La vicenda di Aboubakar Soumahoro ha destabilizzato l’Italia buonista, facendo sempre salvo il principio di innocenza. Il deputato rischia di perdere il seggio alla Camera, perché avrebbe usato una postepay su cui sono arrivati dei fondi anche mesi dopo la sua elezione. Prima la moglie, poi la suocera e financo il cognato (già irreperibile) avrebbero intascato fantastilioni di soldi per cooperative sociali e poi si sono spesi i soldi per cavoli loro, in nome del “diritto all’eleganza”, mentre i lavoranti venivano tenuti a pane e acqua e in condizioni abitative pietose e poi lo stesso Soumahoro che avrebbe commesso illeciti amministrativi nelle scorse elezioni politiche e rischia di perdere il seggio in Emilia Romagna. Ma c’è un punto che i media non hanno ancora ben inquadrato e in un certo senso glorificato. Dietro alla costruzione del “personaggio Soumahoro” c’era il progetto di fabbricare un leader per la sinistra e in particolare un segretario del Pd. Come facciamo a dire questo? Per rispondere a questa legittima domanda dobbiamo ricordare che ci sono stati tre giornalisti che hanno particolarmente spinto la sua affermazione mediatica e poi due politici che hanno completato l’opera. I tre giornalisti sono stati Diego Bianchi, conduttore di Propaganda Live su La7, in arte “Zoro” , e poi Marco Damilano, allora direttore de l’Espresso e naturalmente Fabio Fazio conduttore di Che tempo che fa, allora in Rai. I tre hanno letteralmente costruito bit su bit questo personaggio che già viveva nell’inconscio collettivo degli italiani dai tempi di Rousseau. Venuti a sapere che c’era un paladino (allora così si pensava) dei diritti dei lavoratori sfruttati - che operava principalmente in Puglia- hanno cominciato ad invitarlo nella trasmissione di cui Damilano è stato ospite fisso ospite fisso dal 2013 al 2022 e un poco alla volta lo hanno propinato al pubblico boccalone italiano. Nel contempo l’abatino Fazio lo invitava celebrandolo come il nuovo Mandela de’ noantri. Lui in giuggiole rispondeva: “Continuo a fare quello che ho fatto, piedi nel fango e la mente nelle stelle della dignità e della felicità collettiva”, insomma un tipino modesto con ambizioni messianiche e salvifiche. Gli ingredienti per il successo c’erano del resto tutti. Nero come il carbone, l’occhio birichino e mobilissimo, la mascella volitiva, la chiacchiera facile nonostante l’italiano non sia la sua lingua nativa, il physique du role che piace tanto alla sinistra al caviale radical - chicchista, i completi impeccabili e il gioco è fatto. Il trucchetto di proporre minoranze di qualsiasi tipo stava cominciando a funzionare di nuovo. Infatti ormai se non sei almeno carcerato non fai teatro né cinema, se non sei di colore non vai da nessuna parte, se non sei gaio è meglio che lasci perdere. È la famosa dittatura delle minoranze. In ogni caso il trio ha le idee chiare e non potevano non finire da chi per queste cose va in sollucchero e cioè Papa Francesco che quando c’è un “diverso” in giro fa carte false per farsi fotografare con lui. Dunque un bel giorno, il primo maggio 2019, Soumahoro è stato portato financo in processione in Vaticano. Nel contempo, però, per lui si stava costruendo un percorso politico ben definito. Nicola Fratoianni e Angelo Bonelli lo candidavano a deputato in un collegio in Emilia Romagna, lo stesso dove poi è scoppiato il casino per il mandatario e gli illeciti amministrativi e lo facevano eleggere, sebbene i sindacati e la Caritas avessero loro scritto lettere di ammonimento. Poi il seguito è noto.
Il “deputato con gli stivali” ha fatto il suo esordio a Montecitorio con gli ormai famosi stivaloni smer*ati di fango, ha assunto una posa marziale da guerriero della savana e ha emesso il suo grido di vittoria: “Ora sono entrato in nome e rappresentanza di tutti gli sfruttati del mondo. Grazie a me gli ultimi avranno finalmente voce nelle istituzioni e io li proteggerò”. Poi abbiamo visto come è andata a finire. Destino cinico e baro e soprattutto eterogenesi dei fini. Ma già a Natale scorso Soumahoro aveva capito che i suoi protettori politici e giornalistici avevano mangiato la foglia. E avevano compreso di avere pestato quella che nel giornalismo si chiama una mer*a e cioè avevano capito che la famiglia Soumahoro era piuttosto imbarazzante anche se lui giurava (e giura tuttora) di non sapere assolutamente nulla dei traffici finanziari di moglie e suocera. Comunque i suoi sponsor, uomini di mondo che avevano fatto “i militari a Cuneo”, come diceva il grande Totò, lo avevano impietosamente mollato e così il deputato dovette sloggiare dal sinistro gruppo e traslocare ratto e tosto nel misto. Soumahoro, in vero, si lamentò del fugone preso dagli ex amici, tipo Bianchi, Damilano e Fazio che accortosi chi era lo avevano prontamente defenestrato da Tv e media prendendone le distanze. Il massimo del lirismo però il sindacalista lo raggiunse il giorno di Natale in cui ammorbò il mondo con una filippica assai infantile sul fatto che tutti ce l’avessero con lui, povera stellazza. Riuscì pure a piangere in diretta con l’occhio roteante languidi fulmini e mosce saette. La lamentazione però irritò ulteriormente la Rete, soprattutto dopo che aveva detto che la moglie aveva il ”diritto all’eleganza” (per giustificare le spese ingenti in capi firmatissimi) mentre Striscia la Notizia mostrava le condizioni miserrime ed inumane in cui le cooperative gestite da moglie e suocera tenevano i lavoranti per cui venivano foraggiate a milionate. Così anche Fratoianni e Bonelli - prima che la stella Cometa indicasse ai Re Magi la strada - fuggirono precipitosamente lasciando lo sprovveduto (?) neo politico da solo. Il peggiore fu “Zoro” che arrivò a scaricare tutto sul Papa: “Stiamo parlando di una persona che hanno incontrato tutti, anche quello più a sinistra di tutti, Papa Francesco…”. Naturalmente si guardò bene da dire che lo aveva presentato al Pontefice proprio lui insieme a Damilano, da sempre frequentatore di sacrestie e con la benedizione apostolica di Fazio che il Papa lo aveva pure intervistato. Poi Soumahoro per un anno era stato buono per riscatenarsi da poco, complice l’arresto della famiglia e i suoi guai personali. Non ha ancora imparato la lezione che è meglio passare inosservati in un Paese come l’Italia. Ma una domanda è d’obbligo. Dove sono finiti i due politici e i tre giornalisti che avevano tentato l’ ”Operazione Soumahoro”? E soprattutto Papa Francesco si farebbe ancora un selfie con lui e la moglie?