Continuano le polemiche sul blocco della pubblicità U-Power con Diletta Leotta e il bambino. Il claim era: “La prima volta che sei rimasto senza parole”, che collegato allle immagini del ragazzino sotto al palco intento a fissare una cantante in minigonna suggeriva la risposta: “La prima volta che ho visto la gnocca.” I moralisti sono subito caduti dalla sedia, lanciando anatemi. Cruciani ha commentato che “Siamo un Paese di mer*a”. Il giurì dell'Autodisciplina Pubblicitaria si è espresso, peraltro a campagna ormai finita, intimando di fermare lo spot, in riferimento all'articolo 11 del codice secondo il quale la pubblicità violava il divieto di “Sessualizzione del bambino”. Aspetto morale a parte, il problema sostanziale è un altro: la pubblicità in sé. Massimo Guastini nel 2014 era presidente dell'Art Directors Club Italiano, e aveva condotto uno studio in collaborazione con l'università Alma Mater di Bologna sulla sessualizzazione negli spot, che vi invitiamo a leggere qui. La conclusione, dati alla mano, era che “Nel dicembre 2013 alcune aziende hanno speso 33.567.194 euro in campagne pubblicitarie che rappresentavano come modello di riferimento maschile l’uomo professionista, l’uomo che si realizza attraverso le sue competenze e la sua determinazione. Nello stesso mese alcune aziende hanno speso 33.162.902 euro per veicolare come modello di riferimento femminile le donne decorative, sessualmente disponibili, ragazze interrotte, o donne manichini e preorgasmiche. Donne esemplari per quanto concerne la fisicità, non per competenze specifiche. Sicuramente non sono modelli di riferimento paritari. Sono i numeri a dircelo.” Un modello ancora valido? Alla luce delle polemiche sullo spot delle scarpe antinfortunistiche, cosa ne pensa Massimo Guastini? Glielo abbiamo chiesto.

Non c’è molto da aggiungere credo. L’articolo 11 del codice di autodisciplina IAP è stato applicato correttamente, secondo me. La risposta visiva alla domanda “qual è la prima volta che sei rimasto senza parole?” non è di particolare eleganza. Data l’inquadratura non lo sarebbe stata nemmeno se l’attore fosse stato un adulto, figurarsi un bambino. Non siamo qui a negare l’istinto sessuale nei bambini, come la società del primo Novecento fece con le teorie di Sigmund Freud. Il problema è come se ne parla. E se è opportuno che lo si faccia in un commercial pubblicitario, che non mi sembra la sede più opportuna per un tema così delicato. Nella pubblicità in questione è pretestuoso e fatto male. Sembra una sequenza rubata al cinema da caserma degli anni Settanta italiani.
Tutela del minore o bigotteria?
Non ne faccio ovviamente una questione di bigotteria. L’arte può accennare alle fantasie sessuali dell’infanzia. Fanno parte della vita. Per esempio tutti, credo, ricorderanno la sequenza di “C’era una volta in America”. Quella in cui un bambino compra una charlotte russa, il prezzo richiesta da Peggy per iniziarlo ai misteri del sesso. Poi però, mentre aspetta il “suo turno” con la ragazza, finisce per scoprire che tra Peggy e la Charlotte Russa preferisce ancora la seconda.
Uzzeni, titolare di U-Power ha detto: La malizia sta negli occhi di chi guarda. Ma almeno sappiamo che il nostro spot è stato visto ed apprezzato viste le vendite.
Sì, certo, la colpa è sempre degli altri. Mi ricorda la modalità argomentativa con cui si scaricano le responsabilità dello stupro sulla vittima, anziché sullo stupratore. Risposte del genere sono un classico. (E mi fanno incazzare): ho fatto una cazzata ma non chiedo scusa. La colpa è degli altri che pensano male. Il signor Uzzeni dovrebbe riflettere sulle responsabilità morali che assume nel momento in cui compra degli spazi pubblicitari e li utilizza per diffondere un messaggio del genere. Il fatto che abbia venduto molto non significa proprio nulla. Anche i narco trafficanti fanno affari d’oro e la loro merce è molto apprezzata. So what?

Secondo il raggruppamento che aveva fatto, in che categoria rientra la Leotta?
Direi “le grechine”. Bellezze decorative che riempiono un vuoto, di idee in questo caso, con le proprie grazie.
La Leotta nel video cantava (cosa peraltro improbabile), un escamotage per evitare le polemiche sulla sessualizzazione?
Non credo proprio. Secondo me la polemica l’hanno proprio cercata. Posso solo ipotizzare, dato il tipo di inquadratura, che per sbirciarle sotto la gonna occorresse mettere la ragazza su un palco. Tra farle recitare Shakespeare e farla cantare avranno ritenuto più “moderno”il canto. Tra l'altro, riguardandolo, mi sono accorto che la cantante non è Leotta.
Le scarpe antinfortunistiche non sono più soltanto un prodotto per maschi, perché puntare comunque a un target maschile?
Perché questa campagna è stata commissionata, pensata, girata e approvata da maschi. Una dozzina di anni fa mi trovai a lavorare per una nota azienda di divani che prima di lavorare con me facevano grande utilizzo di “grechine”, benché nel loro caso la responsabile acquisto fosse donna nel 70% dei casi. Dalla proprietà al marketing erano tutti uomini a occuparsi della comunicazione. È molto improbabile che una direttrice marketing donna faccia uscire roba simile.
Hanno messo il bambino per riferirsi a un consumatore maschio, lavoratore e padre?
Hanno messo il bambino per fare più “scandalo”. In casi come questi lo sanno benissimo che il commercial verrà bloccato. Ma intanto è stato messo in onda e il dibattito che deriva dalla condanna dello IAP finisce per costituire, gratis, un secondo flight di campagna.
Ricorda altri casi di pubblicità fermate per l'articolo 11?
Non negli ultimi 15 anni.
Un caso unico, quindi?
Il problema è che la pubblicità, se è fatta male come quella di U-Power, causa inquinamento cognitivo, perchè nasce per influenzare il comportamento.
