Si va a processo. I magistrati intendono processare Louis Dassilva per l’omicidio di Pierina Paganelli, avvenuto il 3 ottobre 2023 con 29 coltellate. Nonostante le conclusioni investigative, però, una porzione considerevole dell'opinione pubblica contesta fermamente questa versione. C’è chi punta il dito contro la figura di Manuela, ipotizzandone il ruolo di istigatrice morale del delitto, e chi coinvolge nelle speculazioni persino il fratello Loris. Di questo ha parlato Gianluigi Nuzzi: “La tesi si scontra con le risultanze delle indagini ma poco importa, ormai spadroneggiano i peggiori interpreti di Cesare Lombroso che dettano un risultato medioevale: Manuela e Loris, quest'ultimo nemmeno indagato, diventano protagonisti tra ipotesi prive di fondamento e idee strampalate. E che, in realtà, questa tesi sia estranea a ogni dinamica e momento ricostruiti non scalfisce il pregiudizio”. Oltre alle questioni relative alla narrazione di questo caso, e alla percezione dell’opinione pubblica, c’è un fatto che rappresenta un unicum nel panorama giudiziario recente, secondo Nuzzi: “L'omicidio ancora oggi rimane privo di un movente chiaro e certo. Perché Dassilva avrebbe dovuto uccidere l'anziana signora? Certo, un odio serpeggia nelle relazioni tra chi abita in quel pianerottolo ma da qui ad armare la mano di quell'uomo e uccidere ne passa”. Dassilva, prossimo alla chiusura delle indagini preliminari, ha intrapreso uno sciopero della fame e della sete per contestare le accuse. Se le motivazioni del presunto killer rimangono ignote, è altrettanto incomprensibile appare l'atteggiamento di Valeria Bartolucci: “Valeria difende Louis in ogni intervista. Afferma che il marito è stato soggiogato, tratto in una trappola con la regia di Manuela, l'avversaria in amore che avrebbe prima manipolato Louis e poi tradito attribuendogli ogni responsabilità nell'omicidio. Una posizione estrema, quella della Bartolucci, recentemente avvistata presso il tribunale riminese dove, convocata dai magistrati, ha esercitato per due volte la facoltà di non rispondere”. Pur avendo scoperto solo in concomitanza con il delitto la relazione clandestina, Bartolucci è rimasta schierata a difesa del consorte infedele. “Valeria si ostina a difenderlo e rilancia”, continua Nuzzi, “Punta l'indice contro la nuora della vittima, Manuela. La indica come artefice di tutto, di aver intessuto una sorta di velenosa, ferale ragnatela, per far ricadere tutte le responsabilità sul malcapitato. La linea della Bartolucci si infrange contro la ricostruzione degli inquirenti ma lei non demorde seminando bugie come ultimo argine. Sono emerse contraddizioni e silenzi ma nulla da far poter scardinare il codice che rende assai difficile contestare il favoreggiamento a un prossimo parente dell'indagato”.

A far dubitare dell’attendibilità di Valeria ci sono diversi elementi: in primis la conversazione telefonica nella quale sosteneva di aver suggerito a Manuela e al fratello metodologie per compromettere la scena del crimine, nel tentativo di riequilibrare le responsabilità; poi il colloquio in carcere tra Valeria e il marito, intercettato dagli investigatori. In quell’occasione Bartolucci aveva ricordato che “la Bruzzone ha detto che questa cosa qui per noi, per la difesa, era... era... un botto, perché adesso la Procura deve dimostrare che te eri sulla scena del delitto, hai un testimone oculare (lei stessa, ndr) che dice che eri in casa e poi (...) al massimo potrai dire che sei un bugiardo, hai mentito, era andato a buttare l'immondizia, dopo hai saputo dell'omicidio e non volevi dire che eri uscito perché avevi paura che ti avrebbero dato la colpa, perché sei brutto e nero (...)”. Gli inquirenti annotano come tali scambi rivelino “l'assoluta incertezza della Bartolucci riguardo agli effettivi movimenti del marito” e come le sue affermazioni “siano unicamente finalizzate al tentativo di tutelarlo da ogni accusa”.

