“C’è una cosa che mi fa male più di tutte: pensare che quella notte, mentre Santo si trovava in difficoltà, io non sono stata capace di proteggerlo dal suo assassino. Mi dispiace chiamarlo così, ma quello lì ha assassinato mio figlio, quindi è un assassino”. Filomena De Mare, 44 anni, è la madre di Santo Romano, diciannovenne di Napoli ammazzato lo scorso novembre a San Sebastiano al Vesuvio da un diciassettenne. L’omicidio sarebbe avvenuto per una scarpa sporca. Sì, avete letto bene, un ragazzo uccide un altro ragazzo per una scarpa sporca. Santo Romano cercava di mettere pace fra il suo gruppo di amici e quello del suo assassino perché il suo amico aveva per sbaglio sporcato la scarpa, appunto, di chi lo ha ammazzato. Quindi, l’assassino cosa fa? Va in macchina, guidata senza patente, torna con una pistola e gli sferra dei colpi. Uno, dritto al cuore. E così accade a Francesco Pio Maimone, 19 anni, che aveva appena finito di lavorare in pizzeria e poi raggiunto gli amici sul lungomare di Napoli. Un colpo arrivato da una comitiva vicina. A quanto pare, anche in questo caso, è una scarpa pestata o un altro futile motivo ad accendere il litigio. Ma Francesco Pio non c’entrava praticamente niente, era seduto a un tavolino con gli amici. “La criminalità non finirà mai se non ci saranno pene esemplari. E solo quando otterremo le pene, solo in quel momento, noi mamme ci calmeremo. Gli occhi miei non sorrideranno mai più, la mia vita è morta con mio figlio”. Concetta Napolitano è la madre di Francesco Pio Maimone. Da qualche giorno il suo assassino, con il quale condivideva solo il nome, Francesco Pio Valda ha ricevuto la sentenza definitiva dalla Corte di Assise di Napoli che lo ha condannato all’ergastolo. Concetta si è unita alla madre di Santo e ad altre madri che insieme stanno cercando di coinvolgere la presidente del Consiglio Giorgia Meloni in questa terribile storia di dolore. “Se la nostra presidente dice di essere donna e madre, allora vuol dire che comprende. L’abbiamo invitata più volte, le abbiamo scritto una lettera. La aspettiamo a Napoli perché è giusto che lei venga, che faccia sentire la sua presenza”, aggiunge Concetta Napolitano.


Ma come è possibile che arriviamo ad ammazzarci per una scarpa sporca? Cosa insegniamo ai nostri figli? Non solo come genitori, ma come società? Perché le armi sono a disposizione dei minori su Amazon? Da quando si possono comprare le armi così facilmente? Non servono neanche i documenti, oltretutto. Basta una semplice carta prepagata e un adolescente può comprare un’arma spendendo dai 45 ai 100 euro. Una pistola a salve simile a quella delle forze dell’ordine, stesso peso, stessa grandezza. Gli arriva comodamente a casa e con soli 80 euro in più può farla modificare. E dove? In officine di quartiere, naturalmente clandestine, già attrezzate per questo lavoro. “Mi chiedo come riesce lo Stato a tenere gli occhi chiusi davanti a tutto ciò. Non solo a Napoli, perché le notizie di aggressioni, di violenza, di spari e coltelli arrivano da tutta Italia. La prevenzione non esiste, non esiste una cultura della non violenza che invece andrebbe pianificata già dalla scuola primaria. Non basta solo l’educazione civica a scuola, è necessario che i genitori a casa siano presenti, attenti a cosa comprano i figli e alle loro frequentazioni. Se tuo figlio torna a casa con le scarpe di 500 euro e non gliele hai comprate tu, penso che una domanda devi fartela”. La voce di Filomena, madre di Santo, si rompe ogni tanto nel pianto. Rabbia, dolore, sete di giustizia sono i sentimenti comuni a tutte le madri che hanno perso i figli a causa di una società che non ha saputo proteggerli. Siamo tutti colpevoli per questo. La pena, sebbene acquieterebbe l’anima di chi oggi non può più guardare negli occhi del proprio figlio, resta lo strumento più avvilente e poco risolutivo. È la cultura l’aspetto più calpestato e sottovalutato di questa società. La cultura tirerebbe fuori dal degrado chi ha la propensione a diventarne vittima, chi non conosce la luce perché nessuno gliel’ha mostrata. “Sono profondamente addolorato da questi omicidi, ma non meravigliato perché hanno solamente tolto il coperchio a un pentolone che bolle e che tutti noi - a cominciare da me -, i sindaci, i comuni, le forze dell’ordine, insomma, tutti noi sapevamo che questo pentolone c’era e stava bollendo, ma finché non ci scappa il morto facciamo finta di non saperle certe cose”, dice Don Maurizio Patriciello quando lo incontriamo a Caivano, nella Chiesa dei Santissimi Apostoli del Parco Verde. “Quindi, cosa sta succedendo oggi a Napoli? Perché stanno morendo tutti questi ragazzi? La camorra non è mai morta? O ha cambiato faccia? Oggi il vero camorrista vuole diventare imprenditore. I veri camorristi non lasciano i morti in strada perché sanno molto bene che attirano l’attenzione. Il povero Santo Romano è morto per una scarpa sporca, e non è un caso che anche Francesco Pio Maimone viene ucciso per una scarpa che si sporcava. Hanno fatto di queste scarpe, di questi abiti firmati un feticcio. Se tu gli vai a togliere questo, restano nudi nella loro miseria. Sono ragazzi che non frequentano la scuola, che già in famiglia respirano quest’aria di violenza e di prepotenza. Il papà dell’assassino di Maimone fu, a sua volta, assassinato”, aggiunge il sacerdote attivista.

La scuola rappresenta uno dei punti più deboli della nostra società. La dispersione scolastica, durante la pandemia, ha raggiunto percentuali da capogiro che solo negli ultimi tempi si sono timidamente abbassate. Ma, comunque, la media nazionale del 12,9% (dati Invalsi 2024) è un numero ancora molto alto. Le regioni del sud sono quelle che hanno il tasso più alto di abbandono. Su questo tema incontriamo la fidanzata di Santo Romano, Simona Capone, 17 anni: “Questi ragazzi che ammazzano i loro coetanei non hanno sogni, non hanno nulla, e il non frequentare la scuola li porta a sentirsi autorizzati a un impegno diverso, quindi a un guadagno diverso. Credo che la dispersione scolastica sia strettamente collegata alla criminalità. Sicuramente, incide tanto la famiglia in cui si nasce e si vive, ma il non andare a scuola fa il resto”. Simona è una ragazza che purtroppo è cresciuta di botto quella sera in cui Santo è stato ammazzato. Nel cuore degli anni migliori, un evento di questo tipo, è catastrofico e segnante: “Sono arrabbiata, mi hanno tolto l’amore della mia vita. Vado ogni giorno al cimitero perché se non ci vado mi fa più male. Santo era un fiore di ragazzo, ed è per questo che siamo scesi in strada e che scenderemo tutte le volte che serve, per dire che ‘Santo vive’ e che noi non accettiamo la violenza. Abbiamo incontrato la solidarietà di molte persone, anche loro stanche di avere paura per i propri figli che vogliono semplicemente uscire, divertirsi e tornare a casa”.

