Se la democrazia fosse un corpo, in questo momento starebbe guardando l’arma fumante ancora puntata ai propri genitali e si starebbe domandando, con un certo ritardo, se fosse proprio necessario arrivare fin lì. La tentazione dell’antifascismo burocratico – quello a colpi di comma, quello da toga e non solo da comizio, da talk show e da moderatore social – sta facendo più per le destre europee di quanto abbia mai fatto un qualunque leader politico di area. In Germania si domandano se Alternative für Deutschland, partito che viaggia intorno al 20% nei sondaggi ma che per i servizi segreti sarebbe troppo di “estrema destra”, debba ancora ricevere fondi pubblici. In Romania il candidato favorito (e già vincitore prima dell’annullamento) Georgescu è stato escluso dalla competizione elettorale. E nel frattempo, nelle urne, le destre si ingrossano come un’onda che travolge i castelli di sabbia del politicamente corretto e delle sue codine in giacca, regolamento e linguaggio inclusivo.
Massimo Cacciari, che quando c’era da provare a essere sindaco lo è stato e che da decenni prova inascoltato a indicare la via alla sinistra, produce un’esegesi perfetta del cortocircuito: “Mi parrebbe folle se un partito con il 20% come AfD venisse messo fuori legge. Una cosa è l’ostracismo che si legge dai comportamenti dei padroni dei media e dei social, altra cosa sarebbe una messa fuori legge formale” (intervista a Il Fatto Quotidiano)
Ecco: folle. Come cercare di spegnere un incendio con una tanica di benzina. “Se la democrazia vuol spararsi nelle palle, faccia pure”, chiosa Cacciari, con un’immagine anatomica che, in un solo colpo, rottama almeno mezzo secolo di retorica pelosa sulla “Resistenza”.

Il paradosso popperiano? “Tolleranza con i tolleranti, intolleranza con gli intolleranti”, recitano i soliti, senza aver mai letto il Trattato di Popper e con la smania da Robespierre (in buona parte da tastiera e da salotto) del terzo millennio, fingendo di non accorgersi (o, peggio, non accorgendosi davvero) di essere loro i più intolleranti di tutti. Ma Cacciari, col disincanto di chi ha già visto dove finisce la logica del cappio legale, ribatte: “Una democrazia che fa ricorso a strumenti legali per mettere fuori legge partiti di qualsiasi natura finisce di essere una democrazia”.
Non serve un golpe, basta un consiglio dei ministri ispirato. La vocazione al divieto come strategia politica, oltre che culturale ed esistenziale: è questa la vera patologia contemporanea delle presunte élite. “Sono in mezzo al guado, incapaci, contraddittorie – dice ancora Cacciari – in questa situazione le destre vere crescono”. E crescere, in effetti, crescono: non perché siano irresistibili, ma perché chi dovrebbe contrastarle confonde il diritto con la censura e la politica con l’inibizione.
Cacciari, che di mattoni ideologici ne ha visti parecchi, guarda la pavimentazione con cui i benintenzionati stanno lastricando la strada per l’inferno e non ha dubbi: “Sono anni che le cosiddette sinistre governano l’Europa con norme liberticide che poi portano alla crescita delle destre”.
Ora, fosse solo una questione di decoro intellettuale, si potrebbe anche lasciare la sinistra con le sue crociate a colpi di giurisprudenza, come quelle madri apprensive che tolgono la Playstation al figlio che gioca troppo a Call of Duty salvo poi stupirsi se si chiude in camera con una katana e l’espressione di uno che voterà chiunque prometta di resuscitare Hitler appena avrà la maggiore età. Ma qui si parla di un intero continente che ha deciso che il modo migliore per evitare il ritorno del fascismo è attivare procedure che somigliano moltissimo al fascismo stesso, solo con meno fotogenicità e con più notifiche via Pec.

E così, mentre le “maggioranze democratiche” si costruiscono a tavolino, eliminando gli avversari tramite cavilli giuridici, censure sociali e culturali e battaglie semantiche, la realtà elettorale scivola via come una saponetta da raccogliere in una doccia di carcerati infoiati: “Bandire AfD che in certe aree è in maggioranza o governa è un suicidio”, dice Cacciari. E ancora: “Le idee politiche si combattono con le idee, con la politica, con il buon governo. Se la democrazia non sa difendersi con armi politiche, con la credibilità e l’autorevolezza delle strategie e degli atti che compie, crepa”.
In sintesi: meno procura, più progetto. Meno giuristi, più gesti. Meno appelli a Strasburgo, più risposte in bolletta.
E sì, magari anche meno arroganza di pensarsi sempre e comunque i buoni, anche quando si stringe il cappio della legge, della censura e della dannazione pubblica intorno al collo di chi non vota o non pensa come i giusti vorrebbero. Perché si può anche vincere nei tribunali ma continuare a perdere nelle urne. E quando succede, sono dolori democratici veri, non quelli inscenati nei talk show. I buoi, dice Cacciari, sono già scappati dalla stalla. Magari sarebbe stato meglio smettere di incendiarla ogni volta che uno di loro muggiva appena fuori copione.