Nuovo dissing all'orizzonte e le protagoniste stranamente, il nome dell'ormai abusato concetto della solidarietà femminile, sono Selvaggia Lucarelli e Diletta Leotta. La seconda avrebbe la “colpa” di essere stata protagonista di uno spot di U-Power non diverso dagli altri in cui veniva guardata con occhi incantati da un bambino piccolo: “Anche se la ragazza non è Leotta (comunque lo spot è costruito per lasciarlo credere) il discorso non cambia. Dispiace che esista uno spot del genere e che Leotta abbia accettato di esserne il volto”. Ma quale sarebbe la colpa di Diletta? Quello di essere una bella donna che presta la sua immagine (anche se in quel frame era una sua controfigura) a diversi brand che fanno carte false pur di averla? Secondo la giornalista “l'ultimo spot fa un salto ulteriore: la pubblicità mette ancora al centro il corpo di Leotta con una ripresa di lei con minigonna inguinale è ripresa dal basso (e vabbè). Solo che questa volta lo sguardo maschile del desiderio, protagonista del solito spot sessualizzate, è quello di un bambino che avrà 7 anni”.

Qui però c'è un bug: parliamo di libertà di espressione, ci riempiamo la bocca con la frase “il corpo è mio e decido io”, ma nel momento stesso in cui una donna decide come e quando esporsi deve essere oggetto di critiche che ne sottolineano la sessualizzazione? Se nel ventunesimo secolo ci viene impedito di apostrofare la donna con qualsivoglia tipo di aggettivo negativo, come mai si può quindi contestare una scelta totalmente libera di mostrarsi in quel determinato modo? Non si tratta di scatti rubati, non foto osé che vedono Diletta protagonista senza il suo consenso. E allora, in nome della tanto osannata mai predicata libertà, dove sta il problema? La firma del Fatto Quotidiano sottolinea come “le pubblicità di diletta Leotta per le solite scarpe infortunistiche sono sempre state brutte e vabbè. Hanno sempre avuto quel gusto anni 90 nell'ammiccare al sesso, con il corpo di Leotta al centro raccontato come oggetto del desiderio maschile”.

Poi la Lucarelli se la prende anche con gli uomini che a detta sua dovrebbero opporsi perché “rappresentati da spot così come malati di figa”. Lo dice riferendosi alla scena dello spot in cui si vedono gli uomini godere nell’infilare (la scarpa) al cospetto del volto di Dazn. Ce l'ha con coloro che l'hanno resa famosa? Ce l'ha con l'uomo che sbava dietro a una bella donna? O forse ce l'ha per come stanno davvero le cose? Perché sì, con buona pace di tutti (anche di chi non ha la Leotta come modello femminile, e no non lo è nemmeno di chi scrive), un uomo continuerà sempre a guardare una figa come Diletta, piaccia o meno il modo in cui lei si mostra. È fattuale, comprensibile, incontrovertibile. E sì, gli uomini, come anche le donne, sono morti di... anche se di cosa è totalmente soggettivo.