Marco Tronchetti Provera, non l'ex della Ferragni ma il padre, boss di Pirelli e guru degli stipendi milionari (17,4 milioni l’anno scorso, quasi 60 in tre anni, come riportato da Il Sole 24 Ore), non è esattamente sereno. Nonostante il conto in banca che farebbe arrossire un magnate di Las Vegas, ha un problema: vuole ridimensionare la presenza cinese in Pirelli, ovvero quella di Sinochem, che detiene il 37%. Insomma, il suo primo azionista è diventato un coinquilino un po’ troppo invadente, e Tronchetti preme sul governo Meloni per usare il Golden Power, il famoso “poterino” dello Stato italiano, per mettere un po’ d’ordine in casa come affermato dal Corriere. Dieci anni fa, l’ingresso dei cinesi era salutato con un sorriso e una stretta di mano. Tronchetti aveva detto: “Pirelli ha un azionista cinese, ma testa e cuore rimangono in Italia” (La Repubblica, 23/03/2015). Peccato che ora la testa sembri un po’ più confusa e il cuore un po’ più stanco. Come si dice in questi casi? “Chi fa da sé fa per tre, ma con i cinesi è meglio negoziare". Il mercato americano, che vale 1,7 miliardi per Pirelli, è diventato una sorta di “terra proibita” da quando il governo Trump ha messo le mani avanti con leggi che vietano tecnologie legate a Cina e Russia (Financial Times). La paura? Che i pneumatici supertecnologici con software Cyber Tyre diventino banditi a stelle e strisce. Un po’ come se ti vietassero di portare la pizza a New York perché qualcuno sospetta che ci sia troppo peperoncino.

Intanto, il Financial Times titola “Pirelli spinge il proprietario cinese a tagliare la quota per timore del blocco di Trump” e il Corriere della Sera rincara la dose: “A rischio il mercato americano”. Tradotto: Tronchetti sta cercando di far fuori il coinquilino cinese prima che sia troppo tardi. Il bello è che Tronchetti, formalmente, possiede solo il 7,6% di Pirelli, come affermano i dati Consob del 2025, ma comanda come se fosse il 70%. Se questo fosse un film, lo chiameremmo “Il piccolo grande capo” o “Come comandare senza capitali e piacere”. Un esempio classico di capitalismo all’italiana: pochi soldi ma tanta faccia tosta. E mentre Tronchetti grida “Giù le mani da Pirelli!”, i cinesi rispondono con un sorriso da poker: hanno investito 7,4 miliardi e non hanno nessuna intenzione di mollare. Il conflitto si è fatto così teso che Sinochem ha addirittura votato contro il bilancio 2024, che però è stato approvato lo stesso (con dividendi da 250 milioni, di cui 92,5 milioni finiscono a Pechino, Bilancio Pirelli 2024). Insomma, litigano come in una soap opera, ma il conto lo paga sempre qualcun altro. Forse a Tronchetti, a 77 anni, non resta che pensare a una successione più pulita: “Addio cinesi, benvenuti saldi di primavera”. Nel frattempo, lui si consolerà con il superstipendio, che nonostante tutto, fa più rumore di tutte le tensioni geopolitiche. D’altronde, nel mondo del capitalismo all’italiana spesso vale la regola non scritta: “non serve avere la maggioranza, basta saper comandare”. Anche se, a volte, il vero problema è capire chi stia davvero al volante.
