“Ho guardato il tuo cellulare, ho visto questa cosa che mi preoccupa e voglio parlarne con te. Punto. Mettendola sul tavolo, senza stare a fare tanti giri: ‘Non voglio che creda che io lo controllo’. Oh, sei un genitore, controllare un figlio è parte dei tuoi doveri”. Questa la posizione durissima di Roberta Bruzzone, intervenuta all’evento “Scuola per genitori” a Vicenza, a proposito del tema del rapporto tra genitori e figli e della privacy di questi ultimi. “Come quelli che mi dicono, con un bambino di dodici anni: ‘No, io non controllo il cellulare di mio figlio perché ha la privacy’. Io te lo leverei tuo figlio, perché non sei in grado di fare il genitore se pensi che un bambino di dodici anni abbia diritto alla privacy”. Insomma, per Bruzzone non c’è riservatezza che tenga. I più giovani devono essere tenuti d’occhio, anche nella loro sfera più personale. Tra i commenti i toni sono diversi: da una parte c’è chi evidenzia il fatto che la criminologa, non avendo vigli, difficilmente può capire certi meccanismi, ma dall’altra ci sono molti che, invece, sostengono la sua posizione.
“Io anni fa proposi la patente genitoriale, quindi una patente da prendere prima di riprodursi: mi hanno detto che ci saremmo estinti nel giro di qualche generazione”, ha proseguito. “Potete avere paura di fare i genitori? Ma cos’è successo negli ultimi trent’anni? Non lo so, non capisco. Siete genitori, una roba bella, ma impone anche… Avete anche i superpoteri, usateli, tranquilli. Fate i genitori, avete il diritto e anche il dovere di educare. Cercate di non avere paura di questo aspetto della vostra vita, non dovete avere bisogno dell’approvazione dei vostri figli, perché altrimenti forse era meglio veramente dedicarsi ad altro, che ne so, un gatto, un cane”. Non solo, quindi, la privacy di un figlio dodicenne è un concetto vago, ma l’intrusione, per così dire, di un genitore nella sfera riservata del giovane è una necessità educativa, oltre che un diritto. Questo almeno sembra emergere dalle parole di Bruzzone: “Non è possibile che un genitore non riesca a muoversi in un perimetro di autorevolezza e che abbia bisogno che il figlio approvi le sue scelte. È aberrante. Non potete essere amici dei vostri figli, finitela”. E la criminologa spiega anche il perché di questa impossibilità: “L’amicizia è un rapporto simmetrico, ma i vostri figli un rapporto simmetrico non ce l’avranno mai”.