di Neri, la direzione delle indagini potrebbe cambiare radicalmente, gettando nuove ombre su un caso che, a distanza di oltre un anno, è ancora lontano dall’essere risolto.