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Se la difesa di Prodi è che tirando i capelli ha fatto “un gesto da nonno” (come dice Bersani) allora la sinistra è da ricovero

  • di Giulia Sorrentino Giulia Sorrentino

27 marzo 2025

Se la difesa di Prodi è che tirando i capelli ha fatto “un gesto da nonno” (come dice Bersani) allora la sinistra è da ricovero
“Prodi ha fatto un gesto da nonno”. La frase è firmata Pier Luigi Bersani. Ma dietro il gesto di Prodi cui Bersani fa riferimento, tentando di ridurre il tutto a un atteggiamento dalle intenzioni apparentemente bonarie, si nasconde una narrazione tossica, paternalista e incredibilmente ipocrita. Perché non è un “nonno” quello che prende per i capelli una giornalista che sta semplicemente facendo il suo lavoro. È un uomo di potere che esercita un gesto di prevaricazione fisica e verbale, in pubblico, contro una donna. Ed è, cosa ancora più grave, che questo atto sia stato gesto minimizzato, normalizzato, giustificato da chi, ogni giorno, dichiara guerra al patriarcato a parole, salvo poi ritrarsi quando a sbagliare è uno dei “propri”. Sì, perché Romano Prodi è Romano Prodi. Non un politico qualsiasi. È stato presidente del Consiglio, presidente della Commissione Europea, volto storico del centrosinistra. E quando a sbagliare è uno così, il Pd (e l’universo che ruota intorno) preferisce il silenzio. O la minimizzazione

di Giulia Sorrentino Giulia Sorrentino

“Prodi ha fatto un gesto da nonno”. La frase è firmata Pier Luigi Bersani. Ma dietro il gesto di Prodi cui Bersani fa riferimento, tentando di ridurre il tutto a un atteggiamento dalle intenzioni apparentemente bonarie, si nasconde una narrazione tossica, paternalista e incredibilmente ipocrita. Perché non è un “nonno” quello che prende per i capelli una giornalista che sta semplicemente facendo il suo lavoro. È un uomo di potere che esercita un gesto di prevaricazione fisica e verbale, in pubblico, contro una donna. Ed è, cosa ancora più grave, che questo atto sia stato gesto minimizzato, normalizzato, giustificato da chi, ogni giorno, dichiara guerra al patriarcato a parole, salvo poi ritrarsi quando a sbagliare è uno dei “propri”. Sì, perché Romano Prodi è Romano Prodi. Non un politico qualsiasi. È stato presidente del Consiglio, presidente della Commissione Europea, volto storico del centrosinistra. E quando a sbagliare è uno così, il Pd (e l’universo che ruota intorno) preferisce il silenzio. O la minimizzazione.

Romano Prodi contro Lavinia Orefici
Romano Prodi contro Lavinia Orefici

Prodi, dal canto suo, ci ha messo giorni per dire qualcosa. Anzi, ha parlato subito per smentire, dicendo che lui no, non si sarebbe mai permesso di fare una cosa simile. Siccome Prodi non ha problemi legati a un ritardo cognitivo, ci chiediamo sommessamente come mai ci abbia messo giorni per comprendere il significato di un gesto incasellato in una manciata di secondi. Quando poi ha scelto di dire le cose come stanno non ha mica chiesto scusa con il capo chino, ma ha preteso di spiegare: “Il gesto che ho compiuto appartiene ad una mia gestualità familiare. Mi sono reso conto, vedendo le riprese, di aver trasportato quasi meccanicamente quel gesto in un ambito diverso. Ho commesso un errore e di questo mi dispiaccio”. Non un “chiedo scusa”. Non un riconoscimento pieno della gravità. Solo una mezza ammissione, infarcita di attenuanti, come se l’errore fosse stato involontario, casuale, quasi tecnico. Un problema di “traslazione” tra gestualità domestica e vita pubblica.

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E invece no. Quel gesto è inaccettabile, soprattutto per quello che rappresenta. È la messa in scena plastica di un rapporto di forza: un uomo, anziano e potente, che zittisce una donna, giovane e giornalista, toccandola, gesticolando, cercando di ridurla al silenzio. Non con le parole, ma con il corpo. È l’anticamera di quella cultura che la sinistra dice ogni giorno di voler smantellare. Ma dov’è oggi quella sinistra? Dove sono Elly Schlein, Alessandro Zan, le associazioni, le firme, le influencer, le attiviste? Quelle che si indignano per uno spot, un tweet infelice, un lapsus in tv. Dove sono adesso che una donna ha raccontato pubblicamente, a più riprese, di essersi sentita “scioccata” e “umiliata” da un comportamento fisico e verbale durante l’esercizio del suo mestiere? “Non ho mai vissuto una situazione del genere”, ha detto Lavinia Orefici, la giornalista coinvolta. “Mi sono sentita offesa come giornalista e come donna”. E ancora: “Il presidente non si è nemmeno scusato, e anzi ha usato parole paternalistiche e inaccettabili”. Ma non è bastato. Perché evidentemente non era lei la “vittima giusta” per scatenare la macchina dell’indignazione.

Elly Schlein al gay pride
Elly Schlein al gay pride

Oggi non si parla di patriarcato, di microviolenza, di cultura del silenzio? No, qui regna davvero il silenzio. Perché Prodi è uno dei loro, e “non si tocca”. E quindi si tace. O peggio: si minimizza. Come ha detto Nicola Porro “se fosse successo a parti invertite, apriti cielo. Invece qui c’è chi riesce a parlare di lezione di giornalismo da parte di Prodi”. A commentare l’accaduto, infatti, sono stati (pochi) giornalisti e (molti) utenti. Sui social, la reazione più diffusa è stata la più semplice: “Immaginate se al posto di Prodi ci fosse stato un Salvini qualsiasi”. Questa vicenda dice molto più del gesto in sé. Dice che c’è un pezzo di Paese che fa della morale uno strumento. Non un mezzo. Che si scaglia contro il patriarcato solo quando conviene, quando è utile per fare la guerra agli avversari politici, come mezzo propagandistico finalizzato a raccattare consensi. Ma che alla prova dei fatti, quando si tratta di scegliere tra la coerenza e l’ipocrisia, sceglie il silenzio. O la complicità. Che, spesso, sono la stessa cosa. E allora no, caro Bersani. Non è stato un gesto da nonno. È stato un gesto da potente che non accetta il dissenso. E il problema non è solo chi lo compie, ma chi lo copre.

P.s. Occhio, perché questo silenzio dimostra una cosa fondamentale: Prodi è ancora il perno del Pd, altrimenti non avrebbero fatto una figura simile per il nulla…

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